“Il tema della perequazione delle basi imponibili rispetto ai valori di mercato rappresenta il requisito minimo per un sistema impositivo coerente”, dichiara Luca Dondi ,Direttore Generale diNomisma.
“L’utilizzo delle banche dati di cui oggi si discute può rappresentare un utile elemento di partenza ma suggerirei cautela nell’adesione cieca ad un unico riferimento pubblico, in ragione del processo (non ancora completato) di affinamento di quello strumento.
Emergono infatti alcune distorsioni a livello territoriale (soprattutto nelle periferie e nei comuni minori) che rischierebbero di minare alla base la credibilità del nuovo impianto.
Altrettanta cautela è raccomandabile con riferimento alla capacità di differenziazione dei valori in funzione delle caratteristiche delle singole unità immobiliari. Non meno problematica appare nei fatti la transizione da un riferimento catastale basato sui vani ad uno imperniato sull’effettiva superficie dei cespiti.
Se non vi sono dubbi sull’opportunità del cambiamento, appare altrettanto evidente la complessità del processo attuativo, sia dal punto di vista pratico che da quello teorico (computo e peso delle superfici accessorie).
E’ quindi evidente la necessità di una dovuta gradualità e sperimentalità in modo da consentire continui interventi di affinamento che si renderanno necessari. L’eventuale mancata previsione di una fase sperimentale sarà inevitabilmente foriera di ricorsi e affannose retromarce.
Al proposito, l’esperienza maturata in questi anni mi induce ad avanzare una proposta.
Una volta stabilita la nuova base di partenza in termini di valori si potrebbe – sulla scorta della recente tendenza delle banche all’esternalizzazione dei servizi peritali – consentire una revisione (a richiesta del proprietario) del “classamento” di valore scaturito dall’algoritmo, facendo ricorso ad un servizio peritale precedentemente convenzionato a livello nazionale con procedura ad evidenza pubblica.
Questo sistema imporrebbe il coinvolgimento di una pluralità di soggetti convenzionati di indubbia e comprovata affidabilità. Il costo sostenuto dal proprietario (non superiore ai 180 Euro) potrebbe dare luogo ad un credito di imposta (eventualmente spalmabile in caso di incapienza) solo nel caso in cui l’esito dovesse risultare di favore per il soggetto richiedente. La definizione delle nuove aliquote d’imposta dovrebbe tenere conto della stima del maggiore costo risultante dalle verifiche. Le verifiche andrebbero così ad alimentare il sistema di calcolo delle basi imponibili degli anni successivi. Si tratta di uno strumento in grado di sbloccare l’attuale impasse, senza che questo comporti l’adesione cieca a valori di mercato tutt’altro che universalmente affidabili. Da un’evidente inadeguatezza si potrebbero creare le condizioni per la definizione di un sistema informativo utile non soltanto ai fini impositivi.”, conclude Dondi.