di Paola G. Lunghini
Nella community conosce tutti, e lo conoscono tutti . E tutti credono di conoscerlo : errore !
E’ impossibile, credetemi, conoscere bene Pietro Malaspina, che dal 31 dicembre scorso ha lasciato le cariche apicali che ricopriva in Sonae Sierra, dove operava da oltre 15 anni ; e che nel 2014 ha lasciato la presidenza del CNCC-Consiglio Nazionale Centri Commerciali, che deteneva da oltre 12 anni, dopo esserne stato Vicepresidente per oltre un quinquennio .
E’ impossibile perchè Pietro , oggi 77 anni che nessuno gli darebbe, ha cominciato a lavorare da quando di primavere ne aveva 21 ( e quindi fa 56 , un record) ; e perché – umanamente – è un fiume in piena anche ora che da poco più di un mese fa lo pseudo-pensionato. ( Sul suo profilo Linkdin, comunque, c’è già scritto “ Self Employed”, ndr) .
Premesso che io lo frequento da moltissimo tempo ( non ricordo assolutamente in quale azienda stava quando lo incontrai la prima volta) , e siamo buoni amici, ciò premesso dicevo il “ritratto” – pur avendo scritto di lui innumerevoli volte – non glielo avevo mai fatto.
ll “ momento” è arrivato pochi giorni orsono, lui che mi raccontava i dettagli del suo percorso di carriera e di vita, e io che riempivo innumerevoli pagine di appunti. C’ era il sole ( invero un po’ velato) ed era pomeriggio presto allorchè Pietro arrivava all’ appuntamento.
Era buio fondo allorchè si congedava.
Eh, sì, il racconto era stato molto lungo, per una vita quasi da romanzo.
Ecco allora il suo “ ritratto”, e la sua visione di un settore – quello del retail real estate – che pochi in Italia hanno saputo approfondire quanto lui.
Pietro nasce nel 1938 a Milano, dove frequenta con profitto il liceo scientifico. Casualmente , arrivato alla soglia della maturità, viene a sapere che « ci sarebbe la possibilità di trascorrere un anno negli USA» con quella logica di scambio-scuola che allora era quasi una assoluta novità. Anche se papà e mamma vedevano di buon occhio quella fantastica esperienza, « soldi in casa per compierla , però, non ve ne erano a sufficienza. Non restava allora che vincere una Borsa di Studio». Applicandosi un po’ più del solito, il giovane Pietro la Borsa se la guadagna : e così parte per uno dei più prestigiosi istituti superiori d’ America, la “Shady Side Academy”, presso Pittsburgh, Pennsylvania. Ritornato ( entusiasta per quanto ha appreso, e più che fluente in inglese) si iscrive all’ Università : Scienze Politiche, alla Cattolica. Il suo sogno, infatti, è la carriera diplomatica: il fatto di essere perfettamente bilingue italiano- francese , e il nome che porta ( Malaspina di Orezzoli) avrebbero agevolato.
Bilingue perché la madre di Pietro – di origine lombarda – era nata a Metz (nord-est della Francia, capoluogo della regione della Lorena ) , città dove la famiglia si era da tempo trasferita per impiantarvi un’ attività imprenditoriale . Pietro, che d’ ora in avanti chiameremo Pierre come lo chiamava la mamma , impara perciò il francese ancor prima dell’ italiano.
La famiglia del padre, invece, di millenaria nobiltà ma di ormai modesto censo, veniva appunto dal feudo di famiglia, Orezzoli nella Valtrebbia piacentina ai confini con la Liguria; e si era da un paio di generazioni spostata a Milano, dove Malaspina senior aveva avviato, dopo la guerra, una piccola intrapresa nel settore della meccanica di precisione.
Pierre è giovane, e gli piacciono le cose belle: la “paghetta” che gli passa il genitore non gli basta e allora – complice la felice circostanza che la Facoltà non richiede l’ obbligo di frequenza – si cerca un lavoretto. E miracolosamente , grazie alla sua conoscenza delle lingue – lo trova subito. E che lavoro! Viene infatti assunto all’ “ufficio artisti” de La Voce del Padrone, casa discografica tra le più prestigiose non solo in Italia, che ha “ sotto contratto” nomi di valenza internazionale. Pierre ( che nell’ azienda impara « a fare un po’ di tutto» ) ne conosce , in quegli anni, moltissimi : i cantanti Paul Anka, Nat King Cole, Shirley Bassey, Nicola Arigliano, Sergio Bruni, Tony Renis , il Direttore d’ Orchestra Pino Calvi, i jazzisti Intra, Cerri e Gaslini …ma anche il soprano Maria Callas, i tenori Di Stefano e Corelli, il pianista Arturo Benedetti Michelangeli e il violinista Nathan Milstein.
Frequenta come “ inviato speciale” il Maggio Musicale Fiorentino, e i festival della canzone ( Napoli e Sanremo); e diventa un habitué della Scala : «una pacchia» , mi confessa.
Da quell’ esperienza lavorativa la passione per la musica ( che già c’ era) ne esce centuplicata e diventa conoscenza. «Ancor oggi posso passare, e a “poca distanza”» mi dice « dai Pink Floyds a Monteverdi, dal soul alle canzoni napoletane, e dal jazz al Rigoletto».
Nel frattempo, trova anche il tempo per laurearsi. La specializzazione per la carriera diplomatica si avvicina ma…improvvisamente , il padre è colpito da un grave infarto. Oltre al dolore, è l’addio al sogno: occorre dedicarsi alla meccanica di precisione, un’ attività che per nulla gli piace ma nella quale da subito rivela un talento inaspettato per i risvolti commerciali della stessa . Si rende conto, insomma, di essere « portato per vendere». E allora cede la società , ed entra – quasi per caso – in quella dell’amico Roberto Alazraki (che avrebbe poi fondato il primo fondo pensioni privato italiano): il quale , come esponente per l’Italia della IOS, con base in Svizzera – vendeva fondi di investimento, inizialmente alle truppe americane di stanza in Italia… ma subito dopo anche agli italiani che si dimostrano un ottimo target. Pierre ci dà sotto con gli “ atipici” arrivando a guadagnare « cifre folli» . Il castello, però, e subito dopo la quotazione di IOS alla Borsa di Ginevra, si sgonfia sino a crollare . Pierre si ritrova con molti soldi in tasca, ma senza lavoro. Occorre trovarne subito un altro, perché quando si è giovani e si amano le cose belle, il denaro evapora in fretta.
Siamo nel 1970, e i tempi non sono facili. Un bel giorno però lo chiama un signore che aveva conosciuto come cliente , che gli propone l’ assunzione in un settore di cui nulla Pierre sapeva. Ma lui è giovane e ambizioso, e accetta il rischio . E così entra alla Standa (acronimo di Società Anonima Tutti Articoli NazionaliDell’Arredamento e Abbigliamento, allora già di proprietà Montedison) , come “ Assistente Affari Speciali” ed è, al momento dell’assunzione, il più giovane dirigente del Gruppo. Si tratta di andare presso le amministrazioni comunali, strappare loro la possibilità di “ aprire” una Standa nel loro territorio ed ottenere tutte le necessarie autorizzazioni. Insomma, va a “ fare sviluppo”.
Riscuote un buon successo, e soprattutto impara tutto quello che c’è da sapere circa la legislazione sul commercio che, con la legge n°426 dell’11 giugno 1971, vede un vero e proprio ribaltamento di situazione. (La legge di “Disciplina del commercio” aveva recepito in parte le istanze di una maggiore professionalità degli operatori commerciali e di una modernizzazione del settore espresse nei Programmi economici nazionali. Essa manteneva, peraltro, un sistema di regolamentazione strutturale fortemente limitativo del funzionamento del mercato. Le principali innovazioni introdotte dalla legge erano l’istituzione di un Registro degli esercenti il commercio e la connessione del processo di autorizzazione amministrativa alla predisposizione di piani commerciali, cioè all’adozione da parte dei Comuni di linee programmatiche riguardo all’evoluzione della struttura del sistema distributivo, ndr).
Ci resta anni, Pierre, alla Standa : che nel 1975 , attraverso la jv Eurostanda, aveva inaugurato l’ Euromercatodi Paderno Dugnano, nei pressi di Milano, con la collaborazione del gruppo francese Euromarché. «Insomma, la Standa si era messa a fare i centri commerciali» spiega Pierre, con un sorriso «e ricordo l’emozione di ritirare la licenza per il centro commerciale intestata a me!» (L’azienda subì un’altra svolta nel 1988, quando laFininvest di un giovane Silvio Berlusconi acquisì dal gruppo Ferruzzi – Montedison il 70% della Standa, rinominandola “Standa la casa degli italiani”. Seguirono poi altri cambi di pelle, sino alla scomparsa totale del marchio nel 2001, ndr).
A un certo punto del percorso, nel 1982. anche Pierre cambia ancora una volta attività: passa direttamente nella società di servizi immobiliari di Montedison, la Cagisa, come “ responsabile urbanistica” con un focus particolare sulle aree dismesse del Gruppo( « erano una quantità pazzesca, su tutto il territorio»). E davvero è un lavoro da pazzi, anche perchè le irregolarità si sprecavano . L’ attività di Pierre raggiunge la follia negli anni caldi del condono edilizio ( 1984 e 1985) , coordinando tutti gli interventi e le relazioni che i tecnici interni ed esterni (ingegneri, architetti, geometri e periti vari ) rovesciavano sulla sua scrivania. « Mi volevano bene in tanti, a quell’ epoca» commenta ridendo. «Sfido io, distribuivo incarichi come piovesse ! ».
In quel periodo partecipa anche allo start-up del progetto “Montecity”, sulle aree dismesse di Milano Morsenchio, quello che oggi è noto come Santa Giulia…
A fine 1985 viene rimandato in Standa da Montedison, come Direttore Sviluppo in staff alla Presidenza, e riprende l’attività di sviluppo commerciale.
Nel 1987, però, Pierre dice basta anche alla Montedison, e si “mette” nelle televisioni. L’ aveva infatti chiamato Vincenzo Romagnoli, allora “patron” di Bastogi, che stava lanciando il circuito Odeon TV , che intendeva proporsi sul territorio italiano come terzo attore nazionale alle spalle di RAI e Fininvest. Il suo compito era quello di Amministratore Delegato per il coordinamento delle emittenti locali che costituivano il circuito (e che comprendevano nomi storici come Telereporter in Lombardia e Antenna Sud in Puglia), cioè un’ attività assolutamente strategica per il buon fine dell’ operazione . Lui porta a casa i necessari contratti di affiliazione , mentre partiva la raccolta pubblicitaria : «che fu gigantesca, fondata sulla fiducia del mercato nel successo del nuovo circuito», mentre i colleghi della produzione andavano avanti e indietro dagli USA per acquisire il magazzino ( leggi filmati di tutti i tipi) e realizzavano i programmi da mettere in onda.
Purtroppo l’avventura non ebbe buon fine : Bastogi (a cui l’ inziativa faceva capo in JV con Parmalat) bloccò l’ aumento di capitale che doveva servire al finanziamento del progetto Odeon, che entrò in profonda crisi per mancanza di risorse) .
Pierre lascia, e si trova un’ altra volta costretto a cercarsi un altro lavoro. E lo trova come Amministratore Delegato alla Salvarani ( cucine ). Ci resta solo otto mesi, da febbraio a settembre dell’’89 durante i quali impara tutto su elettrodomestici, basi, pensili e laminati; e conosce pure la grande Krizia, che con la Società collaborava come stilista.
Ma tale lavoro non fa per lui , ormai la sua testa è nell’ immobiliare ( in senso lato ) , che ancora real estate non si chiamava. E così quando lo cercano i signori Coin , per guardare al patrimonio del Gruppo, accetta al volo.
In Coin, oltre a occuparsi della rete esistente, fa un’esperienza del tutto nuova: segue «dall’inizio all’apertura» il progetto del nuovo Golf di Lignano Sabbiadoro ( un “ giocattolo” cui Pier Giorgio e Vittorio Coin molto tenevano) e un enorme campo coltivato a soia diviene un 18 buche .
Sarebbe seguita anche una Marina ma, nel frattempo, Pierre era approdato nel 1991 alla Rinascente : come responsabile “ autorizzazioni e sviluppo”. Segue tutte le problematiche autorizzative del Gruppo e una decina di progetti di sviluppo di nuovi centri commerciali (le “Città Mercato”) ; in particolare è “suo” il centro commerciale “ Santa Gilla”, a Cagliari, che recupera uno straordinario edificio industriale dismesso, realizzato da Pier Luigi Nervi per Montedison.
Nel 1996 Rinascente viene ceduta ad Auchan, che si assicura così una massiccia presenza in Italia.
E allora Pierre ( che pur chiamandosi Pierre con i francesi stranamente ha difficoltà a entrare in feeling) fa armi e bagagli , e a fine ‘97 si trasferisce in GS dove -come “Direttore Patrimonio e Sviluppo” e membro del comitato di direzione – deve occuparsi ( finalmente! ) di tutto il real estate
Da tempo, Pierre si dava molto da fare sul fronte associativo, prima in FAID (ora Federdistribuzione) e poi frequentando l’ universo dei centri commerciali raccolto in Italia nel CNCC e, a livello internazionale , nell’ ICSC. La carica di Vicepresidente del capitolo italiano ( CNCC appunto) dell’ enorme network mondiale dell’ International Council lo portava ormai sempre più spesso all’ estero, dove la sua vastissima esperienza del settore, anche in senso manageriale – unita alla vivacità intellettuale, alla conoscenza delle lingue e ai modi di vero gentiluomo – gli faceva guadagnare sempre maggior consenso e visibilità. Alla fine del secolo scorso Pierre viene nominato Presidente del CNCC. E’ in un certo modo quasi una consacrazione, e nel 2000 Pierre pensa seriamente alla pensione. Ormai ha 62 anni, lavora da quando ne aveva 21. E’ giunto il tempo di dedicarsi – oltre che alla guida dell’ associazione italiana – ai suoi favoriti hobby & sport . E’ un lettore vorace e onnivoro. In gioventù ha praticato il rugby e gli sport della montagna ( a sciare ci va ancora oggi, ndr), e per un certo periodo anche corse automobilistiche “ in salita”.
E’ giunto il tempo di viaggiare un po’ di più per leisure e non per lavoro quasi soltanto. Pierre è stato letteralmente in mezzo mondo, e la sue città preferite sono Londra, Boston, San Diego e Lisbona.
E di godersi un po’ di più la famiglia : Chiara, l’ unica figlia, nata nel 1989 è ancora piccola ( oggi ella fa la fotografa, ndr) , ed è bello vederla crescere. Ma…
Ma, nel novembre del 2000 appunto, l’ amico Alvaro Portela, CEO della potente anglo-portoghese società di centri commerciali Sonae Sierra, già attiva in diversi altri Paesi d’ Europa, gli propone di costituire la nuova società in Italia, dove il Gruppo non è ancora presente. Pierre ci pensa un po’ e « Non potevo lasciarmela scappare» afferma. « E così anzicchè andare in pensione, ho preso in mano una “ start up”…» . Che poi ha lanciato e coltivato come Managing Director per una dozzina d’ anni; e giocando negli ultimi tre il ruolo di “ responsabile affari istituzionali” e Consigliere d’ Amministrazione.
Cosa sia oggi Sonae Sierra, nella real estate community italiana, lo sanno tutti. Il Gruppo è presente in 11 Paesi e tre continenti: Portogallo, Algeria, Brasile, Colombia, Germania, Grecia, Italia, Marocco, Romania, Spagna, e Turchia e opera anche in altre aree geografiche attraverso la fornitura di servizi ad alta professionalità. Sonae Sierra è proprietaria di 45 centri commerciali con un valore di mercato di sei miliardi di euro, è responsabile per la gestione e/o il letting di 85 centri commerciali, per una superficie lorda affittabile complessiva pari a 2,4 milioni di metri quadrati e un totale di circa 9.100 affittuari. Nel 2015 i suoi Centri hanno ospitato oltre 440 milioni di visite. Attualmente, Sonae Sierra ha nel mondo sette progetti in fase di development, di cui tre per terze parti, e quattro nuovi progetti in pipeline.
In Italia, Pierre ha seguito tutti gli sviluppi , Biella, Brescia, La Spezia, Venezia, compresi anche quelli dei centri che la Società ha ceduto, in logica di asset rotation, per dedicarsi allo scouting di nuovi progetti .
In questi ultimi anni, nel doppio ruolo di Managing Director di Sonae Sierra in Italia e di Presidente di CNCC , Pierre ha partecipato come Relatore / Chairman a un numero infinito di eventi e convegni ; ha rilasciato centinaia di interviste; e ha personalmente redatto una quantità di articoli e commenti. Il suo pensiero dunque è ben noto ma vale la pena di riprendere alcuni concetti che ben volentieri mi esprime alla fine della nostra lunga conversazione.
Oggi il settore è sotto particolare “osservazione”. In Italia c’è ancora moltissimo da fare , ma mancano i prodotti che possono interessare i tanti investitori internazionale che vivaddio si sono riavvicinati al nostro Paese. E’ cambiata infatti la “ filosofia” , non si acquisisce per il portafoglio, ma pensando all’ “exit” cioè al prodotto “core” che il mercato richiede. Forse sarà proprio questa nuova attitudine a segnare un nuovo positivo cambiamento. I valori si sono adeguati nelle transazioni sull’esistente, ma ormai il prodotto di qualità scarseggia e sullo sviluppo le aspettative di chi propone nuove operazioni sono ancora eccessive. In sintesi, manca l’ alimentazione del “ magazzino” adatto per nuovi deal.
Sul fronte “ retailers” , poi, essi sono divenuti molto più esigenti, non guardano più solo ai canoni più favorevoli, ma sopratutto alla qualità intrinseca delle locations!
I consumatori, poi – complice la crisi – sono diventati più oculati, e questo atteggiamento potrebbe diventare strutturale. L’ alto di gamma deve intercettare il paradigma “ qualità e durata”. Sul fronte opposto, quello del low cost, i risultati premiano coloro che sanno sviluppare una strategia davvero “ price aggressive” ma con un contenuto di gratificazione del cliente che vada oltre la semplice soddisfazione di un bisogno.
Chi sviluppa centri commerciali, o più in generale “shopping venues”, deve imparare a riscoprire i “ fondamentali”, e cercare di capire la “ domanda inespressa” dello specifico mercato di riferimento. In sintesi occorre investire molto di più che in passato nella ricerca : il mercato non perdona più gli errori.
Il discorso si è fatto “impegnativo” e, allora – per rilassarci – parliamo un po’ di gatti, anzi, della gattina “nuova” e cucciola, che è diventata presto la vera padrona di casa : Pierre è, come me, molto “ gattolico” …Poi, improvvisamente, gli pongo l ‘ ultima domanda:
-Qual’ è il tuo “ francobollo”, la cosa più bella che hai avuto dalla vita?
La risposta arriva immediata ( e bellissima):
-Mia moglie. Che con infinita pazienza mi è accanto da 39 anni, anche se – per motivi di lavoro – l’ ho lasciata troppo spesso tanto sola. E poi tutte le persone che hanno lavorato con me, a cui devo il successo che ho avuto nella mia attività.