Esiste un albergo di nove camere con bagni condivisi su di un’isola sperduta, ma con tassi di occupazione altissimi e miliardi di visualizzaioni sui social. Si chiama Pater Noster ed è in Svezia.
Il “caso” è stato presentato a Milano nell’ambito dell’evento “Forum Hospitality” il 16 e 17 aprile organizzato dal brand 196+ del gruppo PKF.
L’architetto svedese Eirk Niessen Johansen, sviluppatore del Pater Noster, sostiene che gli elementi fondamentali dell’evoluzione del concetto di lusso nel ricettivo sono sostanzialmente tre. In primo luogo l’evoluzione del bello segue la linea consolidata tipica dell’edonismo psicologico che è quellio di “superare” l’esperienza dei propri simili. Quindi il lusso prevede cose diverse per persone (o gruppi di persone) diverse con gusti simili. Il secondo concetto di Johansen è che va sempre tenuto presente un obiettivo “superiore”, ovvero dare un senso alle cose, che si traduce in momenti emotivi per poter proporre un prezzo/camera superiore a quello dell’offerta esistente.
Infine è indispensabile creare un’ immagine unica per catturare aspetti emotivi in modo da essere renderla utilizzabile, e replicabile, nella comunicazione.
Il caso del Pater Noster si basa sulla esperienza che fece l’architetto Johansen alcuni anni fa di un’isola-faro al largo della Svezia con le abitazioni di tre famiglie che erano preposte alla sua gestione dal 1869. A lui piacquero questi edifici tanto da affittarli in blocco per dieci anni e definire questo luogo come una “casa sull’orizzonte”.
Il concetto che è stato sviluppato è quello di offrire agli ospiti l’hotel “più isolato del mondo”. Dopo un eccellente lavoro di ristrutturazione, il management ha iniziato a promuovere l’offerta di queste nuove camere durante la pandemia nel 2021. Il Pater Noster è stato citato durante la notte degli Oscar e da allora ha ricevuto 13 miliardi di visualizzazioni (!), pubblicità eccezionale e gratuita. Se consideriamo che il 95% della popolazione nei prossimi anni abiterà in grandi città e altri fattori di costante connettività, risulta facilmente comprensibile come l’isolamento potrà essere un elemento emozionale per cui si è disposti a pagare.
Questo esempio permette di riflettere su alcuni concetti dell’industria ricettiva contemporanea, ovvero la declinazione degli aspetti emotivi in lughi e forme di design. Il design, si sa, è un linguaggio che parla a differenti utenti in maniera diversa. Per poterlo calibrare in funzione di utenti specifici bisogna capire le specifiche necessità di gruppi di persone, e non solo clienti ma anche degli impiegati delle strutture: se questi sono a proprio agio offriranno un’esperienza di ospitalità migliore. Va tenuto presente che il disegno degli interni di un albergo non è “moda”: le mode sono per loro natura effimere e di breve durata, mentre gli alberghi devono avere un orizzonte temporale, prima di una importante ristrutturazione, di circa circa anni.
Un altro aspetto che sempre più produce valore nelle esperienze è il legame con l’ambito circostante l’immobile (il cosiddetto g-local). Questa non è solo una possibile declinazione dei criteri ESG, ma è un ripensamento applicato, ad esmpio al settore acquisti: il cibo, i prodotti, e anche il personale, quando sono locali aumentano il valore dell’esperienza e riducono l’impronta entropica dell’utente, che più di prima è disposto a pagare per una “carbon footprint” più leggera. Attenzione però che, come è stato detto, “il collare del cane non sia più caro del cane stesso” e ciò a dire che certi accorgimenti a volte possono avere un costo maggiore del valore che creano.
Un esempio interessante del concetto di relazione con il luogo è dato dallo sviluppo degli alberghi della catena Ruby Hotel GmbH in Italia. E’ stato osservato che a Roma è scarso il livello medio di offerta ricettiva e quindi Ruby ha deciso di produrre, in via Nazionale, un albergo a quattro stelle di costo medio, con un concetto multifunzionale basato sulla sovrapposizione degli elementi: nella una struttura di circa 170 camere, la reception è nel bar, e sono eliminati le sale riunioni e il ristorante . La manager dello sviluppo della catena, Catherine Hilt, spiega che fino al 2021 il dilemma era quanto pagare di più per elementi di design, ora è la sfida è come sviluppare un immobile mantenendo il budget ipotizzato all’inizio dell’acquisizione e creare un prodotto che manca in quel mercato.
In altri casi come ad esempio per le strutture della Kerten Hospitality Group, come racconta Theo Bortoluzzi (Business Development Manager, Europe), anch’essa attiva in uno sviluppo nel centro di Roma, l’offerta di servizi cambia in questi ultimi anni: considerando l’aumento del numero di giorni di permanenza degli ospiti ( fonte Savills), nel 2015 a Londra il turista medio stava 2,5 notti, mentre dal 2018 la permanenza media è di 5,2 notti. Ciò implica che, rispetto a prima, i clienti hanno bisogno di spazi per lavorare durante il soggiorno e quindi luoghi di coworking, di cucinare in struttura per non essere sempre fuori a cena, ed infine di continuare a svolgere attività fisica o corsi di yoga per mantenersi in esercizio. In altre parole si osserva una sopravvenienza di richieste diverse in un mercato apparentemente saturo ma dove sono solo alcuni segmenti ad esserlo, mentre altri segmenti sono ancora poco esplorati.
Si passa quindi dalla centralità delle attività operative alla centralità dei bisogni dei clienti. La relazione tra la struttura e il cliente diventa elemento chiave e differenziante, specie se si considera che la qualità della vita è definita dalla qualità delle relazioni e delle esperienze fatte. Se i “millennial” (nati tra il 1980 ed il 1995) hanno visto promuovere l’introduzione del design post-industriale anche nel settore ricettivo, gli utenti della “generazione Z” (1997 – 2013) richiederanno soluzioni ed esperienze diverse e, ad esempio, più spazi privati per poter svolgere riunioni in presenza, forse perché sono ora più abituati ad avere relazioni faccia a faccia tramite videoconferenze o social media (Instagram, FB e TikTok) rispetto a quanto facevano prima i loro genitori tramite le lettere e le email.
In altre parole gli hotel dovrebbero avere un design che abbraccia le funzioni richieste ed in evoluzione , e non che detti le regole. I clienti futuri useranno gli spazi come piacerà loro e non come si può prevedere (e progettare) oggi. Sarà più facile soddisfare i loro bisogni creando spazi flessibili tramite l’offerta di servizi a geometria variabile e l’adozione di soluzioni di design in grado di rimodulare gli spazi. Non quindi mobili disegnati su misura integrati nella struttura. La soluzione: recuperare oggetti locali che abbiano un legame con il territorio e con la storia dei luoghi anche per non ripetere il design di interni identico nelle strutture di differenti nazioni della stessa catena.
Concetti che possono spiegare come, per tornare al primo esempio, il Pater Noster sia arredato con grandi fotografie di artisti contemporanei, ma per il 50% del totale con autentici mobili svedesi del 1800 e 1900.
( a cura di Uberto Visconti di Massino, in esclusiva per www.internews.biz )