di Nicola Pacini, Project Leader Drees & Sommer
Il settore immobiliare sta vivendo in Italia una fase di grande rinnovamento, ma gli strumenti che guidano i processi di sviluppo, a partire dai contratti di appalto e per i servizi professionali, stentano ad adeguarsi. E’ necessario un ribaltamento di prospettiva che escluda logiche conflittuali nei rapporti tra committenti, progettisti e imprese, che elimini dal vocabolario il termine “controparte” e proponga schemi collaborativi e trasparenti. Il ricorso a contratti di partnering, come ad esempio l’Integrated Project Delivery (IPD), soprattutto se abbinato al Cost+Fee, al BIM e alla gestione Agile/Lean, permette la condivisione delle conoscenze tecniche, la programmazione efficace delle tempistiche e l’ottimizzazione delle risorse economiche. Questo approccio presuppone una condizione di fiducia che incontra inevitabilmente alcune resistenze: elementi come la diffidenza dei committenti nei confronti delle imprese di costruzioni, la perdita di centralità dei progettisti, la reticenza delle imprese nel garantire la trasparenza della contabilità con fornitori e subappaltatori, frenano qualunque slancio innovativo. E’ tempo di compiere uno sforzo comune per superare questi ostacoli.
Se le parole sono importanti, il termine controparte dovrebbe essere eliminato dal vocabolario del mondo del progetto e delle costruzioni.
Come altri processi complessi (la produzione di un film o l’esecuzione di una sinfonia), la realizzazione di un’opera immobiliare richiede la partecipazione attiva di un grande numero di persone con ruoli diversi, chiamate a lavorare insieme in stretto coordinamento. Nel nostro caso le persone coinvolte appartengono, semplificando, a tre gruppi principali: la committenza, i progettisti e l’impresa di costruzioni. Gli interessi di questi attori non sono perfettamente coincidenti ma convergono su un obiettivo comune, il successo dell’operazione che devono realizzare insieme utilizzando al meglio le forze in campo. L’idea che questo processo comporti a priori dinamiche conflittuali è un grande equivoco che dobbiamo semplicemente superare. Dovremmo considerare il litigio per quello che è, un’attività che consuma tempo e risorse, un’eccezione, uno scenario da evitare fino a quando non diventi davvero imprescindibile. La condizione naturale, la regola, dovrebbe essere lo spirito collaborativo.
E’ importante quindi effettuare un ribaltamento di prospettiva ed esplorare formule capaci di arginare la conflittualità e incoraggiare la collaborazione. Queste formule possono essere riassunte in un’unica parola che le rappresenta tutte: partnering.
Il partnering non è una tipologia di contratto ma uno schema che permette diverse forme di accordo, accomunate dai principi di trasparenza, efficienza e – appunto – collaborazione tra le parti.
Secondo una fortunata definizione dell’European Construction Institute (ECI), il “partnering è un approccio manageriale utilizzato da due o più organizzazioni per raggiungere obiettivi aziendali
specifici massimizzando l’efficacia delle risorse di ciascun partecipante. L’approccio si basa su obiettivi comuni, su un metodo concordato di risoluzione dei problemi e sulla ricerca attiva di miglioramenti continui e misurabili.” (ECI, 2008)
La sua applicazione prevede opzioni contrattuali più o meno complesse e impegnative, che possono essere sinteticamente riassunte in 3 tipologie.
Project Alliance: creazione di una società di scopo con la partecipazione paritaria di committenza, progettista e impresa, dedicata allo sviluppo del progetto fino alla consegna.
Project Partnering Contract (PPC): stipula di un unico contratto multi-parti che vincola committenza, progettista e impresa dalle prime fasi dell’operazione.
Integrated Project Delivery (IPD): costituzione di un team di progetto che mette insieme committenza, progettista e impresa, nel rispetto dei ruoli di ciascuno.
Per essere efficaci, tutte queste forme di accordo devono essere realizzate precocemente, all’inizio dello sviluppo del progetto. I vantaggi sono evidenti. La trasparenza del processo garantisce al committente l’individuazione anticipata dei rischi e la possibilità di risolverli tempestivamente. L’apporto tecnico dell’impresa con il suo know how e la conoscenza del mercato permette l’ottimizzazione economica delle scelte preliminari, lo sviluppo di value engineering risolutivi in un momento in cui il fattore tempo non è ancora critico, l’apertura a soluzioni innovative e di produzione off-site capaci di accorciare i tempi e migliorare la qualità. Con la creazione di un tavolo comune di lavoro, il progettista può ritrovare in modo naturale il ruolo centrale che gli compete e assicurare lo sviluppo coerente dell’intero processo.
I presupposti necessari di questo approccio rappresentano forse l’aspetto più delicato.
Il primo presupposto, quello fondamentale, è la fiducia reciproca. Per potersi fidare il committente deve essere in grado di selezionare i suoi partner sulla base di criteri rigorosi, in una fase in cui non solo l’oggetto (l’opera edilizia da realizzare) ma anche la sua descrizione (il progetto) non sono ancora disponibili. Questi criteri devono basarsi sulla valutazione, appunto, della piena affidabilità del progettista o dell’impresa in termini qualitativi, economici e di processo. In altre parole, per essere funzionale al raggiungimento degli obiettivi la fiducia non va intesa come atto di fede ma come scelta consapevole.
Il secondo presupposto è diretta conseguenza del primo. Gli accordi di partnering possono sviluppare la loro piena potenzialità solo se affiancati da gestione open-book di contratti d’appalto cost+fee con prezzo massimo garantito (GMP) e target price. Pensare di applicare formule tradizionali con aggiudicazione dei lavori al miglior offerente sulla base di un pacchetto di gara,
anche con soluzioni design & build, significa snaturare il processo e in ultima analisi svuotarlo di contenuto.
Il terzo presupposto è la capacità di garantire la gestione efficace di un processo inevitabilmente più elaborato rispetto agli schemi tradizionali. E’ quindi decisivo il ruolo del project management con l’applicazione di principi agile e lean che meglio si adattano alle dinamiche tipiche del partnering. In questo senso metodi di gestione specifici come il Lean Construction Management
(LCM®), finalizzato alla programmazione e al monitoraggio di tutte le attività di produzione, dalla progettazione alla costruzione, sono essenziali per guidare l’operazione.
Infine, il rispetto tra le parti coinvolte e il riconoscimento dei ruoli dei diversi attori non deve mai venire meno per tutta la durata del progetto.
In Italia fino a questo momento i progetti integralmente sviluppati secondo schemi di partnering sono stati relativamente poco numerosi, a dispetto dei vantaggi innegabili che comportano anche alla luce delle più recenti evoluzioni del mercato. La causa di questa limitazione può essere individuata nella sostanziale mancanza del primo fondamentale presupposto, la fiducia. La diffidenza che normalmente governa i rapporti tra committenza, progettista e impresa rappresenta l’ostacolo principale allo sviluppo di queste dinamiche virtuose.
E’ tempo di superare la diffidenza facendo chiarezza sui reali contenuti dell’approccio di partnering e applicando progressivamente questi principi. Se nei prossimi anni saremo in grado di moltiplicare le esperienze positive in questo campo, qualunque incertezza sarà destinata a sparire.
Drees & Sommer è un’azienda leader in Europa per la consulenza, la pianificazione e la gestione di progetti in tutti gli ambiti del settore immobiliare e delle infrastrutture, affiancando proprietari e investitori internazionali, sia del settore pubblico che privato.
Ha alle spalle un’expertise di oltre 50 anni, offrendo un’ampia gamma di servizi, dal Project Management allo sviluppo di processi strategici in ambito Real Estate, infrastrutturale e urbanistico.
Un forte network di sedi capillarmente presenti a livello paneuropeo, e un team dalle competenze multidisciplinari supportano il cliente con soluzioni personalizzate, su misura.
Con un organico di oltre 4.500 collaboratori e 51 uffici in tutto il mondo, Drees & Sommer ha raggiunto nel 2021 un fatturato di 574,5 milioni di euro.
Fonte : Company