Paola G. Lunghini cura e
predispone, a partire dall’ 8 ottobre 2010, i testi propedeutici
(Schede) ai “Forum” della trasmissione televisiva on line
www.Metropolisqi.tv, realizzata dal gruppo editoriale online
Daily RE in collaborazione con EIRE-EXPO ITALIA REAL ESTATE (www.italiarealestate.it)
Qui di seguito, le Schede nella versione originale ma “ depurate” da
quasi tutte le domande finali costruite per facilitare le interviste
, sino alla data del 23 febbraio 2011.
1 - Il Mattone, vera ricchezza dell’Italia
(registrazione 8 ottobre 2010)
Solo venti anni fa, il mercato immobiliare non era certo quello che
conosciamo oggi. I servizi riguardavano soprattutto
l'intermediazione di residenze, e l'amministrazione dei Condomini.
Tra coloro che facevano tali mestieri, i laureati erano una
frazione. L'inflazione viaggiava a due cifre, e altrettanto elevati
erano i tassi di interesse sui mutui. I grandi operatori erano noti
quasi solo a una ristretta cerchia di addetti ai lavori , e solo
pochi di loro comparivano a volte sulle pagine economiche dei
giornali.
Il mercato comunque andava molto bene e il boom sarebbe continuato,
con prezzi sempre in rialzo, sino a tutto il 1991.
I più visionari tra gli addetti ai lavori credevano però che ci
sarebbe stata presto una mutazione del mercato . Avevano la
percezione che anche da noi sarebbero arrivate regole diverse, e
venti trasversali. Occorreva in fretta attrezzarsi, viaggiare,
studiare. Cercar di capire, e imparare a prevedere. Sempre che
qualche fenomeno imprevedibile non facesse precipitare le cose e
fermasse un ciclo positivo che - sia pure con qualche crisi - durava
dalla ripresa post-bellica.
Poi tutto si fermò.
L'imprevedibile era accaduto. I prezzi cominciarono a scendere, le
quantità scambiate a contrarsi, e molti player scomparvero dal
mercato. Durò anni, sino al 1997 circa.
Era difficile, in quel quinquennio, parlare di immobiliare. Notizie,
poche. Affari, pochi.
Ma sono di quegli anni i semi che avrebbero germogliato poi,
portando il settore a un cambio di pelle strutturale, e sotto
quotidiani riflettori. La necessità della ricerche metodologicamente
corrette, la creazione di un education specialistica, il connubio
tra la "nuova" finanza (anche internazionale, nel frattempo arrivata
nel settore) e la venuta in Italia di operatori esteri portatori di
logiche stringenti, stavano componendo la cornice di un quadro che
confermava i suoi colori, ma ne assumeva di altri. Lo scenario
immobiliare era tutto tranne che immobile.
Così, dalla fine del 1997 e per quasi un intero decennio, ci fu un
nuovo ciclo positivo: tra il 2000 e il 2005 vennero vendute oltre
4,5 milioni di abitazioni. Nel 2006-2007, il picco massimo: il
"fatturato" di tutto il comparto immobiliare italiano fu di circa
130 miliardi di euro per anno, l'80% rivolto alla casa.
Stava consolidandosi, nelle metà del decennio, anche la visibilità
dell’Italia nel "real estate capital" globale. In Europa, guardando
alla "torta" degli investimenti totali per Paese, l’Italia aveva
ancora un ruolo limitato : pesava solo per il 3 % ma - nella
classifica dei Paesi interessati da operazioni immobiliari
cross-border, cioè transnazionali – era salita rapidamente. Saliva
anche il nostro "indice di trasparenza", e l'Italia veniva vista
ormai come un mercato sempre più maturo, e a bassa volatilità. Dove
finalmente, dopo anni di immobilismo, si cominciavano a vedere
grandi operazioni di sviluppo, quasi tutte in aree dismesse da anni
o addirittura da decenni. Sempre più spesso, questi progetti
vantavano la firma di architetti famosi, o addirittura da "archistar".
Poi, quasi improvvisamente e sempre più velocemente, una nuova
discesa: la crisi dei mercati finanziari internazionali culminata
nel fallimento Lehman Bros il 15 settembre 2008 trascinava con sé
anche l’inconsapevole mercato immobiliare italiano.
Il nostro caro mattone aveva perso il suo potere di fascinazione?
Purtroppo sì: il fatturato 2009 scivolava sotto i 110 miliardi, e le
compravendite diventavano nell’anno solo 609 mila. Una bella
differenza con le circa 850 mila del 2006!
Il 2010, che tutti considerano ancora in grande difficoltà, sta però
mostrando negli ultimi mesi qualche segnale di modestissima ripresa,
se non altro in termini di “fiducia”. Tanto da far prevedere un
leggero progresso nelle compravendite, stimate dal Censis per la
fine dell’ anno in 630 mila unità residenziali (+3,4% rispetto al
2009).
Secondo i dati di una recente indagine dell’Istituto, in questo
momento l'investimento in un immobile è considerato il canale
preferibile per l'impiego dei risparmi familiari. Lo ritiene il
22,7% degli italiani .
Le abitazioni in Italia sono circa circa 32 milioni e rappresentano
oltre il 53 % del patrimonio netto delle famiglie (19% circa in USA,
il 23 % circa in Francia) . Il mercato immobiliare, per l’economia
del Paese, ha non solo un valore economico, ma anche una valenza
strategica. Il real estate fa crescere l’economia in modo
sostanziale, crea occupazione, innalza il livello qualitativo della
vita e favorirsce quindi lo sviluppo sociale e anche culturale del
territorio e delle città in particolare. Anche il Governatore della
Banca d’ Italia, Mario Draghi, ha sottolineato, il 31 maggio scorso
nelle sue Considerazioni, il ‘punto di forza’ stabilizzatrice della
ricchezza immobiliare accumulata dalle famiglie italiane, pari a
circa 3 volte e mezzo il PIL.
Il mercato (o meglio la "real estate industry", come ormai si
chiama) rivedrà ancora tempi scintillanti ? Sarà il futuro a dirlo.
E’ certo però che ci sono molti aspetti che dovranno essere meglio
esaminati. Uno è quello relativo alle asimmetrie tra domanda e
offerta. Nelle maggiori città, in particolare, gli acquirenti
mostrano propensione verso tipologie di piccola dimensione , che
scarseggiano, mentre risulta sovrabbondante l’ offerta di tagli
grandi, molto meno richiesti. Su tutto aleggia, sempre più marcata,
la tendenza alla ricerca della "qualità": cui si aggiunge la
sensibilità in crescita verso il contenimento dei consumi
energetici.
2 - Patrimonio pubblico da scongelare, ed edilizia abitativa da
rilanciare
Che il patrimonio pubblico abbia in Italia dimensioni colossali è
cosa notoria.
Ma quanto colossali ?
Sino alla metà degli anni ottanta le dimensioni non erano note. I
primi attendibili dati emersero infatti dalla cosiddetta “Relazione
Cassese”, un check up sul patrimonio pubblico che prendeva il nome
dal giurista, Sabino Cassese appunto, che l’aveva - dal 1985 al 1987
– realizzata. Già nel 1998 l’allora ministro del Tesoro , Giuliano
Amato, lanciava un messaggio preciso: i beni immobiliari dello
Stato, antieconomici e ingestibili, dovevano essere dismessi.
Si sarebbe cominciato in particolare con il “vecchio” patrimonio
IACP, per un totale di oltre un milione di alloggi. Secondo stime
dell’epoca si trattava di 14-16 mila miliardi di lire.
Cosa è successo dopo è cosa notoria .Si è tentato, senza troppo
riuscirci, di superare gli ostacoli normativi in materia ;
periodicamente venivano “ inventate” soluzioni più o meno
impraticabili; e si è venduto poco, pochissimo. E spesso male.
Risultato: il patrimonio è sempre lì, enorme, e la parte sconosciuta
è ancora la più grande. Lo stock immobiliare pubblico complessivo
dovrebbe infatti aggirarsi attorno a un miliardo di metri quadrati,
pari a circa il 20 per cento dello stock totale nazionale: lo
sostiene l’Istituto indipendente Scenari Immobiliari, che ha
recentemente effettuato quella che è forse l’indagine più esaustiva
in materia.
La quota di proprietà dello Stato avrebbe un valore di 72 miliardi
di euro. La cifra salirebbe notevolmente se dal conteggio si
aggiungessero le università, i beni storico-artistici, e il Demanio
militare.
Ci sono poi i patrimoni immobiliari delle Regioni : i soli
capoluoghi avrebbero beni per oltre 37 miliardi di euro. Le quote
maggiori appartengono ai Comuni di Roma, Milano, Torino , Napoli e
Genova. Infine, ma è un last but not least, vi sono le Asl , che
disporrebbero di un patrimonio di circa 55 miliardi di euro,
composto per quasi due terzi da immobili strumentali.
Viste le storiche difficoltà (politiche, sociali, e anche culturali)
la parola d’ordine, negli ultimi anni, sembra però non essere più la
vendita, ma piuttosto la “valorizzazione”. Anche questo, comunque,
appare come un processo lento.
Risorse pubbliche sempre più evanescenti, dunque; ma al contempo
nuovi bisogni (in violenta crescita) di alloggi a prezzi calmierati.
Non insensibile sullo scottante tema della casa, il Governo ha
perciò varato tra il 2008 e il 2009 due programmi: il primo è
contenuto nella manovra finanziaria del 2008 denominato "Piano
nazionale di edilizia abitativa" . Il secondo (6 marzo 2009) prende
il nome di "Piano casa", e ha l'intento di rilanciare - in un
periodo di crisi - un settore chiave per la nostra economia come
l'edilizia. Entrambi i piani hanno bisogno per essere realizzati
dell'accordo con le regioni e le province autonome riunite nel
tavolo di confronto istituzionale che è la Conferenza Stato-Regioni.
Difficile, vero, immaginare soluzioni “veloci”?
Qualcosa, però, si è mosso ai primi di settembre di quest’ anno. Il
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha infatti dato
notizia che la società CDP-Investimenti Società di Gestione del
Risparmio S.p.a. si è aggiudicata infatti, anche se , in via
provvisoria, la gara per l’individuazione della S.G.R. che gestirà i
Fondi Immobiliari previsti dall’art. 11 del Piano Nazionale di
Edilizia Residenziale. La società è stata costituita dalla Cassa
Depositi e Prestiti e gestirà, in aggiunta alle risorse del
Ministero pari a 140 milioni di euro, anche un patrimonio della
stessa Cassa di 1 miliardo di euro oltre ad altri investimenti di
investitori istituzionali.
3 - Retail real estate tra “vie del lusso” e Centri Commerciali
Retail: termine inglese che significa“ vendita al dettaglio”. Ma
ponendovi a fianco il famoso real estate , così si definisce tutto
ciò che intreccia l’attività commerciale vera e propria con la
sottostante attività immobiliare.
Vale per i negozi tradizionali. Ma, anche qui, è ormai corrente il
termine inglese di “High Streets”, ovvero le aree dove – quasi in
tutte le città, per lo meno le maggiori – si concentrano le insegne
di maggior pregio e attrattiva: l’ovvia conseguenza è che i prezzi
(di locazione e di vendita) sono cari, o carissimi.
Un esempio? Secondo la società di consulenza immobiliare
internazionale Cushman& Wakefield, che da molti anni redige uno dei
più qualificati report sul tema, e a livello mondiale, in Via
Montenapoleone a Milano i valori medi dei canoni -sia pur stabili -
si collocano oltre i 6.700 euro al metro quadrato all’ anno. Ancor
poco se ci si confronta con la Fifth Avenue a New York (oltre 16
mila euro), o New Bond Street a Londra (7.300) .
Sono in molti a pensare che, nel mercato retail italiano e
nonostante gli anni difficili, quasi tutte le principali vie del
lusso delle più importanti città italiane hanno ammortizzato bene la
contrazione economica.
Molto meno bene vanno le cose se, dalle HighStreets, ci si sposta
verso le periferie. Qui la crisi picchia forte, e si unisce alla
ristrutturazione, in atto da anni, del sistema distributivo
conseguente alla contrazione dei consumi e alla modificazione degli
stili di acquisto. Che da una parte ha determinato la chiusura di
oltre 50 mila negozi nel solo 2009 e, dall’ altra, sta sempre più
portando i consumatori verso quelle grandi “scatole“ che si chiamano
Centri Commerciali, o Outlet Centers, o Parchi Commerciali.
Amati e/o odiati, è un dato di fatto che in poco più di venti anni
ne sono stati costruiti , nel nostro Paese, circa 850, con una
superficie complessiva di quasi 14 milioni di metri quadrati di GLA
- gross leaseable area , cioè superficie lorda affittabile . Vi si
concentra oltre il 20 % delle vendite al dettaglio totali e la stima
– con la recente “ esplosione “ degli Outlet Centers, che nel nostro
Paese sono una ventina, è in crescita. L’ analisi dei progetti di
Shopping Centres in pipeline ( a medio termine) evidenzia un
ulteriore potenziale sviluppo , che gli esperti prevedono in circa
tre milioni di metri quadrati, soprattutto al Sud ma non solo:
molti, infatti, oltre alle iniziative nuove - che appunto in
direzione Sud vanno, a colmare uno “ storico” vuoto e una notevole
domanda - sono gli ampliamenti di Centri ovunque esistenti, che
prevedono anche il restyling degli stessi, se “obsoleti “ sotto il
profilo estetico e dell’ offerta di beni e servizi, tra cui sempre
più richiesti, quelli legati al divertimento.
4 - Fondi Immobiliari sulle “montagne russe”
Correva l’ anno 1994 , gennaio, allorchè il Parlamento italiano
approvava la legge che istitutiva e disciplinava i “ Fondi
immobiliari”, un nuovo prodotto dedicato ai risparmiatori e che ,
alla stregua di quanto accadeva già da molto tempo in vari Paesi,
avrebbe avuto il successo che si meritava : coniugava infatti la
passione per il mattone con la promessa che gestori professionali
avrebbero garantito ai risparmiatori una redditività sicura anche se
non eclatante. Un “accurato” sistema di controlli ( Bankitalia,
Consob, Ministeri, per non parlar degli organismi interni alle SGR-
cioè le Società di Gestione del Risparmio, che appunto i Fondi
dovevano gestirli) avrebbe infatti permesso ai risparmiatori di
vivere l’ investimento con tranquillità. Infine, e non era cosa da
poco, anche chi non disponeva di capitali importanti avrebbe avuto
la possibilità di acquistare “ quote “ di Fondi , mettendo così -
comunque - qualche mattoncino ( sia pur di carta) nel proprio
panierino.
Ma i tempi tanto maturi non erano : il mercato era “ basso” , e la
norma, per decollare, necessitava di correttivi, soprattutto sotto
l’ aspetto fiscale. Le condizioni favorevoli , al termine del
decennio, si realizzavano e – finalmente - i Fondi cominciarono a
esistere : il primo fu lanciato da una banca importante, la Deutsche
Bank, e subito fu chiaro che nel mercato immobiliare italiano era
successa una sorta di rivoluzione.
Altre banche seguirono l’ esempio dell’ Istituto tedesco. Molte
società immobiliari si aggiunsero , e lanciarono propri Fondi. Il
comparto decollava.
Moltissime previsioni normative andarono successivamente a
sovrapporsi alla norme iniziali ; e anche il sistema dei controlli
fece la sua parte per cambiar le carte in tavola, sempre con l’
apparente obiettivo di tutelare l’ investitore. Pochi settori ,
davvero, sono stati così tanto strutturalmente modificati , e in un
solo decennio, costringendo gli addetti ai lavori a vere e proprie
acrobazie interpretative.
Ma , nonostante ciò, il settore è cresciuto, e tanto : a fine 2009
erano operativi 270 fondi , con un patrimonio immobiliare di 40,6
miliardi di euro. Si tratta del terzo patrimonio a livello europeo,
con la crescita più veloce dell'ultimo decennio.
"E' la dimostrazione – aveva detto Mario Breglia, Presidente di
Scenari Immobiliari nel giugno 2010 – presentando l’ aggiornamento
del Rapporto che la sua Società produce, e che è uno dei più
affidabili del settore - che lo strumento Fondi è ormai un realtà
,vantaggioso sia per i risparmiatori che per gli investitori. Si
apre una stagione di sviluppo anche per i Fondi Immobiliari
pubblici, stimolata dalle normative sul federalismo demaniale”.
Il settore, insomma, stava per entrare in una fase nuova,
caratterizzata - pur da temi ancora aperti, come la governance e le
tematiche legate alle valutazioni immobiliari - da crescita
professionale delle SGR e dimensionale dei Fondi .
Poi, la “ doccia fredda”. A luglio 2010 l’ ormai stranoto , nel
settore, DL 78 ( che contiene le ennesime modifiche della normativa
che regolamenta i Fondi Immobiliari) creava nel mercato un qualche
cosa che assomiglia a un terremoto. Una serie di disposizioni
estremamente penalizzanti ( dettate da criteri di urgenza in merito
a recupero di gettito, prima ancora che di urgenza in merito alla
regolamentazione e modernizzazione del settore ) ha provocato la
completa, o quasi, paralisi del comparto, che è ancora - mentre
trasmettiamo - in attesa dell’ annunciato Regolamento attuativo . Il
quale, previsto entro trenta giorni dalla data di conversione del DL
78, cioè fine agosto, non è stato infatti ancora emanato.
Una delega regolamentativa che interviene sul diritto civile, ma con
finalità fiscale, è un aborto giuridico.
Le domande che la real estate community si pone oggi non solo sono
tante, e riguardano la sopravvivenza stessa dell’ industria dei
Fondi Immobiliari.
5 - Real Estate alberghiero, che futuro?
Jones Lang LaSalle Hotels, società di consulenza specializzata nel
real estate alberghiero, afferma che iI mercato degli investimenti
alberghieri in EMEA ( Europe, Middle East, Africa ) ha registrato
nei primi nove mesi del 2010 una forte crescita raggiungendo un
volume complessivo di 3,97 miliardi di euro ; il che rappresenta
+55% rispetto ai 2,5 miliardi di euro realizzati nello stesso
periodo del 2009.
La crescita ha visto un’accelerata in maniera più marcata durante il
terzo trimestre, quando si sono registrati 1,8 miliardi di Euro di
transazioni, un aumento del 70% rispetto al dato del terzo trimestre
2009 (1,056 miliardi di euro). Il mercato più dinamico quest’anno è
stato Regno Unito , con più di un miliardo di euro di alberghi
venduti, seguito dalla Francia con circa 505 milioni investiti. La
Spagna è il terzo paese con 291 milioni, seguita dall’Italia con 274
milioni.
Questo sempre secondo JLLH : che prevede transazioni per 5.5
miliardi entro la fine dell’anno, un incremento di più del 76%
rispetto al 2009 (3,12 miliardi).
Insomma, il comparto sembra godere nuovamente di salute e vivacità.
Nel mercato degli investimenti alberghieri, però, permane un
palpabile livello di incertezza, con gli investitori ancora
fortemente concentrati su operazioni locali , anche se la
percentuale 2010 appare in discesa ( 36%) rispetto al 59% del 2009.
Inoltre, la disponibilità del debito per finanziare acquisizioni
resta ancora scarsa.
Con oltre un milione di camere, l’ Italia sembra essere, o rimanere,
un punto di riferimento del real estate alberghiero, anche se i
parametri della nostra industria alberghiera, in inglese “ lodging
industry” ( TOC, tasso occupazione camere e RevPar -revenues per
available rooms, ricavi per camera) rimangono spesso al di sotto
delle medie europee.
Inoltre, la percentuale di “capital expenditure” (gli accantonamenti
cioè per interventi di sostituzione e migliorie degli immobili,
delle attrezzature e degli arredi ) è in crescita anche da noi: gli
esperti la collocano al 5 % del fatturato annuo.
Perché il real estate alberghiero interessa tanto, anche se è
comparto da superspecialisti?
Svariate sono le ragioni. La grande liquidità che caratterizza il
real estate ricerca diversificazione, e l’ albergo indubbiamente la
consente. Va considerato poi che l’ investitore interagisce con un
conduttore unico ( il gestore ) , non ha normalmente costi di “
condominio” – come invece può accadere in altri segmenti – e ha la
sicurezza di contratti di lunga durata. Inoltre per molte location
(guardando all’ Italia, non ci solo Milano, Roma o Venezia… ) può “
giocare” sulla quasi certezza della rivalutazione del bene, in
particolare del terreno, e sul valore aggiunto di building spesso
unici.
Certo però è anche il fatto che il nostro comparto alberghiero
soffre di mali endemici, che ne frenano le potenzialità. Al di là
dei vincoli burocratici , dei tempi lunghissimi per le nuove
realizzazioni, e della carenza di infrastrutture, si punta il dito
sulla mancanza - tranne alcune lodevoli eccezioni , come la riviera
romagnola – della filiera low-cost .
Ci fosse poi una maggior capacità di promozione del “ Sistema
Paese”, il nostro real estate alberghiero potrebbe essere ancora più
attrattivo. E, attraverso Fondi Immobiliari ( specializzati e non )
alla portata anche dell’ investitore retail.
6 - Real Estate Lawyers
C’era una volta in Italia l’avvocato (civilista) che “faceva”
soprattutto il “privato”, e di conseguenza l’immobiliare: redigeva
(o controllava) contratti di locazione e preliminari di
compravendita , dava consigli su tematiche condominiali, e spiegava
al cliente che il Codice Civile tutto aveva già stabilito in materia
di “ luci e vedute”.
Si potrebbe continuare a lungo , perchè lo stimato e stimabile
professionista, generalmente titolare di uno Studio che solo il suo
nome portava, il suo bel da fare lo aveva . L’ italico attivismo
parlamentare, d’ altra parte, lo aiutava non poco e, in quel
decennio che va sotto il nome di anni settanta, la proliferazione
normativa aggiunse a tutto quanto già si sapeva non poche leggi che
sulla casa violentemente impattavano: lasciando stare le
disposizioni di pura regolamentazione edilizia e urbanistica (e qui
entriamo nella “ sottospecie “ amministrativa , che può avere anche
risvolti penali) , una norma imperò su tutte : la Legge N° 392/78
che, nel nostro Paese introdusse - forzando spesso il buon senso –
il famigerato “equo canone” (una “ roba” che, per quanto attiene le
locazioni non abitative, tuttora ahimè perdura, e in un mondo che
degli schemi di allora oggi allegramente sghignazza.
Non sghignazza l’avvocato che dell’ istituto condominiale ancor si
oggi occupa : le disposizioni vigenti, tranne alcune cosette,
risalgono infatti al 1942 , anno di nascita del nostro Codice
Civile. Complicato far capire al cliente il concetto, vero?
Vi sembra ragionevole che, nel 2010, siano in vigore nel nostro
Paese norme che hanno l’ età dei nostri nonni ? No, vero?
Ma torniamo un attimo agli anni settanta . Già, ma allora il cliente
come ti arrivava? Legale di famiglia, targa sul portone, nome sulle
“Pagine Gialle “, passaparola e – grandissima risorsa – consulenza
programmata agli iscritti alle associazioni di categoria dei
proprietari e inquilini: CONFEDILIZIA, UPPI ( Unione Piccoli
Proprietari Italiani ) , SUNIA ( Sindacato Inquilini e Assegnatari)
. E , sempre più frequentemente, presenza a Convegni etc dai
soggetti ut supra ( e non solo) organizzati.
Allora, e già da molto, oltre Oceano e oltre Manica gli avvocati
erano quasi sempre riuniti in “ legal firm”, con decine, centinaia e
talvolta migliaia di avvocati, specializzati dunque in tutti i rami
del diritto , proprio e internazionale.
Venne la globalizzazione, e il trend del “quanto è bella la legal
firm” cominciò a prender piede anche in questo nostro strano Paese :
che era stato la culla del diritto.
Arrivarono soprattutto a Milano e Roma , in proprio o associandosi a
preesistenti realtà italiane, molti grandi nomi della consulenza
legale internazionale : che facevano non l’ immobiliare ma il real
estate. L’ argomento sempre quello era ( stesura di contratti di
locazione e di preliminari di compravendita, pareri sulle
infrastrutture condominiali , con l’ aggiunta della disamina delle
vicende ambientali proprie dei suoli e delle aree dimesse ). Ma con
prepotenza emergevano quei temi legati al finanziamento delle
operazioni immobiliari ( un tempo parrocchia riservata degli Uffici
Legali dei Crediti Fondiari) , alla istituzione di fondi
immobiliari, e via via cantando : sino alle cartolarizzazioni e, più
recentemente , al federalismo demaniale.
Aiutate dalla proliferazione normativa, le “ legal firm” di casa
nostra –in unione o no con le “ legal firm” internazionali-
inventavano anche un nuovo lifestyle : il controllo diveniva Due
Diligence , e il vecchio modello di quattro paginette altrimenti
noto come “ contratto di locazione Pirola “ ( dal nome dell’ editore
tecnico specializzato che per primo e con enorme successo l’ aveva
proposto. Oggi non esiste più, il marchio fu acquisito già molti
anni orsono dal Gruppo Sole 24 Ore ) diventava un voluminoso
trattato multilingue.
E’ la globalizzazione , bellezza. E’ il cross-border (cross-border =
termine che definisce operazioni che si realizzano tra soggetti
appartenenti a Paesi e a legislazioni differenti ), bellezza.
Ma la moderna “ legal firm”, il cliente come lo trova ? Al di là dei
tradizionali e sempre efficaci canali sopra citati per lo stimabile
professionista , occorre tener ben presente che il nostro
legislatore è intervenuto in senso liberale, emanando le
disposizioni di cui alla Legge 248/2006 : norma che ha abrogato
tutte le precedenti disposizioni che vietavano di svolgere – anche
parzialmente – pubblicità informativa circa titoli e
specializzazioni, caratteristiche del servizio offerto, etc.
Il Codice di deontologia forense, originariamente inflessibile, ha
dovuto “adeguarsi al nuovo assetto normativo”, e ha previsto che l’
avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale
, purchè l’ informazione sia veritiera, etc etc. Se vuole, può
tenere rubriche sui media, anche televisivi e radiofonici ( purchè
abbia preventivamente ricevuto l’ OK dell’ Ordine professionale ) .
Ma non può rivelare al pubblico il nome dei propri clienti.
Infatti, sghignazzando , i real estate lawyers più noti emettono
continuativamente comunicati stampa in cui raccontano cosa hanno
fatto, stanno facendo e per chi, supportati in ciò da testate
giornalistiche specializzate. ( Daily RE a ciò non si sottrae, ci
mancherebbe !) . E vieppiù assumendo agenzie specializzate in
strategie di comunicazione.
Al di là della provocazione ( ispirata dal libro “ Gli
Avvocati…dovrebbero arrestarli da piccoli” , di Giulio Imbarcati- è
uno pseudonimo- edizioni Robin, 2010 ) cosa fa “ davvero” oggi un
real estate lawyer ? Perché – come disse anni fa Riccardo Delli
Santi , “ pioniere “ a suo dire del moderno diritto immobiliare -
senza un real estate lawyer la community immobiliare non potrebbe
sopravvivere !
7 - Il nuovo PGT di Milano: favorevoli e contrari
Dopo un cammino interminabile, segnato da infiniti stop and go e da
polemiche di vario tipo, nonché la discussione di 1.419 emendamenti
(di cui 157 approvati), il Consiglio comunale di Milano approvava,
nella notte 13-14 luglio 2010, il Piano di Governo del Territorio.
Il Documento, cioè, che contiene le nuove regole che disegneranno il
futuro del capoluogo lombardo.
Al termine della maratona, il Comune invitava cittadini e
associazioni a presentare le proprie Osservazioni : invito veniva da
moltissime parti raccolto, aggiungendo corposa messe di carta a
quanto già diffuso dall’ assessore allo Sviluppo del Territorio del
Comune, Carlo Masseroli, vero e proprio “padre“ del PGT.
Da quel momento, le iniziative anche seminariali e convegnistiche
(già numerose prima della Delibera di adozione) si sprecavano : per
illustrare la “filosofia” del Piano, e le innumerevoli tecnicità
dello stesso. Il PGT è davvero cosa complicata, e per addetti ai
lavori. Basti pensare che, per consentire le Osservazioni, sono
stati resi disponibili , anche sul sito del Comune, i seguenti
documenti: Delibera adozione Consiglio Comunale, Avviso di deposito
di pubblicazione, Documento di Piano, Piano delle Regole, Piano dei
Servizi, Documentazione VAS, Componenti Geologica, Idrogeologica e
Sismica, Attestazione errori materiali, etc
Molti operatori immobiliari hanno espresso pareri favorevoli, o
addirittura entusiastici, al PGT. A parere di altri, invece, il
Piano nasce con due principali handicap: eccessivo liberismo e
assenza di un apparato amministrativo forte capace di governarlo.Il
Piano rischierebbe insomma di innescare all'interno del tessuto
urbano consolidato – dei processi di trasformazione non prevedibili,
ne' governabili, e con gravi distorsioni. La combinazione dei tre
principi innovatori sui quali si fonda la "filosofia di intervento"
del Piano (indifferenza delle destinazioni funzionali, acquisibilità
di volumetrie edilizie aggiuntive, attraverso il meccanismo
perequativo, contrattazione con l'amministrazione comunale, basata
sulla discrezionalità dell'ente pubblico) potrebbe dar luogo a
modifiche sostanziali della struttura morfologico-funzionale del
centro cittadino.
Sorge cioè la preoccupazione che quelle scelte "contrattate"
rispondano, più che a logiche economiche, a “semplici logiche
finanziarie”.
E’ poi recentissima la polemica ”Masseroli - Breglia. Il Presidente
di Scenari Immobiliari, infatti, ha presentato uno Studio di tipo
previsionale che dimostrerebbe quanto - a dispetto della conclamata
visione strategica di cambiamento verso un “ Buon Governo” – i
numeri che verrebbero prodotti sarebbero in realtà molto piccoli :
appena due mila case in più verrebbero compravendute nell’ orizzonte
2016-2030 , mentre Milano ha bisogno di case a basso costo per “
trattenere” in città le persone che vi lavorano.
Immediata e secca la risposta dell’ assessore : si è data una
puramente valutativa, mentre il Piano vuole cambiare radicalmente l’
approccio e la governance del territorio. E gli ambiti di
trasformazione prevedono l’ obbligo del 35% destinato a housing
sociale . Le funzioni, però, verranno definite solo in fase
attuativa…
Man mano che il tema si dibatte nuove criticità sembrano emergere,
in particolare la notizia che il Regolamento Edilizio, parallelo
strumento di normativa edilizia, sarà predisposto quanto prima, ma
la sua approvazione avverrà con la nuova Amministrazione.
Quali sono allora, nel dettaglio, i prossimi step del Piano ?
E, soprattutto, è davvero possibile decidere oggi che cosa di
dovrà/potrà costruire tra venti anni ?
8 - Investimenti immobiliari dall’estero: alle radici di un sogno
Investimenti immobiliari a firma estera, in Italia, ve ne sono
sempre stati : ma , generalmente, tali iniziative erano finalizzate
allo svolgimento della attività caratteristica dei soggetti . Due
nomi tra tutti, tanto per rendere l’ idea: gli impianti di IBM,
presente sulla scena italiana già dagli anni sessanta, e i palazzi
ad uffici di Deutsche Bank.
I primi investimenti nel “ nostro” senso del termine furono
realizzati alla fine degli anni ottanta, in un momento di mercato
particolarmente scintillante ma ancora molto privo di quelle
caratteristiche che gli stranieri necessariamente pretendevano : in
sintesi, reperibilità delle informazioni, trasparenza nei soggetti
e, sul fronte dell’ offerta, prodotti del tipo che oggi definiremmo
di classe A.
E’ ovvio, tutto ciò e molto altro ancora ( ad esempio, la famosa
“certezza di tempi “ nei rapporti con le Amministrazioni ) all’epoca
non c’era.
Complice il rallentamento del mercato, che dal 1992 iniziò una fase
discendente durata sino al 1997 , gli stranieri non solo non
guardavano più il nostro territorio , ma addirittura lo lasciavano,
preferendo - almeno a livello della nostra cara vecchia Europa-
Paesi quali la Spagna…per non parlar della loro “ scoperta “ dei
cosiddetti “ Paesi emergenti “ della nascente Europa dell’Est .
Poi tutto cambiò. Canalizzati dalla sempre maggior presenza, in
Italia, di Istituti finanziari internazionali di “ moderna
generazione “ ( la cosiddetta “ banca-partner “ capace di inventare
insieme al cliente strategie “ win-Win” ), di società di advisory (
sia immobiliare che fiscale) e di legal firm vieppiù specializzate
nel real estate, gli investitori esteri si riaffacciavano al nostro
mercato che, nel frattempo, si andava anche orientando verso la
internazionalizzazione e cominciava a “ migliorare “ sul fronte
dell’ attrattività. Considerazioni di carattere geopolitico ed
economico-finanziario a parte , si intende : nel frattempo erano
arrivati anche l’ euro, e i Fondi Immobiliari.
Ah, l’appeal dell’ Italia di quegli anni !
Affascinata dai begli immobili che la storica e rispettabile società
quotata Immobiliare Metanopoli possedeva, Goldman Sachs acquisiva la
società subito delistandola .Fu la prima vera “ grande operazione”
dall’ estero : passarono così in mani “americane” immobili per circa
1,2 miliardi di lire , e un centinaio di dipendenti ( a dir il vero,
l’ acquirente era una srl italiana , controllata dai fondi “
Whitehall” : ma sempre di Goldman Sachs si trattava ) .
Morgan Stanley si alleava con la neonata Pirelli RE, favorendone l’
impetuosa crescita, sotto la direzione del visionario AD Carlo
Alessandro Puri Negri.
Si stabilizzavano in Italia, rendendosi subito protagoniste del
mercato, le americane Clarlyle e Hines.
In poco tempo ce li ritrovammo tutti qui , interessati all’
acquisizione di interi portafogli , al trading di immobili singoli,
e persino al development (interventi di sviluppo ) . Interessati a
tutti i comparti del “commercial real estate “ ( cioè dell’
immobiliare non residenziale : uffici, retail , alberghiero e
logistica). Introducendo concetti nuovi, e tanta, tanta liquidità.
Tra il 2001 e il 2004 gli investimenti esteri in Italia avevano
raggiunto la rispettabile cifra di circa 8,5 miliardi di euro. Nel
solo 2005- anno del “ picco” - tali investimenti furono pari a circa
4 miliardi.
Nel 2005/2006, si calcolò, era crossborder (cioè investimenti
transnazionali) la metà circa dei grandi deal immobiliari.
Non sembri l’ elenco telefonico ( e senza pretesa alcuna di
esaustività) : erano da noi , attivissimi, gli olandesi Corio,
Eurocommercial Properties, Foruminvest, ING RE, Multi, Pradera e
Redevco, e alcuni Fondi pensionistici investivano “ indirettamente”,
ossia entrando nel capitale di società quotate ,come Beni Stabili, o
di Società di Gestione di Fondi Immobiliari.
Gli inglesi Aberdeen, Doughty Hanson, Gazeley , Grosvenor, Henderson,
McArthurGlen, Schroder e Segro.
I tedeschi Aareal, Allianz, Degi, IVG, SEB, TMW e Union Investment ,
oltre alla già citata DB, divenuta - ai fini immobiliari - RREEF.
I francesi Altarea, Auchan, Axa, BNP Paribas RE, Carrefour,
Klepierre, Nexity.
C’ erano le grandi società d’ investimento americane (compresa
Lehman Bros, ora scomparsa) : AIG Lincoln, Carlyle, GE Real Estate,
ProLogis, Hines e Tishman Speyer.
E poi, ancora, l’ anglo-portoghese Sonae Sierra, la spagnola Neinver
( per non parlar del gruppo alberghiero NH, che acquisiva i Jolly
Hotel di “marzottiana memoria”), le svizzere Credit Suisse AM e UBS
RE. Cambiava abito, trasformandosi anche in developer specializzato
in Centri Commerciali la svedese IKEA, presente nel nostro Paese da
decenni . Facevano capolino il Fondo sovrano di Singapore, nonché
alcuni emiri e sceicchi.
Per carità, quasi tutte le società sin qui citate sono ancora qui,
ma al rallentatore. E oggi, dopo la “ mazzata” del 2008 e gli
sconvolgimenti non solo del mercato ma anche delle previsioni
normative, che succederà ?
Domanda iniziale : riuscirà questo Paese a trovare una rinnovata
competitività immobiliare , o si dovrà rassegnare a un ruolo sempre
più marginale o addiritture periferico, a favore di altri e lontani
mercati che, a differenza dei nostri “ lacci e lacciuoli” offrono
all’ investitore internazionale veri e propri “ ponti d’oro”, ma
anche un rapporto spesso squilibrato tra rendimento e rischio?
9 - Agenti Immobiliari tra passato, presente e futuro
Dalle prime proposte di modifica del Codice Civile del 1942, alla
definizione della Legge 253/58, (primo intervento diretto per la
regolamentazione della professione di mediatore); dal lavoro per
l'approvazione della Legge 39/89 ( norma cardine per la "professionalizzazione"
della mediazione) mediante la creazione di uno specifico Ruolo
Mediatori all'interno delle Camere di Commercio, sino ad arrivare ai
recenti sviluppi normativi in vista di una più ampia riforma delle
professioni, le Associazioni degli agenti immobiliari - soprattutto
FIMAA e FIAIP – sono stati in prima fila per la crescita qualitativa
della categoria.
In tempi recenti, inoltre, è nata la "Consulta Interassociativa
della Mediazione", strumento importante per coordinare in un'unica
voce le principali Associazioni nazionali di categoria.
Molte cose hanno negli ultimi anni tenuto occupati i vertici delle
Associazioni (sia nell’azione “politica“ sia in quella di
formazione/aggiornamento dei propri iscritti), e ciò al di là della
“tradizionale“ lotta all’abusivismo, e delle tematiche
caratteristiche di ogni struttura: soprattutto quando un’
Associazione ha caratteristiche e scopo di tipo corporativo.
Fra queste spiccano per rilevanza la tematica dell’
“antiriciclaggio” e la cosiddetta “Direttiva Bolkestein”.
L’obbligo di segnalare operazioni ritenute sospette è entrato in
vigore nel 2006, con le relative limitazioni e adeguamenti del 2007,
dove da quel momento in poi l’agente immobiliare assumeva tra gli
altri l’ obbligo di identificazione dei clienti, acquirente e
venditore, con esplicito riferimento al “titolare effettivo” che
consegue l’operazione immobiliare; fornire i dati necessari agli
organi competenti; conservare in un apposito fascicolo cartaceo i
dati dei clienti, ovvero le relative fotocopie della carta di
identità e i preliminari debitamente registrati; e compilare la
scheda analisi del rischio e segnalare appunto le operazioni
ritenute sospette.
Un obbligo certamente “pesante“ ma, ancor più complessa, per ragioni
anche “strategiche”, è la “Bolkestein”.
Formalmente Direttiva 2006/123/CE, era stata definitivamente
approvata da Parlamento e Consiglio il 12 dicembre 2006. La
direttiva era stata recepita dall'Italia mediante il decreto
legislativo 26 marzo 2010, n. 59, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2010.
Gli impatti sulla categoria degli agenti immobiliari sono numerosi,
ma il focus è sui requisiti di accesso alla professione.
Recentemente i Presidenti Nazionali di FIAIP, Paolo Righi, e FIMAA,
Valerio Angeletti, hanno condiviso un documento contenente proposte
migliorative al regolamento di attuazione del decreto legislativo
59/2010.
Le due associazioni, a fronte di potenziali rischi a seguito della
soppressione del Ruolo e per dare una più compiuta attuazione a
quanto stabilito dall’art. 73 Dlgs. N° 59/2010, chiedono nel
documento congiunto maggiori controlli da parte delle Camere di
Commercio, e propongono una serie di obblighi per garantire la
tutela della concorrenza e del consumatore, per ovviare al rischio
abusivismo: “che tanti danni crea alla categoria, ai consumatori e
al mercato immobiliare”.
Dopo tante polemiche, qual è lo “stato dell’arte”?
Ma intanto c’è un’ altra direttiva in arrivo : la EN15733, che
introduce un criterio di standardizzazione dei servizi erogati dagli
agenti immobiliari. A livello comunitario dovranno essere uniformate
le prestazioni fornite dagli intermediari che operano nel mercato
immobiliare e che daranno maggiori garanzie ai consumatori .
Quale sarà perciò nei prossimi anni il ruolo degli agenti
immobiliari alla luce di tale direttiva europea, e quali le ricadute
sul mercato immobiliare?
In questo contesto , quale potrebbe essere il “ peso” delle Borse
Immobiliari operanti all'interno del sistema camerale?
10 - La lunga strada verso la trasparenza
Che cosa vuol dire “essere trasparente” nella Real Estate Industry e
nella finanza immobiliare? Sono molteplici e concomitanti i
requisiti di un comportamento, di un messaggio/discorso, di un
documento, di un rapporto “trasparente”.
Ad esempio un “trasparente e corretto” rapporto di stima di un
immobile deve essere:
- Redatto secondo quanto previsto nell’ordine/incarico rilasciato
dal Cliente
- Redatto secondo leggi/norme vigenti
- Redatto in assenza di conflitti di interesse e nel rispetto
dell’indipendenza del perito/Esperto da condizionamenti di qualsiasi
tipo e origine,
- Chiaro (anche nell’indicare ciò che il perito/Esperto non ha
verificato), semplice, comprensibile
- Completo (secondo quanto previsto in incarico) e preciso
- Redatto con linguaggio appropriato, ma non (volutamente)
“difficile” o criptico,
- Redatto con specifica competenza.
Per la stima degli investimenti dei Fondi Immobiliari , Banca
d’Italia e CONSOB hanno fornito alle SGR istruzioni specifiche.
E’così ora compito della SGR indicare agli Esperti indipendenti i
criteri peritali da utilizzare nelle loro stime. Ciò pare una
forzatura in contrasto con l’indipendenza dell’Esperto, che invece
dovrebbe essere libero di applicare alle stime da lui firmate il
criterio peritale (o comparativo o reddituale sintetico – cioè con
utilizzo di “cap rate”-, o reddituale analitico – cioè con utilizzo
della DCF Analysis -, o della verifica del “costo di
costruzione/ricostruzione meno deprezzamento più prezzo del
terreno”) da lui ritenuto più opportuno per valutare uno specifico
immobile.
Oltre all’onestà (anche intellettuale), all’indipendenza (dai voleri
di clienti e non solo), alla conoscenza puntuale di leggi e di norme
del settore, a una dimensione aziendale tale da soddisfare le
richieste del cliente in termini di tempi,quantità e qualità dei
servizi erogabili, anche la competenza e l’esperienza sono entrambe
e contemporaneamente necessarie per poter disporre di un rapporto
consulenziale o di stima “trasparente” e “corretto”.
Al consulente e al valutatore non si chiede garanzia del risultato,
ma garanzia circa come svolge il proprio lavoro (cioè garanzia di
impegno, competenza, correttezza e – last but not least –
trasparenza).
Grande responsabilità circa la trasparenza nel settore immobiliare è
in capo a tutti:
- Al Parlamento e al Governo, che ad esempio dovrebbero introdurre
in Italia una legge che imponga su tutto il territorio nazionale
univoci criteri di misurazione delle superfici commerciali per la
vendita e (diversi dai primi) per la locazione di beni immobili (con
differenti specifiche per abitazioni, abitazioni turistiche, uffici,
edifici industriali e per logistica, negozi, centri commerciali, etc.).
Dovrebbe essere anche imposto per legge l’obbligo di inserire in
tutti gli annunci (su cartelli, carta stampata, lettere/volantini,
internet, etc.) di offerta in vendita o in locazione di beni
immobili la superficie (come sopra calcolata, cioè in modo univoco
secondo legge) e il prezzo o il canone richiesto al mercato,
- A chi offre i servizi (Banche, SGR, società di consulenza e/o di
valutazioni immobiliari o professionisti singoli/associati tra
loro), che deve essere sempre più competente e indipendente,
- A chi chiede la prestazione del servizio e cioè al “Signor
Cliente”, che non deve tacere nulla al consulente/valutatore/Esperto
indipendente circa l’immobile da valutare,
- Alle Associazioni di categoria, che devono dotarsi (alcune lo
hanno già fatto e altre si stanno organizzando in merito) di regole
comportamentali coerenti con i principi di competenza, correttezza,
trasparenza indispensabili per rispettare leggi/norme e per essere
riconosciuti dal mercato come legittimi protagonisti nella Real
Estate Industry, nonché di programmi di formazione sia per l’accesso
alla professione sia di periodico e costante (obbligatorio)
aggiornamento,
- Alle Scuole di specializzazione e alle Università, che devono
sempre più investire nel preparare i docenti in un campo così
specialistico e ad alto valore aggiunto,
- Agli organi di controllo a qualsiasi livello, a magistrati, forze
dell’ordine, GdF, che devono anch’essi sempre più specializzarsi nel
settore immobiliare.
11 - Real Estate e fotovoltaico: agli albori di una nuova scienza
(registrazione 23 febbraio 2011)
Se si guarda alla stampa specializzata estera, si direbbe che la
battaglia contro gli edifici energivori è quasi vinta: un building
(sia esso a uso residenziale o “commercial”, cioè non residenziale),
non può non essere “green”, pena l’ esclusione/ espulsione dal
mercato.
Se si guarda ai più grandi “Award” del panorama internazionale, non
ve ne è uno che non preveda una menzione speciale per la categoria
“green building” : e allora si premia la riduzione nel consumo di
energia “ con approccio olistico”, e con l’ utilizzo di tutte le
tecnologie oggi disponibili.
Se si conversa con quella illuminata compagine di superarchitetti
specializzati nella progettazione e proposizione di edifici
ecosostenibili ( e di italiani ve ne sono diversi, e di bellissimo
nome … ), escono anche i numeri : con il mio progetto avrai il 67%
di “ reduction” nell’ energia usata per il riscaldamento, il 55% in
meno di costi legati alla “ power consumption” in generale ,
consumerai il 74% in meno di acqua potabile , ridurrai dell’ 89% le
emissioni di CO2, e via discorrendo.
La performance si traduce sempre in risparmi , meno si affronta il
problema degli investimenti necessari per realizzare codesti
risparmi : e solo da poco si è incominciato a parlare, nel real
estate, di sistemi di produzione dell’ energia. Ma siamo fiduciosi :
siamo appena agli albori di una nuova scienza e non ci vorrà molto
per poter contare su dati credibili anche sugli ultimi due temi.
In Italia questo settore gode di incentivi tra i più alti al mondo,
il cosiddetto “Conto Energia”. Per primi, gli istituti di credito
hanno così visto nel solare fotovoltaico un interessante business e
molte Banche offrono linee di finanziamento dedicate.
“Questo” mercato sta assistendo a un vero e proprio boom che sembra
durerà per tutto il 2011 grazie alla decisione del Governo di
promuovere gli incentivi fino al 2013 (il “Nuovo Conto Energia” è
stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 28 agosto 2010).
OK, allora, il fotovoltaico rappresenta una bella opportunità per le
Banche, ma può essere un valore aggiunto anche per il Real Estate?
Si dice che un numero crescente di strutture immobiliari stanno
adottando – soprattutto nel settore degli immobili commerciali - le
più recenti innovazioni, e in particolare le applicazioni del solare
fotovoltaico .
Ma è proprio vero?
Qual’è l’orientamento che il mondo del mattone sta dimostrando nei
confronti della nuova tecnologia, a parte l’ esperienza di alcune
SGR “ immobiliari” che già hanno dato vita a Fondi dedicati al
fotovoltaico?
A queste domande , sinora, si è risposto poco ( anche in termini di
Studi e Analisi) ma il giudizio dell’ autorevolissimo Prof. Oliviero
Tronconi , del Politecnico di Milano , è già categorico. «In Italia
esiste una profonda arretratezza culturale degli operatori del Real
Estate non solo verso il fotovoltaico, ma sull’intero versante
energetico in edilizia». A titolo di esempio, a Londra si stanno
moltiplicando società che si occupano di servizi energetici agli
edifici in grado di gestire da remoto i consumi energetici delle
strutture in base alle condizioni climatiche e all’utilizzo. In
Italia , invece, «gli esperti si trovano a operare come dei tecnici
che visitano malati terminali», ossia gli edifici che si continuano
a costruire con poca attenzione al risparmio energetico.
Secondo dati dell’ Istituto di ricerche Scenari Immobiliari, solo il
10% dei fabbricati industriali in Italia è da considerare adatto
alle esigenze dell’industria moderna, il 36% delle aziende italiane
occupa edifici costruiti prima del 1970. Esistono dunque sconfinate
opportunità per interventi di riqualificazione energetica, e spesso
è proprio la decisione di investire nel fotovoltaico che può
stimolare e facilitare un efficientamento energetico complessivo di
capannoni industriali, laboratori artigianali e per la ricerca, o
anche parchi tecnologici.
Eppure i costi di gestione degli immobili sono una spesa rilevante
che, in genere, eguagliano il costo di realizzazione dell’opera già
dopo 14-15 anni, e la voce energia è una quota molto rilevante dei
costi totali di gestione. Secondo Tronconi, una volta che ci sarà la
ripresa economica «il costo dell’energia schizzerà alle stelle e
investire nel risparmio energetico è dunque cruciale. Oltre a
operare sul fronte dell’efficienza energetica, il settore del Real
Estate DEVE oggi investire anche nelle rinnovabili e nel
fotovoltaico in particolare. Gli incentivi in Conto Energia non
dureranno in eterno e si presenta oggi un’occasione irriproponibile».
Un ulteriore stimolo offerto dal fotovoltaico riguarda lo
smaltimento delle vecchie coperture in eternit, operazione che in
Lombardia è obbligatoria entro il 2015. La nuova legge sul Conto
Energia, infatti, ha confermato un “premio in tariffa” del 10% per
chi, dovendo installare il fotovoltaico sul tetto, decide di
rimuovere le coperture in amianto. Gli incentivi erogati dal Gestore
dei Servizi Energetici (GSE) aumentano del 10% e questo, sull’arco
dei 20 anni di erogazione dei contributi, permette di ripagare
ampiamente il costo di smaltimento.
(Per inciso, i dati sono stati forniti nel corso di un recente
Convegno su “La Valorizzazione degli immobili d’impresa”,
organizzato da Banca Popolare di Milano con il supporto del
Politecnico di Milano e di Sinergia Sistemi, società specializzata
nella valorizzazione energetica degli edifici).
Il momento di investire sembra dunque essere arrivato. Secondo
alcuni esperti, infatti, «nei prossimi anni ci si attende una
riduzione del costo dei moduli fotovoltaici del 60%»: un ulteriore
stimolo per gli investitori.
Il Real Estate lo saprà cogliere?
Ha ragione il Prof. Tronconi, o esistono già luminose “gemme “?
12 - Logistica immobiliare, da “capannone” a piattaforma
integrata (registrazione 23 febbraio 2011)
Rispetto all’idea tradizionale che la considerava come una mera
funzione interna all’azienda (in pratica stoccaggio e movimentazione
delle merci) oggi la logistica ha acquisito un’importanza strategica
e viene identificata come “infrastruttura operativa della supply
chain”, il sistema cioè che gestisce i collegamenti dei flussi
fisici, informativi e finanziari di una pluralità di imprese che
partecipano a una unica catena del valore. In questa prospettiva,
dunque, la logistica non è più solo attività sussidiaria alla
produzione, ma una modalità che consente di ridisegnare le relazioni
di fornitura e distribuzione, di coordinare le attività
manifatturiere e di servizio tra imprese localizzate in aree
lontane, e di ridurre le distanze operative tra produzione e
consumo”.
Queste poche righe, tratte dal bel volume “Logistica e mercato
immobiliare in Italia” (a cura di Stefano Bellintani e Susanna
Zucchelli, entrambi al Politecnico di Milano) sono già sufficienti a
cogliere un primissimo e fondamentale aspetto dell’“industrial real
estate”: la scala di riferimento è, insieme, locale e globale.
La prima necessita “solo” di un servizio rapido ed efficiente. Per
la seconda, la capacità di fornire il territorio di snodi
infrastrutturali e assi di collegamenti crea e costituisce un
vantaggio competitivo che accresce anche l’attrattività – per gli
investitori – di un Paese rispetto a un altro.
Per limitarci all’Europa, è facile comprendere, in questo senso, il
primato dei Paesi Bassi e, più recentemente, dei Paesi dell’Est, e
delle regioni attraversate da quei tracciati che la programmazione
comunitaria definisce “Ten-T” (Tran-European Network Transport) e
che nel linguaggio corrente vengono chiamati “Corridoi”.
E l’Italia? Il parco logistico storicamente esistente (la logistica
immobiliare è semplicemente il nuovo nome di ciò che un tempo si
chiamava “ mercato capannoni/magazzini”, segmento che per ovvi
motivi c’è sempre stato) è ancora caratterizzato da manufatti di
indiscutibile obsolescenza e anche bruttezza, che sorgono un po’
ovunque sul territorio.
Per il futuro, l’espansione e il rinnovamento si dovrebbero
concentrare sul Corridoio I (Berlino-Palermo), sul Corridoio V (Lisbona-Kiev),
sul Corridoio 8 (Mar Adriatico-Mar Nero, più precisamente Bari-Varna)
e sul Corridoio 24 (Rotterdam - Genova). Tutti i tracciati prevedono
la combinazione di assi viari e ferroviari. Essenziale è
l’accessibilità aeroportuale.
In questo quadro, all’Italia spetterebbe allora un ruolo di assoluta
centralità, punto di riferimento obbligato per la location di
strutture logistiche di nuova generazione.
Ma i tempi non saranno brevi. E il Piano Nazionale della Logistica
2011-2020 , che dovrebbe colmare il gap negativo del nostro Paese in
questa materia, è stato presentato solo la scorsa estate…
Nel frattempo, e guardando il mercato immobiliare logistico, il
comparto – che era cresciuto nella prima parte dell’ultimo decennio
a ritmo sostenuto , grazie anche all’arrivo di grandi operatori
internazionali specializzati che si erano affermati quali player
principali, mettendo in ombra gli storici protagonisti di casa
nostra – ha cominciato poi a mostrare segni di attenuazione dovuti,
soprattutto, ai problemi contingenti dell’economia, da cui esso
strettamente dipende.
Lo sviluppo si è così limitato solo ad alcune aree del nostro
territorio (la logistica immobiliare richiede spazi molto vasti, e
conseguentemente costo dei terreni molto basso).
Generalizzati, di conseguenza, lo stallo o la contrazione nei
valori; e vacancy in aumento.
Negli ultimi mesi però, e secondo gli analisti del mercato, qualche
segnale di ripresa ci sarebbe, sia un termini di assorbimento che di
conseguente performance nei rendimenti (numerosi sono gli
investitori, Fondi immobiliari, etc, che sviluppano e/o acquisiscono
solo asset per la logistica).
Forse anche a livello internazionale ci saranno novità.
Di sicuro, il recentissimo merger tra i due colossi (americani, ma
agiscono a livello globale) dell’“industrial real estate“, AMB
Property Corporation e ProLogis, che ha dato vita al maggior player
mondiale del settore - capitalizzazione 24 miliardi di dollari, AUM
46 miliardi di dollari, e un portafoglio che supera i 55 milioni di
metri quadrati di “distribution facilities” in 22 Paesi - ha fatto
rizzare molte orecchie.
-Qual'è l’interrelazione tra il mercato immobiliare logistico
italiano e quello internazionale?
-Quali le differenze nell’ offerta e nella domanda?
-Sviluppo “speculativo”, o sempre più “built to suit”, cioè
costruito “su misura” per il tenant, già in fase di pre-let (cioè
pre-affittanza)?
-Quali sono, oggi, le caratteristiche tecniche ottimali di un
immobile logistico?
-Che “peso” hanno, nella logistica immobiliari, le classi di
efficienza?
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