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			15 aprile 2011
 
 
 Che Milano fosse città d’acqua lo scriveva già Bonvesin Della Riva. 
			La piccola Venezia. Milano delle vie navigabili fino ai laghi 
			svizzeri. La Milano dei Visconti che trasforma i fossati in vie 
			d’acqua e chiama a corte Leonardo Da Vinci per fargli lasciare in 
			città più opere da ingegnere che da artista.
 
 Poi d’improvviso tutto cambia. Le cronache di fine Ottocento 
			raccontano il Naviglio come una fogna a cielo aperto, un produttore 
			di miasmi mortali, nido e tana di ratti e malattie. Le “ sciostre” ( 
			magazzini che vendeva un po’ di tutto, dal carbone ai materiali da 
			costruzione) che avevano rappresentato la Milano del commercio 
			acquatico, cariche di legna, carbone, sale, zucchero e di tutto 
			quello che vender si poteva, diventano baracche abitate da balordi.
 
 La Milano futurista d’improvviso mal sopporta la lentezza dei 
			barconi e cerca il nuovo. Il banchetto in cui Milano si è mangiata 
			il Naviglio si consuma negli anni venti, sulla striscia demaniale 
			delle sciostre che fa la cerchia interna e la sua riva. Le baracche 
			diventano palazzi, le vie navigabili diventano strade navigate da 
			automobili, che come spiega Marinetti, “sono più belle della Nike di 
			Samotracia”.
 
 Di lì fino al boom dei magnifici anni sessanta, Milano inseguirà una 
			nuova idea di sé, fatta d’industria pesante e non più di marcite 
			agricole, di incroci da metropoli e ritmi frenetici. A nessuno piace 
			più il lento andare dei barconi a fondo piatto.
 
 Dopo la seconda guerra mondiale la Darsena tornerà attiva, le grandi 
			chiatte porteranno in Centro la sabbia necessaria al cemento della 
			ricostruzione, ma fino all’inaugurazione della Metropolitana sarà un 
			continuo interrare.
 
 Dal giorno dopo l’ultimo interramento, invece, sarà un continuo 
			discutere dell’eventualità di riaprire i Navigli.
 
 A fine ottobre 2010, il Comitato Promotore dei Referendum per 
			l’Ambiente e la Qualità della Vita a Milano ha chiuso una raccolta 
			di firme. Uno dei referendum proposti riguarda la risistemazione 
			della Darsena e la riattivazione del sistema dei Navigli milanesi.
 
 Di questo si è parlato il 15 Aprile 2011 nella Sala Pirelli del 
			Palazzo del Consiglio Regionale Lombardo, al Convegno “Milano e i 
			Navigli, la Regione Lombardia per la ricostruzione della civiltà 
			dell’acqua”.
 
 Il Convegno, voluto dal Consigliere Regionale Enrico Marcora e 
			organizzato con la collaborazione del Politecnico di Milano, vantava 
			un ventaglio davvero ampio di relatori: architetti, urbanisti, 
			storici, ingegneri, sociologi, amministratori pubblici e illustri 
			esponenti della società civile.
 
 Il tema della riapertura dei Navigli è sostanzialmente ancora di 
			attualità e smaschera una patologia tipica dei milanesi. Attratti 
			dal nuovo ma anche restii al cambiamento, sempre pronti a tornar sui 
			propri passi o a non far nulla pur di non far male, i milanesi sono 
			stati spettatori di smottamenti e demolizioni che hanno più volte 
			ridisegnato il profilo della loro città.
 
 Aprendo i lavori del convegno il Presidente del Consiglio Regionale 
			Davide Boni ha spiegato ai presenti che <«immediatamente dopo i 
			referendum, Il Consiglio ha stabilito di realizzare una verifica 
			tecnica finalizzata a individuare operativamente la via per 
			realizzare il progetto di riapertura, anche in parte, dei Navigli di 
			Milano attualmente interrati».
 
 L’idea, per quanto complessa, sarebbe quella di investire parte dei 
			fondi di Expo 2015 nel progetto di riapertura di alcune delle vie 
			navigabili che furono arteria commerciale e che potrebbero tornare 
			ad essere arteria di collegamento e turistica.
 
 Certo, riaprire parte della cerchia interna dei Navigli, riscavare 
			via Laghetto, convertire la “linea 94” in battello o prendere in 
			considerazione “il fiume”, per una tranquilla gita a Locarno, resta 
			un’idea romantica e poco concreta, ma è indubbio che «la questione 
			della possibile risistemazione della Darsena storica e della 
			riapertura del sistema della fossa interna dei Navigli milanesi, che 
			è stata così determinante nel fissare la morfologia e il destino 
			urbano della città, resta uno dei grandi temi della trasformazione 
			di Milano».
 
 (Lorenzo Taini)
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