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      1 marzo 2005
 E' iniziato il 1 marzo, a Milano il road show - che proseguirà nei 
		prossimi giorni a Londra, Francoforte e Parigi, un vero tour de force - 
		di presentazione del Rapporto predisposto da Scenari Immobiliari insieme 
		a DTZ Research, che in versione inglese e italiana esamina l'industria 
		immobiliare europea 2005 nei suoi cinque maggiori mercati: UK, Francia, 
		Germania, Spagna e Italia.
 Lo Studio (realizzato con il contributo di DB Real Estate, Generali 
		Properties, Hines e Pirelli RE) è stato presentato da Mario Breglia, 
		Presidente di Scenari Immobiliari, da Paolo Insom, alla guida di DTZ in 
		Italia, e da Paul Williams, Head of Research di DTZ a Londra. Ed è stato 
		illustrato da Paola Gianasso, di Scenari Immobiliari, e da Maurizio 
		Giammusso, coordinatore europeo di DTZ Research.
 Tre gli aspetti toccati da Paola Gianasso: definizione, dimensione e 
		"maturità" dell'industria che, nel Gruppo dei 5 Paesi citati, "pesa" per 
		circa il 70% del fatturato complessivo, ben mille miliardi di euro (sui 
		1.200 prodotti dai 25 nell' anno 2004), pari al 14% circa del Prodotto 
		interno lordo complessivo.
 L'andamento si presenta in modo abbastanza omogeneo. Cresce, sia pure 
		con le ovvie differenze da Paese a Paese, l'importanza dei servizi, e si 
		contrae quella dell'edilizia: questo ad eccezione della Spagna, dove la 
		situazione è ribaltata. In termini di addetti, l'industria immobiliare 
		(intesa come produzione edilizia, servizi dedicati, e attività 
		collaterali, cioè finanziarie e di investimento) vanta circa 10 milioni 
		di occupati (quasi 15 milioni nell'Europa a 25). L'86%, comunque, si 
		deve al settore delle costruzioni, ancora molto polverizzato: 1,6 
		milioni di imprese, che occupano 8,5 milioni di persone.
 In crescita, e di molto, i numeri degli investimenti, oltre 1.700 
		miliardi di euro (nel periodo 1998-2004), complessivamente realizzati. 
		Nell'Europa dei 5, la quota è stata pari al 72%, cioè circa 1.234 
		miliardi; e la categoria di investitori che ha avuto la crescita 
		maggiore è quella dei Fondi immobiliari non quotati.
 "Real Estate Value in Europe" delinea anche la situazione della attività 
		di formazione, e dell'attività associativa e fieristica in Europa. Sul 
		fronte education, è ovvio, la parte del leone la fa il Regno Unito (per 
		l'Italia il Rapporto segnala solo due Master), dove si trova anche la 
		maggior parte dei "big players"; sono state identificate circa 60 
		associazioni di riferimento (13 per l'Italia, mi piacerebbe sapere quali 
		sono state inserite), di cui 7 con valenza internazionale e - per le 
		Fiere specialistiche - , il Paese più attivo sembra essere la Spagna.
 Maurizio Giammusso, mia "vecchia conoscenza" in ambiente ERES, European 
		Real Estate Society, ha affermato stamane che tra i fattori di crescita 
		dell'industria immobiliare va sicuramente considerata l'attvità di 
		dismissione: uno stock pari a circa 53 miliardi di euro negli ultimi 
		sette anni. Ma il potenziale, sino al 2008, è grande: la stima è di 
		50-70 milardi.
 Altro fenomeno importante, e in crescita, il rafforzamento del peso del 
		Real Estate nell'ottica di portafoglio, e ciò anche da parte degli 
		investitori istituzionali.
 Terzo aspetto da sottolineare, tra i trend emergenti e i driver, è 
		quello dell'incremento (+ 64% in sette anni) delle operazioni cross- 
		border, che sono state nel 2004 - settore residenziale escluso - pari al 
		40% dei deal totali, contro una stabilità in termini di volumi di 
		investimento domestico.
 E' possibile, secondo gli estensori del Rapporto, che gli investimenti 
		trans-nazionali superino quelli interni nel giro di pochissimi anni. 
		Questo, non solo per la stabilità della valuta, ma anche per l'obiettivo 
		della diversificazione; e pur in presenza, ancora, di difformità di 
		regimi normativi.
 Mancano poi - ed è un'assenza sempre più sentita, almeno nella Top 
		Community - standard e benchmark condivisi. Ma l'industria è giovane, e 
		quindi ha margini di crescita.
 Due i grandi nodi: la competizione sempre più globale, e il nuovo 
		approccio all'investimento immobiliare, che esige sempre più 
		superspecializzazione.
 Il Rapporto (che è stato redatto anche intervistando un panel di circa 
		30 gandi operatori ) si chiude perciò con una serie di interrogativi :
 - quale sarà il cambiamento della domanda immobiliare in Europa, alla 
		luce della globalizzazione e della competitività dei costi?
 - quali prospettive vi sono per il settore commerciale e del tempo 
		libero?
 - quale sarà l'interesse per il settore immobiliare in presenza di un 
		eventuale aumento dei tassi, e di un miglior andamento dei mercati 
		azionari?
 - quali gli effetti della crisi industriale tedesca?
 - quale è il vero potenziale dei nuovi Stati membri dell'Unione Europea
 - quale è il futuro dell'euro, e quali le probabilità di un ingresso 
		nella UE da parte del Regno Unito?
 Ai posteri l'ardua sentenza. Per ora, "Real Estate Value in Europe" 
		preferisce chiudere con una frase di Seneca: "Spem Metus Sequitor". 
		Traduzione: il timore segue alle spalle - o anche insegue - la speranza. 
		(PGL)
 
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