11-13 febbraio 2012
di Paola G. Lunghini
Da quest’ anno, in Qatar, il 14 febbraio non è stato – come in tutto il
resto del mondo – la festa degli innamorati.
No.
Per la prima volta nella storia del Paese, è stato il “National Sports
Day”, festa nazionale, e quindi tutto chiuso: pubblici uffici, banche
etc. Tutti sotto allora, grandi e piccini, a praticare sport nei già
numerosissimi impianti sportivi dedicati agli sport maggiori, ma anche
in quelli riservati al volleyball, alla bicicletta, al karate, alla
ginnastica outdoor etc. E sarà così sino al 2022, e forse anche oltre.
Lo ha deciso per decreto Sua Altezza Reale (in inglese HH, His Highness)
Sceicco Hamad Bin Khalifa Al-Thani, Emiro del Qatar, con la ispirata
visione, la solida fede e la saggia leadership che caratterizzano tutto
ciò che egli fa per il suo popolo, che tanto egli ama, e che tanto lo
ama .
In realtà, il verbo amare appare, nella seconda parte della frase sopra,
limitativo. Diciamo che lo adora, toh. Il ritratto dell’Emiro, infatti,
è ovunque, negli edifici pubblici e privati, nei negozi, nei ristoranti,
e per le strade, spesso in compagnia del figliolo Principe ereditario
Tamim bin Hamad Al-Thani, 32 anni.
HH Hamad Bin Khalifa Al Thani, nato il 1 gennaio 1952, tre mogli e 24
figli, è «probabilmente l’uomo più influente e, insieme, meno conosciuto
del mondo arabo» .
E’ salito al potere nel 1995, rovesciando il padre con un fortunatamente
incruento colpo di stato. «Le promesse di parziale apertura democratica
sancite nella Costituzione emanata dieci anni più tardi, e che
prevedevano l’ elezione diretta di due terzi del Parlamento, in realtà
non si sono mai concretizzate. Eppure il Qatar è stato, nel 2011, il
paladino dell’ ondata democratica della primavera araba. La televisione
da lui voluta, costruita e finanziata, Al Jazeera, è stata fin dal
primo momento pronta a soffiare sul fuoco delle rivolte: Tunisia, Egitto
e Libia in particolare… Se nel 2011 il Qatar ha seminato, nel 2012 vorrà
raccogliere i frutti… Sfruttando la propria ricchezza, il Qatar mira a
imporsi come rilevante attore regionale nonostante le piccole dimensioni
territoriali e demografiche : un modello di attivismo diplomatico… I
passi di Hamad Bin Khalifa Al Thani nel 2012 saranno da tenere sotto
stretta osservazione per comprendere gli sviluppi del Mediterraneo e del
Medio Oriente». (I virgolettati non sono miei, ma dell’’ ISPI
–Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, nel “Commentary”
pubblicato il 15 dicembre 2011).
Politicamente poco conosciuto ? Forse.
In compenso, l’Emiro (che già possiede prestigiosi immobili a Londra e
non solo, nonché la squadra del Paris SG - attraverso la Qatar Sports
Investments - e questo lo sanno tutti) ha preso nelle scorse settimane i
riflettori del mondo per aver acquistato, per la straordinaria somma di
250 milioni di dollari, il dipinto di Paul Cézanne “I giocatori di
carte”. Lo collocherà, si dice in città, in un costruendo fantastico
Museo, insieme ad altri capolavori della sua per ora privata collezione.
In compenso, è ovunque ben nota la seconda e prediletta Consorte
(madre di sette figli, tra cui l’ erede al trono, ndr) di HH, ovvero
Sua Altezza Reale Sceicca Mozah bint Nasser Al Missned, 51 anni,
considerata una tra le signore più influenti del pianeta. Coltissima,
bellissima, affascinante ed elegantissima, Her Highness è impegnata in
una incredibile serie di attività a favore del suo popolo (che la adora,
soprattutto le donne), tra cui spicca la guida – con passione, visione
ed entusiasmo – della “Qatar Foundation”. Vedremo, oltre, cosa fa
codesta Fondazione.
Un po’ di storia. Sino al 1938 il Qatar era solo uno sceiccato amico
assai del Regno Unito, ma che persino Lawrence d’Arabia avrebbe trovato
forse poco interessante. Deserto allo stato puro, 50 gradi all’ ombra
come minimo durante i lunghissimi mesi estivi, beduini&cammelli, pecore
e caprette, un mercatuccio e un porticciolo per il trasporto del pesce e
la pesca delle perle. In quell’ anno si scoprì che la famiglia regnante
Al-Tahani ( dalla quale l’ attuale Emiro origina) stava letteralmente
seduta su un profondissimo e immenso mare di petrolio.
Ullallà che bello! Basta lavorare con le pecore e le perle, e sotto con
i negoziati con Sua Maestà Britannica, sino all’ indipendenza ( 1971).
Poi si scoprì che, oltre all’oil, c’erano pure enormi giacimenti
di gas naturale. Sempre più bello. Basta lavorare, i conti correnti si
riempivano da soli. Eh, sì, perché nel frattempo erano arrivate le
banche, le compagnie di assicurazione internazionali, i grandi alberghi,
i grattacieli, i campi da golf e, in ultimo, i centri commerciali .
Oggi, a Doha, di shopping mall ve ne sono sono dieci. L’ultimo arrivato
è il “Lagoon”: non ho mai visto (e l’ho visto con i miei occhi, ndr)
un centro commerciale aprire, come questo ha aperto, con meno di un
terzo di punti vendita occupati… il resto è “coming soon”.
Ci sono oggi a Doha migliaia di ristoranti di tutti i tipi e di tutti i
generi. Su tutto, domina l’ eccellenza della gastronomia italiana. Dalla
pizza alla caprese, dalla rucola al caffè, dalla pasta con il pesto alle
lasagne ai ravioli ai dolci, il tricolore regna sovrano. Peccato che il
“clima” religioso non consenta di vendere in Qatar anche i nostri salumi
e i nostri vini perché -se ciò fosse possibile- avremmo fatto tombola…
(Il resto dell’ offerta è un mix tra tutte le ricette del mondo, con una
netta prevalenza di esperienze alimentari libanesi).
Hotel & Leisure. Oggi a Doha ( circa 800 mila abitanti, la metà della
popolazione del Paese , che è vasto solo quanto un terzo della Lombardia
) ci sono il Four Seasons, l’Hyatt, il Grand Regency, l’Hilton, l’InterContinental,
il Marriott, il Millennium, lo Sheraton, il Ritz Carlton e il Kempinski.
Ci sono più cinque stelle nella piccola Doha che non a Milano.
E’ diventato un cinque stelle pure il Torch (la “Torcia”), albergo che –
costruito per gli “Asian Games” del 2006 - è recentemente passato alla
categoria lusso: una Tower di 300 metri di altezza, 167 tra camere e
suite, infinite facilities. E uno stellatissimo ristorante girevole sito
al 47 piano a 240 metri d’altezza, da cui si spazia su tutto o quasi lo
Stato. Smog permettendo, si capisce, perché d’accordo che c’è il vento
(siamo sul mare, che diamine), ma l’inquinamento e la sabbia la fanno
comunque da padroni.
Tra non molto, arriverrà anche il Mandarin Oriental. Gli alberghi
internazionali sono ovviamente gli unici luoghi in cui si possono bere,
senza problemi, alcoolici e superalcoolici. Una pacchia (e altro non
dico).
Ci sono i circuiti per il Motomondiale e per le competizioni
automobilistiche. Le Ferrari e le limousines. E, nel 2022 si terrà a
Doha la Coppa mondiale di calcio, la prima volta della FIFA in Medio
Oriente. La febbre è già altissima, e già al souq si vendono le
riproduzioni della coppa (piccole, grandi e medie, come nuovo souvenir).
Forse, menomale, perché il resto delle merci offerte nel vecchio
mercato, ancorchè ristrutturato, è per lo più made in China. Compresi i
cammellini di legno e le t-shirt con la scritta “I love Doha”. Ma il
“Souq Waqif” è soprattutto una sfilata di ristoranti tipici, e caffè,
sempre affollati a tutte le ore del giorno e della sera.
Ora è il momento dei cinema. A quelli già esistenti si affiancheranno
tra breve ben 11 nuovi Multiplex, di cui due saranno riservati a una
clientela VIP.
E’ in facimento l'ampliamento dell’aeroporto internazionale. Stanno per
partire i contratti per la costruzione della metropolitana.
Tutto dovrà essere pronto entro il 2022, altrimenti l’ Emiro si
arrabbierà, e non è il caso di farlo arrabbiare. Niente scherzi, please.
Non scordiamoci che in Qatar è in vigore la pena di morte. Che sia per
questo che tutto appare così incredibilmente “sicuro” e pulito???
Doha ha un nuovissimo Convention Centre da molte migliaia di posti e 40
mila metri quadrati di spazi espositivi, disegnato dall’archistar Arata
Isozaki.
Ha un colossale (35 mila metri quadrati) Museo, che si deve alla matita
dell’archistar I.M. Pei e del designer francese Jean-Michel Wilmotte,
interamente dedicato alle arti islamiche; e un Museo dedicato all’arte
araba contemporanea, che si chiama “Mathaf”.
I ritratti della coppia reale all’ingresso del Museo Mathaf
Un’ immagine esterna del Museo Mathaf
L’ultima attrazione è il “Katara”, o valle delle culture: complesso
dotato di un enorme Anfiteatro, Opera, teatri, cinema, l’immancabile
moschea, ma anche molti ristoranti e gourmet market, nonchè una spiaggia
pubblica attrezzata. Vi hanno sede la Fine Art Society, la Music Academy,
la Società fotografica, la Società dei Poeti e quella degli Scrittori,
Non lontano, c’è “The Pearl-Qatar”, nuovo insediamento residenziale con
tanto di porto turistico e di “Croisette”. Più a est, sta sorgendo
“Lusail City”, una “Energy & Entertainment City”, progetto gigantesco e
futuristico della Qatari Diar Real Estate Investment Company.
La Corniche. Il lungo viale interamente bordato di palme e ricco di
piccoli parchi e fioritissime aiuole è, per me, la cosa più bella di
Doha. Costeggia il Golfo, e le sue acque turchesi, per circa 7
chilometri, e vi si affacciano la residenza dell’ Emiro, numerosi
edifici delle istituzioni, grandi alberghi e più in generale tutto il
modernissimo quartiere direzionale, con le sue molte decine di
grattacieli, alcuni dei quali piuttosto belli e originali A un’
estremità, la “piramide” dello Sheraton, da anni un landmark; all’altra,
il già citato Museo delle arti islamiche.
Grattacieli sulla Corniche
Una vista d’ insieme dello skyline, scattata dall’estremità opposta
della baia
Lungo la doppia tre corsie di marcia, il traffico è fluido. Passeggiano
sulle apposite stradine pedonali famigliole con dimolti bimbi; e corrono
dimolti appassionati runners. Sono gli unici a indossare – per lo scopo
- abbigliamenti che potremmo definire occidentali.
Tutti gli altri abitanti di Doha, infatti, indossano abitualmente “quei”
loro vestiti. Gli uomini, TUTTI, indossano quell’ indumento fortemente
simbolico, il thawb, che «rappresenta i legami della gente alla
terra, il passato e l'Islam, e che riflette la praticità della vita in
un paese desertico, così come l'enfasi conservatrice islamica». In
pratica una camicia lunga fino alla caviglia, tessuta con fibre di lana
o cotone. Dall’ orlo della veste sporgono normalmente sandali di cuoio.
I più modaioli hanno ai polsini della camicia dei gemelli di diamanti.
Sulla testa, tutti indossano il ghutra, un grande quadrato di
cotone tenuto fermo da una cordicella che fa capire – solo a loro, noi
non possiamo comprendere – la provenienza territoriale. Sotto il
copricapo gli occhi fiammeggiano, nerissimi e inquietanti.
Le camicione sono incredibilmente immacolate e superstiratissime…
Le donne. Le donne sono tutte “sepolte” sotto una veste nera che le
copre interamente: è la terrificante abaya, e la testa è
totalmente coperta dal denso velo, sempre nero, dal quale neppure una
ciocca di capelli sfugge. E’ così che queste poverette devono uscire di
casa, al fine di "proteggere il loro pudore". In vista, ci sono visi
splendidi (da donna, sono convinta che le arabe siano forse le più
belle donne al mondo, ndr) e perfetti; e le mani, con unghie
coloratissime.
L’abaya sfiora il pavimento. Ma non è tutto. Moltissime signore, a Doha,
all’abaya non si limitano. Indossano pure quel “cencio”, sempre nero,
che copre tutto il volto, lasciando solo scoperta una fessura per gli
occhi. E, sopra, portano occhiali da sole rigorosamente neri. Non
camminano, barcollano (ci credo, non vedranno - come si dice - un tubo,
ndr) circondate dalle loro bambine (otto, dieci anni) allo stesso modo
abbigliate. Barcollano anche perché, contravvenendo alla “regola
esasperata” della modestia, calzano spesso scarpine con il tacco a
stiletto.
Che pena vederle mangiare: sollevano il “cencio”, stando attente a non
far trasparire neppure un lembo di pelle, e infilano la posata con il
boccone verso la bocca , con gesti da equilibristi. Cliccano, mentre
mangiano, sul Black Berry e sull’ iPad. Che pietà.
Mi hanno spiegato che così oggi, almeno, le donne possono uscire,
lavorare (tanto per fare un esempio, sono solo donne, ovviamente velate,
le addette al controllo passaporti in Aeroporto) e studiare. Prima,
erano relegate solo tra le pareti domestiche. Comunque, che strazio.
(Fine della prima puntata. SEGUE)