Di James Hansen per Mercoledì di Rochester
( 23 dicembre 2020)
Doveva essere una pacchia, ma per molte persone una giornata di videoconferenze, riunioni online o anche una semplice chiacchierata “virtuale” sempre più si rivela invece una faticaccia. Il fatto di poter partecipare con indosso i pantaloni della tuta dalla cintola in giù è una scarsa consolazione.
Una parte del problema è la vasta inflazione di simili eventi virtuali. Si svolgono incontri interni, seminari e “webinar” online che una volta non si sarebbero tenuti affatto. Costano poco o niente a chi li convoca. Non c’è bisogno di trovare – e pagare – una location o, nelle aziende, prenotare una sala riunioni, assicurarsi che sia in ordine e davvero libera all’ora programmata, pensare ai tramezzini e al caffè.
Il costo è nel tempo dei partecipanti – cioè, di qualcun altro – ed è da lì che arriva la fatica. Ammesso che i convenuti siano in grado di giostrarsi tra Zoom, Teams, Skype, Google Meet, ClickMeeting, Cisco Webex e una galassia di alternative, dare retta a 49 persone simultaneamente in “gallery view” è un’attività che richiede più concentrazione e più energia mentale di un incontro in prima persona.
Secondo Jeremy Bailenson, il fondatore del Virtual Human Interaction Lab della Stanford University, queste piattaforme ci immettono in una situazione innaturale: “Ci siamo evoluti in modo da avere una reazione forte quando qualcuno ci guarda fisso e a lungo”. Detto diversamente, gli occhi posati su di noi e la vicinanza apparente delle facce degli altri sono segnali che i nostri cervelli interpretano con crescente allarme – non sono di “ordinaria amministrazione”.
È una forma d’attenzione che ci costa, anche quando non ce ne rendiamo conto. L’interazione è ambigua. Pare da una parte personale, a uno a uno, mentre al tempo stesso si parla in mezzo ad una folla di testimoni che pesano ogni parola. L’ansia e la stanchezza che genera ha già acquisito un nome: Zoom Fatigue.
La conversazione virtuale è troppo conveniente per essere abbandonata quando passerà questa stagione di lockdown, ma stanca, molto, e turba a un livello fondamentale. Abbiamo ancora da internalizzare l’uso del nuovo mezzo – come la gente che una volta alzava la voce quando la telefonata era interurbana. Intanto, forse faremmo bene a includere tra i convenuti virtuali una persona incaricata di dire al momento giusto: “Potremmo attivare solo l’audio? Vorrei potermi grattare un po’ il naso e sbadigliare…”
( per gentile concessione )