Promotore e “garante” del paesaggio urbano, motore del cambiamento a livello territoriale grazie a un’anima non solo tecnica, ma anche sociale. E’ la percezione dell’architetto e dell’urbanista secondo l’opinione pubblica italiana così come emerge dalla ricerca “L’immagine sociale dell’architetto e dell’urbanista” realizzata da Makno per il Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori – CNAPPC – e presentata durante l’VIII Congresso Nazionale del Consiglio, conclusosi il 7 luglio a Roma.
Lo Studio, il primo realizzato nel suo genere in Italia, condotto sia su base quantitativa che qualitativa, vede emergere l’architetto nel sentire comune come fautore della competitività all’interno delle città. L’architetto/urbanista si fa promotore e garante della bellezza del paesaggio urbano, dalle strade alle insegne, dagli spazi pubblici agli edifici.
“La figura dell’architetto” sottolinea Mario Abis, sociologo, fondatore dell’Istituto di Ricerca Makno, “è nodale, ora più che mai, nei processi che indirizzano il senso e il valore dello sviluppo del Paese: nella sua figura e nelle sue competenze si intrecciano, come in nessuna altra ‘missione’ professionale, tematiche e problematiche tecniche e tecnologiche, sociali, culturali, estetiche ed etiche in tutte le loro tante, diverse derivate. La polivalenza della figura dell’architetto e delle sue competenze e le sue responsabilità nei processi di trasformazione urbana e del territorio sono all’origine della ricerca svolta con l’obiettivo di definire l’immagine sociale e politica dell’architetto all’interno dell’attuale contesto socioeconomico e nei processi di rilancio dello sviluppo del Paese”.
“Diversi gli elementi che hanno suggerito la ricerca” prosegue Abis “e che hanno fatto da filo conduttore nel percorso di ricerca: sul piano generale, la convinzione che, in una situazione di debolezza e di estrema complessità della politica, i poteri professionali, di intermediazione e di rappresentanza economico-sociale possano esercitare ruoli sussidiari e propositivi rilevanti; nello specifico, la questione delle città e del loro ruolo nella competizione mondiale, l’urgenza delle riqualificazioni, la necessità di riordinare le priorità delle infrastrutture e di riconnettere i territori pone l’architetto al centro di processi indispensabili per lo sviluppo del Paese.
In sintesi, questi i principali risultati della ricerca.
· L’architettura come espressione della contemporaneità: immersi nelle grandi architetture del passato sentiamo oggi l’architettura come manifestazione anche del nuovo, del futuro e dell’innovazione… Pensando all’architettura, il 64% ne ha una visione prevalentemente proiettata in avanti! Viene da lontano, rappresenta l’oggi e va verso il futuro…
· La figura dell’architetto è ben presente nell’opinione pubblica: non solo perché se ne ha cognizione piena (61% conosce bene o molto bene – sopra 7) ma soprattutto perché la si apprezza (79%), se ne coglie il valore e l’importanza del ruolo, anche quando non è di immediata comprensione ciò che propone. L’onnipresenza delle archistar nel lessico quotidiano offusca l’immagine generale e rischia di confondere.
· Architettura di e per tutti (60%), che plasma il mondo reale, che gestisce gli spazi creando contenitori non più fini a se stessi ma funzionali a dare significato e risposte alle esigenze del vivere e dell’abitare di oggi.
· Una professione che diventa, se capace di confrontarsi con i grandi temi che stanno modificando il nostro mondo, cruciale per disegnare lo sviluppo economico e sociale del Paese, al pari di quelle caratterizzate, nell’immaginario collettivo, da un maggior sapere tecnologico.
· Nel disegnare il futuro l’architetto ha (deve avere) due qualità vincenti (citate dal 50%): creatività e capacità di relazione con il sociale. Due qualità che si integrano e danno forza all’azione quando più sono in sinergia. La creatività consente di trovare soluzioni non scontate, innovative e funzionali a quei bisogni della gente/del cliente colti attraverso la capacità di comprendere e sentire le esigenze del contesto sociale. Coglierne le sfumature e valutarne tutte le implicazioni sollecitano la ricerca di soluzioni creative.
· L’architetto diventa allora artefice del futuro della città, il maître à penser di una pianificazione che la maggioranza (63%) vuole di lungo periodo (in antitesi anche alla frammentazione degli interventi legati alle singole legislature) con una visione che interpreta e dà soluzioni ai bisogni della gente, assicurando funzionalità ed efficienza in un contesto che sa fare dell’estetica un elemento della qualità urbana.
· Nel creare e produrre qualità l’architetto/urbanista si fa promotore e garante della bellezza del paesaggio urbano, componendo in modo armonico i tanti ‘ingredienti’ della città: dalle strade alle insegne, dai colori alle forme, dagli spazi pubblici agli edifici… Occorre saper interpretare e disegnare un paesaggio urbano che vive, che attrae anche perché fatto di spazi di connessione, di comunità, di quartieri che diventano destinazione distinta, da ricordare e ricercare.
· Diventa così fautore della competitività della città, luogo dove tendono a concentrarsi ricchezza, potenziale di innovazione, creatività e talento. Tutti fattori che, nelle loro scelte localizzative, hanno come comun denominatore la domanda di qualità della vita e di qualità dell’ambiente, ovvero (anche) di qualità urbana e benessere.
· L’evoluzione della tecnologia, nuove tecniche di costruzione, nuovi materiali e nuove soluzioni nella gestione e nell’organizzazione dello spazio hanno imposto un moltiplicarsi delle competenze specialistiche. All’architetto il compito di avere e trasmettere la visione complessiva del progetto, di mettere in sinergia le singole competenze specialistiche in un lavoro d’insieme: solo l’architetto con la sua sensibilità, la sua capacità di cogliere l’evoluzione del contesto ne può essere il regista.
· All’architetto si chiede allora di affiancare alla mera progettazione la gestione di tutto il ciclo di produzione del valore, riportando le singole specializzazioni al servizio della qualità, grazie alla sua capacità di fare sintesi e di indirizzo, di armonizzare e governare le interdipendenze.
· Serve però un salto di qualità nella preparazione dell’architetto e quindi, innanzitutto, una rinnovata formazione di cui deve farsi carico l’Università e il sistema formativo in genere. La sfida è impegnativa: ai percorsi formativi si chiede sì di formare, come per lo più si sta facendo oggi, professionisti con capacità tecniche e organizzative per affrontare l’intero processo produttivo, ma si chiede anche di dare strumenti e capacità di lettura per interpretare il contesto dove andranno ad operare, la sua evoluzione ed i bisogni ai quali dovranno rispondere. Occorre ‘insegnare’ la sensibilità!
· Alle capacità richieste all’architetto e, a maggior ragione all’urbanista, si aggiungono dunque uno spiccato atteggiamento problem solving, declinato sui toni del sociale più che della tecnica, e un costruttivo approccio problem setting, soprattutto quando l’interlocutore è pubblico…
· L’esigenza di un nuovo ruolo per l’architetto, esigenza imposta dall’evoluzione della società e degli stili di vita, chiama l’Ordine ad un nuovo, duplice impegno: di indirizzo nei confronti dell’intero sistema formativo e di comunicazione e informazione verso la società e i policy maker.
Fonte : CNACPP