di Gerardo Biancofiore, Presidente Ance Puglia
La recente recrudescenza del fenomeno criminale in Puglia, e in particolare nella provincia di Foggia, ripropongono il drammatico problema della violenza e del degrado urbano. E’ una questione che non può essere affrontata soltanto in chiave repressiva, con un potenziamento e una razionalizzazione delle forze dell’ordine. Si deve agire in primo luogo con la prevenzione. Che è parola che può significare tutto e niente. Abbiamo cercato di declinarla, in ambito Ance, promuovendo e partecipando attivamente alla definizione di protocolli d’intesa finalizzati ad assicurare la sicurezza dei cantieri e a impedire l’insinuarsi nel sistema degli appalti di soggetti e realtà di dubbia provenienza.
Ma la prevenzione, in un’epoca in cui a competere sono i sistemi territoriali più che le singole imprese, significa anche promuovere lo sviluppo del foggiano e dell’intera regione.
La volontà politica, in tal senso, è conditio sine qua non di qualsivoglia strategia di rinascita sociale ed economica, come ricorda la lezione di Paolo Borsellino: politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo.
La precondizione dello sviluppo resta la legalità. Ed è sulla base di questa consapevolezza che, come mondo associativo, cerchiamo a ogni livello il confronto e il raccordo con le istituzioni preposte, anche e soprattutto per assicurare i meccanismi di una crescita sana e trasparente dell’economia locale.
I dati riportati in un’indagine Ance pubblicizzata pochi giorni orsono ci dicono in maniera inequivocabile quale sia l’altra faccia del problema economico e sociale pugliese. La Puglia occupa il 233° posto su 263 regioni europee nella classifica della competitività. E’ al 171° posto per dotazione infrastrutturale. E la provincia di Foggia ha una situazione ancora più critica, occupando l’ultimo posto in ambito regionale. Una condizione che penalizza inevitabilmente l’attività economica.
La Puglia, tuttavia, è anche la regione che dispone in prospettiva delle maggiori risorse per l’attuazione di una politica di coesione. Risultano programmati circa 10 miliardi di euro, tra Fesr, Fse e Fondo sviluppo e coesione.
Sono risorse ingenti, che non devono sostituirsi come in passato, ma aggiungersi, alla spesa ordinaria dello Stato. In tal senso, è auspicabile che quest’ultima si allinei percentualmente alla popolazione residente, a partire dall’attuazione di quanto disposto nel decreto Sud per la spesa ministeriale, che dovrebbe salire dunque al 34%, rispetto a una media degli ultimi anni di circa il 28%.
Ma, al di là dell’articolazione e dalla consistenza complessiva dei finanziamenti, è necessaria una svolta radicale nella capacità di gestione politico istituzionale e amministrativa di questi flussi di risorse.
Bisogna tornare a utilizzare la leva degli investimenti pubblici. In sei anni, tra 2010 e 2016, sono calati di oltre un quarto!
Nel 2016, in Puglia, l’importo totale relativo ai bandi di gara per lavori pubblici si è ridotto a un terzo rispetto ai valori 2015: da 1690 a 679 milioni di euro. Non vi è stato alcun bando emanato il cui importo abbia superato i 50 milioni!
Alla lentezza con la quale si è avviato il muovo ciclo di programmazione dei fondi europei 2014-2020 si sono aggiunte le difficoltà originate dal Codice degli appalti.
Vi è un problema di normative da rivedere, come è stato per il Codice, modificato da un decreto correttivo nel 2017, ma, nel caso specifico della regione, vi sono anche esigenze ineludibili di migliorare la capacità di progettazione e l’efficienza delle strutture amministrative, a cominciare da quelle municipali. Nel 2016 la spesa per investimenti dei comuni pugliesi, dopo un’impennata dovuta alla conclusione del vecchio ciclo di fondi strutturali, è subito tornata ai livelli 2014, anche per l’incapacità degli enti locali di mettere in atto efficacemente le nuove regole di finanza pubblica.
E’ auspicabile che soprattutto i piccoli comuni sotto i quindicimila abitanti comincino a utilizzare uno strumento come il fondo rotativo per la progettazione degli enti locali, che ha una dotazione pluriennale di 20 milioni.
In un contesto del genere, purtroppo, al soggetto promotore della crescita per antonomasia, ovvero l’impresa, è impedito di esplicare al meglio il proprio ruolo.
Il settore delle costruzioni potrebbe rappresentare un volano per la crescita. Una domanda aggiuntiva di un miliardo nel comparto genera una ricaduta complessiva sull’intero sistema economico di oltre 3 miliardi e mezzo e la creazione di più di 15.500 unità di lavoro.
E’ una risorsa straordinaria, continuare a trascurarne le potenzialità per lo sviluppo del territorio significa frustrare le aspettative di riscatto di un’area. Come sistema associativo chiediamo di poter dialogare incisivamente con le istituzioni a ogni livello. Sia per veicolare le proposte del sistema produttivo, sia per dare un senso a concetti come programmazione, rispetto dei tempi, cronoprogramma dei singoli interventi.
La Puglia ha tutte le carte in regola per poter recuperare posizioni e riproporre con successo una vocazione imprenditoriale di lunga data, coniugandola con le nuove direttrici dettate dall’innovazione tecnologica. Ora diventa decisivo il ruolo della politica. Come Ance continueremo a insistere con il governo regionale perché si realizzino compiutamente le infrastrutture utili e sostenibili del patto per la Puglia. Riuscire nell’intento sarebbe una vittoria dei territori pugliesi, della Puglia e dell’intero Paese.
(Pubblicata il 12 agosto 2017 da Il Sole 24 Ore )