Il Gruppo Gabetti e Homers, società benefit che si occupa della progettazione e della realizzazione di co-housing, stanno collaborando a una ricerca il cui obiettivo è l’analisi delle potenzialità del mercato dell’abitare condiviso, il cosiddetto co-housing.
Il co-housing, secondo la definizione proposta da Homers, è un modello abitativo costituito da alloggi a uso privato indipendenti e autonomi, con in più spazi a uso collettivo e con la presenza attiva di una comunità intenzionale di abitanti – i co-houser – che si riuniscono con lo scopo di creare una realtà comunitaria che garantisca loro una migliore qualità di vita.
Tale fenomeno è già molto sviluppato in Europa, specialmente al nord: in Danimarca e in Svezia tra l’1e il 2% della popolazione vive in cohousing. Un potenziale enorme dunque, anche in termini di obiettivi di sviluppo sostenibile e rigenerazione urbana: si pensi solo che, se i co-houser italiani diventassero l’1% della popolazione, questo significherebbe ristrutturare più di 130.000 edifici.
In Italia nel 2022 sono 28 i progetti di questo tipo, localizzati tutti nel nord del Paese, di cui 21 di iniziativa privata e disponibili sul libero mercato: questi ultimi rappresentano il campione oggetto dello studio edito da Gabetti e Homers.
Le analisi condotte sono utili a immaginare i caratteri di un prodotto innovativo fortemente rispondente alla domanda di mercato, una vera e propria nuova asset class.
Lo studio mostra infatti come il cohousing risponda alle criticità che attraversano la società contemporanea, soddisfando sia le esigenze di socialità legate alla crescente percezione di solitudine abitativa, sia le esigenze spaziali. Con il co-housing è infatti possibile disporre di ambienti extra e di qualità grazie alla redistribuzione dei costi di acquisto delle aree comuni, con un prezzo medio registrato nel campione in esame di 2.350 €/mq.
La città dove si riscontra la maggior concentrazione di co-housing è Milano: 6 sviluppi immobiliari per un totale di 324 unità abitative private e oltre 2000 mq di aree comuni. Questi spazi sono frutto di un percorso di co-progettazione, come la maggior parte dei progetti presi in esame, a dimostrazione del fatto che chi sceglie questa tipologia abitativa adotta un modello collaborativo sin dalla concezione di quelli che saranno gli ambienti da condividere con i propri vicini di casa, con un grado di personalizzazione del prodotto superiore agli standard di mercato.
Il caso di Milano riflette, per tanti aspetti, il profilo nazionale dei progetti di co-housing: si tratta infatti di edifici sostenibili con alte prestazioni energetiche sia di nuova costruzione sia di recupero (come borghi o cascine) abitati da comunità multigenerazionali. Sebbene l’estensione degli interventi sia molto variegata – passiamo da complessi di oltre 100 unità a piccole realtà di 5 – la superficie media degli alloggi risulta essere sempre intorno ai 100 mq e il taglio più diffuso è quello del trilocale.
Se a Milano la media degli spazi comuni è di circa 400 mq per intervento, la media nazionale raggiunge i 750 mq. L’incidenza di questi spazi sulla superficie totale è decisamente alta (il rapporto è di quasi uno a tre): si tratta sia di spazi coperti come laboratori per il bricolage, cucine attrezzate, sale comuni, spazi dedicati ai bambini e ragazzi, depositi e foresterie, sia di spazi scoperti come terrazze, giardini e orti. Questo dato è di forte interesse in quanto, più della metà degli italiani ritiene essenziale per la propria casa la presenza di un giardino o di un terrazzo.
Fonte : Nota congiunta