Presentato in anteprima – presso la Sede dell’ Asssociazione Stampa Estera a Milano - il Rapporto “ Controllo Remoto “, quarto volume della collana dei “Quaderni dell’Osservatorio” , realizzato grazie alla collaborazione tra l’Osservatorio Mercato del Lavoro della Provincia di Milano, l’Area Studi di Formaper della Camera di Commercio, il Politecnico di Milano e l’Istituto di ricerche economiche e sociali Eurispes. Il volume , che presenta un’ analisi dei comportamenti delle imprese estere sul territorio milanese, è curato da Paolo Zinna, ed è pubblicato da Franco Angeli ( prezzo 15,00 euro )
«L’originalità della ricerca risiede nella lettura congiunta delle banche dati amministrative degli enti partecipanti, riuscendo così a proporsi non come indagine campionaria bensì come studio comprensivo dell’intero universo di riferimento. Si è scelto, inoltre, di affiancare un’indagine pilota di tipo qualitativo su un gruppo di imprese, anche del terziario, ritenute significative attualmente operanti nel Milanese. La definizione operativa utilizzata per identificare le imprese multinazionali si basa sull’assetto societario: le multinazionali sono state identificate selezionando tra le imprese di capitale iscritte all’archivio delle società soggette ad altrui direzione, quelle con la maggioranza del capitale detenuto da un soggetto estero» spiega una Nota dell’ Ente presieduto da Filippo Penati. «La prima evidenza empirica della ricerca riguarda la consistenza numerica delle imprese a controllo estero che rappresentano il 5,9% delle imprese occupazionalmente attive in provincia di Milano (nel 2006 erano 62.280) e che occupano il 25,8% degli addetti complessivi delle imprese di capitale; una quota di addetti persino maggiore di quella occupata dalle imprese controllate italiane (25,2%). La maggioranza degli lavoratori in provincia è impiegato in imprese italiane non controllate (49% degli addetti).I settori produttivi di maggior insediamento per le imprese controllate estere sono i servizi alle imprese ed il manifatturiero (entrambi pesano per il 29,7%), seguiti dal commercio al dettaglio e all’ingrosso (24,4%). La presenza delle multinazionali risulta numericamente diffusa in termini di imprese e con un peso occupazionale rilevante nel comparto manifatturiero della chimica e del commercio all’ingrosso, nonché nelle attività professionali. I settori del commercio al dettaglio e dell’industria alimentare vedono una presenza di multinazionali concentrata in poche imprese ma con un portata rilevante dal punto di vista occupazionale. L’insediamento estero nel comparto dei servizi alle imprese si concentra nelle imprese ad elevato contenuto tecnologico e nei nuovi servizi quali gli studi legali e le società legate al mondo della pubblicità.Il capitale italiano risulta prevalente nei settori tradizionali del made in Italy milanese, dove le imprese estere sono numericamente poche e hanno un ridotta rilevanza occupazionale: il tessile ed il design, l’editoria, la meccanica e attività legate al territorio quali le costruzioni e la sanità».
L’analisi del comportamento delle imprese estere sul mercato del lavoro provinciale nel quadriennio esaminato (2004 – 2007) ha mostrato che esso «non si discosta in maniera significativa da quello delle imprese controllate italiane: ridotta diversificazione contrattuale (in un anno meno del 10% delle imprese ha utilizzato tre o più tipologie contrattuali);
tendenza all’aumento del ricorso alle nuove forme contrattuali a termine; simile andamento dei saldi avviamenti/cessazioni di contratti a lunga durata.
L’indagine qualitativa ha fatto emergere alcuni elementi in parte diversi da quelli più comunemente discussi su questo tema.Le imprese intervistate individuano nell’area di Milano, in primo luogo, un mercato impossibile da trascurare, ma spesso la decisione di investire è stata resa più attraente dalla presenza di speciali opportunità. Talvolta, soprattutto nel terziario, l’insediamento è stato favorito anche da una certa lentezza dell’ambiente italiano a recepire sviluppi in corso in altri paesi (ad es. servizi legali, consulting, ecc) e dall’opportunità di introdurre schemi organizzativi strutturati in settori ove il competitor locale opera su base personalistica e destrutturata.
Tra gli altri fattori positivi vengono citate la disponibilità e qualità di risorse professionali di elevata qualificazione, la tradizione tecnologica, la presenza di aziende innovative da acquisire».
Criticità : costo del lavoro e livello della tassazione non sembrano essere tra i primi punti citati fra gli aspetti negativi. Vengono invece evidenziate « la scarsità delle infrastrutture e la congestione risultante, la lentezza e imprevedibilità nei risultati della giustizia civile e tributaria, l’etica degli affari meno rigorosa che altrove, la disinvolta gestione dei termini di pagamento, soprattutto da parte della P.A. Fra i costi, si sottolinea il livello di quelli dell’energia. Infine, vi è un giudizio per lo più non positivo circa la qualità della vita e dell’ambiente a Milano».
I comportamenti e anche le attese e preoccupazioni delle multinazionali presenti a Milano non sembrano diversi da quelli delle grandi aziende a proprietà nazionale. Probabilmente , è la considerazione finale, non servono “provvedimenti per le multinazionali”, ma più semplicemente, provvedimenti per le aziende. E, probabilmente, gli stessi provvedimenti (giustizia civile, infrastrutture, ecc) sono attesi anche dai cittadini. Quindi,forse non serve una improbabile “competizione fra aree regionali”, ma, più semplicemente, la modernizzazione economica e civile del Paese.
«In questi cinque anni di serrato impegno abbiamo seguito più di 200 casi di crisi. Una per una e tutte sul campo. Potremmo tracciare a caldo un profilo dello stato dell’economia metropolitana nel suo insieme, letta attraverso i suoi numerosi nervi scoperti » ha dichiarato Bruno Casati, assessore al lavoro, contrasto crisi industriali e occupazionali della Provincia di Milano, durante la presentazione del Rapporto. «A Milano, dopo un paio d’anni di stabilità occupazionale, le crisi dal 2008 hanno avuto un balzo. Gli imprenditori pare abbiano perso quella fiducia che avevano recuperato in parte nel 2006 e per intero nel 2007. Stiamo tornando ai dati del 2005, ma in quel tempo la cifra delle crisi era data, particolarmente, dal crollo del tessile/abbigliamento avvenuto a seguito del superamento dell’accordo internazionale Multifibre. Fu un colpo micidiale inferto anche al nostro territorio, particolarmente al suo Ovest. In quella fase molti imprenditori abbandonarono l’Italia per inseguire il lavoro laddove costava ancora meno, quindi delocalizzarono a Est, sempre più a Est. Nel 2006 le crisi, per fortuna, iniziarono a rallentare, si percepì l’assestamento, anche nel tessile. Nel 2007 cogliemmo, sempre sul campo, l’inversione di tendenza, la ripresa. L’economia milanese respirava, guardava al futuro. Tornava la fiducia, riprendevano gli investimenti, arrivavano anche investitori stranieri e rallentavano le delocalizzazioni».
Pesantissime sono le ricadute sull’occupazione, migliaia gli esuberi, diretti e indiretti, che si annunciano sul territorio. «Non si tratta più della sola sofferenza del tessile, come fu nel 2005 ma di una trama fitta che viene sfibrata, che va dai televisori alle telecomunicazioni, dal settore meccanico alla ricerca» ha continuato l’assessore Casati. « Assistiamo alla scomposizione delle filiere in Italia da parte delle multinazionali che vanno poi a ricomporre nei Paesi di provenienza, questo avviene in tutti i settori. E’ necessario preservare oggi le aziende e i loro asset affinché domani, quando la crisi sarà superata, il risveglio non avvenga sulle macerie. Gli stanziamenti che lo stato oggi destina agli ammortizzatori sociali potrebbero essere impiegati per mantenere i lavoratori attivi nelle aziende, per garantire la continuità produttiva».
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