Il nuovo decennio si apre con il 53% dei CEO che prevede una riduzione del tasso di crescita economica nel 2020. Un dato in aumento rispetto al 29% del 2019 e al 5% del 2018. Il numero di CEO che prevedono un aumento del tasso di crescita economica si è ridotto dal 42% del 2019 al 22%. Questi sono alcuni dei dati principali che emergono dalla 23a ricerca condotta da PwC su circa 1.600 CEO in 83 Paesi del mondo e presentata il 20 gennaio all’incontro annuale del “World Economic Forum” di Davos (Svizzera).
“Non sorprende che la fiducia nella crescita economica si sia ridotta se si considerano le incertezze relative alle tensioni commerciali e al contesto geopolitico”, sottolinea Alessandro Grandinetti, Markets & Clients Leader di PwC Italia, confermando già quanto affermato da Bob Moritz, Global Chairman di PwC. “Le sfide dell’economia globale non sono nuove, ma la velocità alla quale procedono non ha precedenti. Ci sono ancora opportunità concrete nei singoli contesti locali e considerando il know-how ed il posizionamento competitivo nel proprio mercato acquisito nel corso dell’ultimo decennio in un contesto complesso e diversificato, i CEO sono confidenti sulla possibilità di poter governare il rallentamento economico e continuare a crescere”.
I CEO sono molto meno ottimisti per quanto riguarda le prospettive delle loro aziende per l’anno in corso, con solamente il 27% degli intervistati che afferma di essere “molto fiducioso” nella crescita delle loro attività nei prossimi 12 mesi, in calo rispetto al 35% dello scorso anno.
Esiste una marcata differenziazione tra paese e paese, con la Cina e l’India che riportano i livelli più elevati di fiducia tra le principali economie e registrano rispettivamente un 45% e un 40%, seguite da USA (36%), Canada (27%), Regno Unito (26%), Germania (20%) e Francia (18%). Il livello più basso di ottimismo si registra in Giappone (11%). “Questa differenziazione spiega anche la posizione dei CEO di diversi paesi, tra i quali l’Italia” sottolinea Grandinetti.
Analizzando le previsioni dei CEO dal 2008 è emersa una stretta correlazione tra la fiducia dei CEO nella crescita dei ricavi per i 12 mesi successivi, quindi la crescita globale potrebbe scendere al 2,4% nel 2020, disattendendo diverse previsioni, tra cui quella del FMI che nel rapporto di ottobre aveva previsto una crescita del 3,4%.
Gli USA conservano il ruolo di leader principale anche se i conflitti commerciali e le tensioni politiche hanno tuttavia minato seriamente l’attrattiva che esercitavano da parte dei CEO in Cina (dal 59% del 2018 all’ 11%).
Gli altri Paesi che rientrano tra i cinque mercati che presentano maggiori opportunità di crescita sono invariati rispetto allo scorso anno: Germania (13%), India (9%) e Regno Unito (9%). Per quest’ultimo il risultato è significativo, considerando le incertezze generate dalla Brexit.
L’incertezza sulla crescita economica è balzata dal dodicesimo al terzo posto, dietro soltanto ai conflitti commerciali e alla costante regolamentazione eccessiva, nuovamente impostasi come preoccupazione numero uno per i CEO.
I CEO di tutto il mondo esprimono preoccupazione per l’eccessiva regolamentazione, ma si attendono anche significative modifiche normative nel settore della tecnologia. I CEO auspicano che i governi introdurranno una nuova normativa per disciplinare i contenuti di internet e dei social media per regolamentare il dominio delle società tech. Il 51% dei CEO si aspetta che i governi obbligheranno, in misura sempre maggiore, il settore privato a indennizzare le persone per i dati personali raccolti.
La carenza di competenze chiave rimane una significativa minaccia alla crescita. I CEO ritengono il processo di upskilling il modo migliore per colmare il gap in termini di competenze richieste dal mercato. Tuttavia, soltanto il 18% dichiara di avere compiuto “significativi progressi” nell’implementazione di un programma dedicato. Un’opinione confermata anche dai lavoratori. In un’altra ricerca di PwC, il 77% dei lavoratori nel mondo, ovvero 22.000 persone, dichiara che vorrebbe acquisire nuove competenze e soltanto il 33% ritiene che gli sia stata data l’opportunità di sviluppare competenze digitali al di fuori delle proprie mansioni ordinarie.
“L’upskilling è tra i temi centrali dell’agenda dei CEO. I leader aziendali, i formatori e i governi devono collaborare per garantire che le persone di tutto il mondo siano coinvolte in attività formative che tengano conto di una workforce sempre più stratificata per età anagrafica, cultura e diversità. Quello dei leader è un ruolo chiave. Anche se nutrono preoccupazione per il futuro incerto, le persone vogliono sviluppare le proprie skills nell’era digitale e sono quindi alla ricerca di leader che offrano un percorso di sviluppo all’insegna della fiducia nel lungo periodo” ha aggiunto Grandinetti.
I CEO esprimono un crescente apprezzamento circa i vantaggi derivanti dalle iniziative volte a ridurre le emissioni di anidride carbonica. In dieci anni è raddoppiato il numero dei CEO che si dichiara “fortemente d’accordo” sul fatto che investire in iniziative per contrastare il cambiamento climatico possa accrescere il vantaggio reputazionale (30% nel 2020 rispetto al 16% nel 2010) e il 25% dei CEO ritiene che tali iniziative possano offrire nuove opportunità alla propria impresa in termini di prodotti e servizi rispetto al 13% del 2010.
Se gli USA e il Regno Unito hanno mantenuto invariata la loro opinione, nel 2010 soltanto il 2% dei CEO in Cina riteneva il cambiamento climatico una leva per nuove opportunità, nel 2020 questa percentuale è salita al 47%.
In Italia
I CEO italiani continuano ad avere fiducia sulle prospettive delle loro aziende a 3 anni (90%), in misura crescente rispetto al 2019 (84%) e su livelli comparabili a quelli degli altri grandi paesi industrializzati a livello mondiale. Il dato della fiducia a 12 mesi è invece in leggera diminuzione (68% contro il 70% del 2019) influenzato dal clima di tensione dell’ultimo periodo. Nicola Anzivino, Partner di PwC Italia, commenta: “Le risposte ricevute sono confortanti, chiaramente evidenziano una significativa resilienza del tessuto produttivo italiano; siamo ancora industrialmente sani e capaci di affrontare le incertezze macroeconomiche e geopolitiche attese per il 2020 e per gli anni successivi, puntando a nuovi investimenti orientati soprattutto a digitalizzare gli ambiti produttivi e rendere i nostri prodotti ad alto contenuto tecnologico”.
Il 32% dei CEO italiani dichiara di star facendo fronte alle recenti sfide orientando le proprie strategie di crescita verso aree geografiche alternative, un livello più alto rispetto alla media globale del 26%. Anzivino commenta: “I CEO italiani stanno cercando di ridurre la propria dipendenza industriale dai partner europei guardando anche ad altre aree del mondo, con strumenti di internazionalizzazione più ampi e sofisticati del passato quali JVs e alleanze strategiche. La vocazione internazionale delle aziende italiane continuerà anche nel futuro ad essere un elemento distintivo e di valore aggiunto del nostro sistema produttivo”.
In un contesto complesso ed incerto come quello delineato, i CEO italiani stanno pianificando le medesime strategie di risposta registrate a livello globale, puntando in particolar modo su un aumento dell’efficienza operativa (Italia 65%, Mondo 77%), della crescita organica (Italia 50%, Mondo 70%) e sul lancio di nuovi prodotti (Italia 42%, Mondo 60%).
I CEO italiani continuano inoltre a guardare con interesse allo sviluppo tramite alleanze strategiche o JVs per assicurarsi un percorso di crescita soprattutto internazionale (40% nel
2020, in crescita rispetto all’anno precedente che era pari al 28%); su questo tema, a livello mondiale, si registra invece una leggera flessione di due punti percentuali (38% contro il 40% per il 2019). Stanno diventando più aggressivi che in passato nella ricerca di opportunità di collaborazione a 360 gradi con partner esteri. In tale contesto, rimane molto significativa la volontà di valorizzare il proprio Know How operativo ed industriale su mercati alternativi, con un’offerta ben focalizzata alle esigenze locali.
Anzivino ha commentato: “Le minacce informatiche sono tra i temi di maggior attenzione per i CEO italiani. Nonostante questo, l’action plan non è ancora chiaro e non sembra esistere ancora una roadmap, nel medio termine, per definire gli investimenti necessari per affrontare il tema e trasformare la sicurezza informatica in elemento distintivo della propria cultura e della value proposition aziendale”.
PwC ha intervistato 1.581 CEO di 83 paesi tra settembre e ottobre 2019. Il campione è stato ponderato in base al PIL nazionale per garantire che le opinioni dei CEO di tutte le principali regioni potessero avere un’equa rappresentazione. Il 7% delle interviste è stato condotto telefonicamente, l’88% online e il 5% via posta o faccia a faccia. Tutte le interviste quantitative sono state condotte nel rispetto della riservatezza. Il 46% delle aziende riporta $1 miliardo o più di ricavi, il 35% ha ricavi tra $100 milioni e $1 miliardo e il 15% dichiara ricavi fino a $100 milioni. Il 55% delle aziende è privata.
Fonte : PwC