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	Le mie Interviste
           
	
	
	 
	Nato a Catania, Luigi Mangano vive e lavora a Milano.
 Dopo la Laurea in Architettura, conseguita presso l'Università di Palermo, e 
	alcune esperienze in Tunisia (Urbanistica) e negli Stati Uniti (Urban 
	Design), da circa 30 anni lavora con il Gruppo DEGW - di cui è azionista - 
	svolgendo attività centrate sullo Space Planning, l'Interior Design, 
	Business Development e sullo Strategic Marketing, svolte principalmente in 
	Messico, Belgio, Spagna, in Inghilterra, ed in Italia (negli ultimi 19 
	anni).
 
 
	
	
	D. Hai sempre fatto 
	l'architetto-manager, ma un architetto è pur sempre un architetto, anche se 
	è anche manager. Qual'è la tua idea dell'architettura, oggi, qual'è il suo 
	"senso"?R. Per me 
	l'architettura è un affare di cuore; significa impegnarsi per progettare 
	emozioni e migliorare la qualità della vita. Certamente unire la metodologia 
	anglosassone della DEGW alle pulsioni latine (sicule!) è stata una bella 
	sfida.
 
 D. Architettura: 
	quale il rapporto, in particolare, con l'ambiente...
 R. Il clima 
	architettonico e culturale italiano è sostanzialmente dominato dal 
	conformismo. E' molto raro imbattersi in qualcosa di insolito e di pensato 
	fuori dagli schemi correnti. L'ambiente ed il contesto diventano molte volte 
	slogans vuoti. Eppure progettare e costruire bene hanno un positivo un 
	positivo impatto sull'economia
 
 D. Edifici "per 
	collettività" (penso alla Cattedrale di Brasilia, ma anche un albergo a 
	sette stelle a Dubai): c'è una nuova simbologia?
 R. Certamente il 
	capitalismo ha bisogno di nuove simbologie e di nuove icone urbane per 
	vendere sempre di più, ma la vera architettura deve essere un'alchimia di 
	emozioni e di ricordi, capace di esprimere gerarchie di qualità. Bilbao, 
	Barcellona, Parigi, Londra etc hanno rivisto radicalmente le proprie 
	identità, mentre Milano dorme o sonnecchia!
 
 D. Cosa c'è, se 
	c'è, di sbagliato, nell'architettura contemporanea?
 R. C'è bisogno di effervescenza e di un vero dinamismo delle idee. La 
	società italiana non è più capace di lottare contro l'omologazione ed i 
	luoghi comuni! Forse occorrerebbe una nuova rivoluzione culturale!
 
 D. Hai dei 
	"modelli" di architetti, chi Ti ha influenzato di più?
 R. Ho sempre 
	amato Louis Khan e Frank Lloyds Wright. Oggi ammiro Piano e Herzgog de 
	Meuron.
 
 D. Che tipo di 
	edifici Ti piace più progettare e realizzare?
 R. Certamente 
	edifici per uffici e poi, parchi scientifici e tecnologici. Cioè pensare ai 
	nuovi stili e alle nuove modalità di lavoro con i relativi aspetti 
	funzionali, urbanistici, antropologici, tecnologici ed estetici.
 
 D. Quali 
	materiali prediligi, e per che cosa?
 R. Materiali 
	tradizionali, anche se le nuove tecnologie o meglio le ricadute dalle 
	ricerche sui materiali per i viaggi spaziali stanno influenzando i 
	rivestimenti, le facciate (nuove ceramiche, acciai speciali, etc.) Puntare 
	su ricerca e innovazione anche in architettura deve diventare una priorità, 
	se vogliamo vera innovazione anche in questo settore.
 
 D. Cosa Ti 
	piacerebbe progettare, tra le tipologie che non hai ancora fatto? Il famoso 
	architetto Mario Botta, ad esempio, mi ha dichiarato che vorrebbe poter 
	realizzare un Convento...
 R. Una chiesa ed 
	un college tipo campus per studenti con spazi sociali tipo biblioteche, ecc.
 
 D. Hai mai 
	realizzato, da designer, oggetti di uso quotidiano?
 R. No.
 
 D. Che "peso" ha 
	per Te la firma di un grande o noto architetto nel valore commerciale di un 
	edificio?
 R. Non credo che 
	le "firme" di grandi e di noti architetti siano sempre garanzie di qualità. 
	Il valore "politico" di un progetto architettonico è e rimane sempre, il suo 
	valore architettonico.
 
 D. L'Italia 
	sembra attraversata - dopo anni di immobilismo - da una nuovo fervore 
	immobiliare, cui si unisce un vero e proprio furore architettonico: si parla 
	addiritttura di "nuovo Rinanscimento". Che giudizio dai di questo 
	"fenomeno"?
 R. «La 
	difficoltà» diceva John Maynard Keynes «non sta nel credere nelle nuove 
	idee, ma nel fuggire dalle vecchie». Non vorrei che dietro tutto questo 
	"nuovo rinascimento", questo furore di creare spettacoli fini a se stessi, 
	("è del fin sia la meraviglia") ci fossero soltanto speculazioni immobiliari 
	di facciata. Non vedo per adesso grandi partecipazioni emotive mobilitazioni 
	o consultazioni con i cittadini su questi nuovi progetti!
 
 D. In Italia 
	stanno operando moltissimi architetti stranieri, da Foster a Liebeskind, da 
	Tange Jr a Zaha Hadid. Stanno facendo di tutto: masterplan, nuovi city 
	quarter, alberghi... Che spazio dovrebbero, allora, conquistare gli 
	architetti italiani?
 R. Lo sconcio 
	delle periferie delle nostre città, alcuni mostri realizzati e mai abbatturi 
	negli ultimi decenni, il proliferare di "architetti politici" gridano 
	vendetta. Uno spazio urbano o una architettura che non abbia una sua 
	individualità sono spazi ed architetture sprecate. C'è da augurarsi che le 
	nuove generazioni dei quarantenni riescano a fare una intelligente massa 
	critica per contrastare le famose stars e riconquistare nuovi spazi creativi 
	e nuove progettualità.
 
 D. L'architetto 
	sembra aver assunto, da noi, il ruolo di opinion maker, e non solo di 
	opinion leader. Si organizzano dibatti, conferenze dedicate non solo ai temi 
	dell'architettura, ma anche ad altro, e l'architetto è sempre più presente, 
	sempre più invitato, sempre più intervistato. Che ne pensi di questo 
	atteggiamento, che molti definiscono eccesso di "protagonismo" , per uno che 
	fa il Tuo mestiere?
 R. I prezzemolini 
	o i presenzialisti sono purtroppo in aumento! Non so quanti di questi 
	personaggi televisivi contribuiscano davvero a migliorare il deficit 
	cognitivo imperante e siano in sostanza veramente capaci di lottare contro 
	la burocratizzazione dei cervelli. Di fronte alle disattenzioni selettive, 
	di fronte all'assenza, per esempio, di vere critiche sulle future 
	speculazioni immobiliari o sul realismo socialista e sull'estetica 
	sdamoviana che ha influenzato e influenzerà Milano, val la pena di citare 
	Oscar Wilde «Vivere è la cosa più difficile; molta gente esiste, ecco 
	tutto!».
 
 D. Grattacieli o 
	non grattacieli: è questo il dibattito, oggi, a Milano. E' noto che il 
	Sindaco Gabriele Albertini ama lo sky-line di Manhattan, e vorrebbe una 
	Milano con molti grattacieli (oltre a quelli già "programmati"). Qual'è il 
	Tuo parere?
 R. Ben vengano i 
	grattacieli anche se invece di "skyscrapers, ovvero edifici alti un minimo 
	di 150 metri" io punterei sui "groundscrapers" più umani, più inseriti nel 
	nostro contesto storico e culturale. Milano ha certamente bisogno di una 
	nuova dimensione internazionale che la renda meno noiosa e davvero europea, 
	utilizzando nuovi modelli di business, nuovi fattori di efficienza, nuove 
	connettività sociali, nuove "agorà democratiche" e finalmente realizzate, 
	nuove biblioteche, cioè veri granai contro l'inverno dello spirito!
 
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