A seguito della pronuncia del TAR che ha sollevato il tema della eventuale incostituzionalità del nuovo art. 40bis della L.R. 12/2005, come modificato dalla L.R. 18/2019 (che dispone premialità di vario tipo per il recupero di immobili abbandonati difformemente dal Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano) il Presidente Nazionale di ASPESI Federico Filippo Oriana ha commentato:
“Premetto che tutti i provvedimenti giudiziari, ordinatori o definitivi, vanno rispettati formalmente e sostanzialmente. Per comprendere l’odierna Ordinanza del TAR Lombardia vanno, tuttavia, formulate delle precisazioni.
La prima decisione del TAR che si legge nella ridetta Ordinanza è la smentita della tesi avanzata in principalità dal Comune di Milano secondo la quale il regime del PGT di Milano (art.11 delle NdA) sarebbe perfettamente compatibile con la nuova normativa regionale (art.40bis l.r.12/2005, come modificata dalla l.r. 18/2019). Con questa tesi il Comune di Milano tentava di normare autonomamente la materia del recupero degli edifici dismessi in modo diverso dalla legislazione regionale. Bene ha fatto, quindi, il TAR a ribadire la gerarchia delle fonti che vede prevalere la norma regionale su quella locale.
Nessun commento posso, invece, formulare sulla questione tecnico-giuridica della costituzionalità del regime previsto dalla l.r. 18/19 sulla quale occorrerà attendere rispettosamente la pronuncia della Corte Costituzionale, organismo di chiusura del nostro sistema giuridico ed “esclusivista” della costituzionalità o meno di una norma di legge.
In qualunque modo la Corte si atteggerà sulla questione postale dal TAR Lombardia -ossia pro o contro la costituzionalità della nuova normativa regionale- va però sottolineata la positività economico-produttiva della norma impugnata e delle sue finalità, quanto a queste ultime riconosciuta dalla stessa Ordinanza. Il fatto è che -lo dico in particolare per i cittadini non addetti ai lavori che potrebbero essere disorientati da questi pasticci giuridici- il recupero di un sito dismesso è più costoso di un intervento su terreno verde a causa di bonifiche e demolizioni da effettuare quasi sempre. Perché, quindi, un operatore come i nostri possa decidere di realizzarlo occorrono degli incentivi senza i quali i conti non tornerebbero, come ormai riconosce anche la miglior cultura urbanistica ed architettonica. ASPESI non rappresenta le proprietà -in genere famiglie private che sono nostre controparti-, ma gli investitori-operatori che devono decidere se realizzare o meno un recupero. E l’esperienza fatta con il nostro servizio dedicato MIRIAD ci ha detto che la prospettiva degli incentivi regionali non ha aumentato (a nostro danno) i prezzi delle aree in vendita, ma solo reso possibili alcuni interventi che senza le misure premiali della l.r. 18 sarebbero rimasti lì dove da tempo erano, senza nessuno interessato a fare l’operazione immobiliare. Per questo, in qualsiasi modo decida la Corte Costituzionale, se il Comune e soprattutto i milanesi vorranno il recupero dei circa 200 siti dismessi a Milano (un numero enorme se rapportato alla dimensione di 184 kmq della città, in pratica più di un “buco nero” ogni chilometro quadrato) occorrerà comunque che esistano delle premialità concrete e molto consistenti senza le quali non si avvierà sicuramente un processo virtuoso ed importante di rigenerazione urbana di Milano.
Un’ultima considerazione. Noi abbiamo sempre pensato che il recupero significhi minor consumo di suolo. L’Ordinanza del TAR su questo punto -per la verità più politico-economico che giuridico- prospetta sorprendentemente una posizione opposta. Per dare un senso a una tesi che apparentemente non ce l’ha, si può solo pensare che il TAR ritenga che i siti dismessi dovrebbero essere recuperati solo in parte per diminuire le superfici costruite nel territorio comunale, ad esempio, di Milano. Mentre noi e i nostri architetti pensiamo che -posto il bisogno crescente di contenitori indotto dallo sviluppo economica e demografico di Milano- risparmio di suolo significhi non costruire su greenfield (terreno vergine), ma su brownfield (aree già antropizzate). Queste due visioni sono assolutamente opposte e inconciliabili tra loro e ci permettiamo di pensare che la decisione su quale delle due debba prevalere in una determinata città in un particolare momento storico non sia compito della Giustizia, bensì della Politica, ossia della Democrazia. E perché i cittadini possano decidere consapevolmente, tramite i loro rappresentanti, devono sapere che nel caso Milano adottasse, legittimamente, la prima strada -quella del non costruire, giustamente, sul greenfield ma nemmeno recuperare integralmente le aree dismesse- si fermebbero contemporaneamente sviluppo economico e disponibilità di nuove abitazioni. Quindi la crescita urbana del principale motore della Nazione”.
Fonte : ASPESI