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	Le mie Interviste
           
	
	Intervista a Laura Rocca.16 febbraio 2009
 
 Architetto, Socio fondatore della ROCCATELIER ASSOCIATI
 
 
  
 Laura Rocca si laurea al Politecnico di Milano e si specializza in restauro 
	presso la KUL di Lovanio in Belgio. Bruno Zevi dedicherà 11 entusiastiche 
	pagine sulla sua rivista alla sua opera prima che poi vincerà il premio 
	internazionale “Dedalo Minosse” nella sezione under 40.
 
 Attualmente opera in quel di Monza con uno sguardo su tutto il mondo e sue 
	opere hanno vinto anche premi internazionali e sono pubblicate sulle 
	maggiori riviste e pubblicazioni nazionali e mondiali
 
	  
	  
	  
	
	D. Cara Laura, hai dei 
	"modelli" di architetti, chi Ti ha influenzato di più?
 R. Più che modelli di architetti parlerei di modi di vedere 
	l'architettura. Quando ero in facoltà, scoprii subito i libri di Bruno Zevi, 
	che chissà perché a Milano erano un po’ all’indice. Cominciai da “Saper 
	vedere l'architettura” e mi si aprì un mondo …non più solo razionalismo e 
	angolo retto ma il mondo degli architetti organici e degli espressionisti: 
	F. L. Wright, K. Haring, Aalto , Johansen, Scharoun ,Erskine...
 
 
 D. Architettura: quale il rapporto, in particolare, con l'ambiente...
 
 
 R. L'architettura è spazio. Noi viviamo in tre dimensioni nello 
	spazio e questo spazio può essere interno, esterno, aperto , chiuso concavo 
	convesso . L'architettura dialoga con l'ambiente contribuisce a conformarlo 
	e ne è generata. Per ambiente non intendo solo quello naturale ma anche 
	quello sociale, quello fatto di relazioni umane, della cultura, della 
	storia. L'architettura entra in relazione con tutte queste e anche con la 
	quarta dimensione: il tempo.
 
 
 
 D. Edifici "per collettività" (penso alla Cattedrale di Brasilia, ma 
	anche un albergo a sette stelle): c'è una nuova simbologia?
 
 R. L'architettura è frutto della società che la progetta e qualsiasi 
	architettura, specialmente una collettiva ( che sia una scuola o uno spazio 
	commerciale un museo o una casa sociale) è sempre espressione sincera di 
	quella società che l'ha voluta. Le opere “simbolo” sono probabilmente quelle 
	che hanno stimolato maggiormente la società ad interrogarsi su se stessa. 
	Ovvero, nel bene o nel male quegli architetti , attraverso le loro 
	architetture ci fanno discutere su che tipo di vita vogliamo, su che tipo di 
	spazio vogliamo vivere, su quali sono i nostri interessi. Ad esempio il 
	progetto di un centro commerciale ci parla di come siamo abituati a gestire 
	il nostro tempo libero e non solo per fare la spesa, di come ci muoviamo , 
	di cosa ci piace etc... e la sua architettura, il suo spazio se ha ben 
	risposto alle nostre richieste sarà premiato e apprezzato dalla clientela… 
	ma ci dovrebbe essere dell’altro : bisogni, ma anche sogni.
 
 
 D. Cosa c'è, se c'è, di sbagliato, nell'architettura contemporanea?
 
 
 R. Credo che ancora oggi molti architetti, inibiti da burocrazia 
	normative e leggi che privilegiano la “quantità” piuttosto che la “ 
	qualità”, rinuncino a pensare che l'architettura ha anche un ruolo sociale. 
	Non si chiedono più chi andrà a vivere nelle loro case o nei loro uffici, si 
	preoccupano solo di rispondere alle esigenze di una committenza non sempre 
	in grado di distinguere “edilizia” da “architettura e così, il paesaggio che 
	ci si costruisce d’attorno perde qualità e umanità.
 
 
 D. Che tipo di edifici Ti piace più progettare e realizzare?
 
 
 R. Ogni progetto è una sfida . Ciò che mi piace di più è avere un 
	buon rapporto con il mio committente. Cercare di interpretare al meglio i 
	suoi bisogni traducendoli in spazi sempre unici in cui la gente ami vivere. 
	Il motto alla base del nostro studio è quello del Filarete:” L’architettura 
	per nascere ha bisogno di un padre e una madre: il padre è il committente e 
	la madre è l'architetto”.
 
 D. Quali materiali prediligi, e per che cosa?
 
 
 R. Ultimamente sto approfondendo la progettazione di edifici in ferro 
	e legno. In Italia non esiste una buona tradizione strutturale in questo 
	senso, ma credo che le nuove esigenze energetiche e normative e la 
	possibilità di prefabbricare in parte il processo producendo edifici che si 
	distinguano da quelli tradizionali ben si sposi con questa tecnologia fatta 
	di pareti sandwich ventilate che si prestano a nuovi modi di immaginare lo 
	spazio.
 
 
 
 D. Cosa Ti piacerebbe progettare, tra le tipologie che non hai ancora 
	fatto? Il famoso architetto Mario Botta, ad esempio, mi ha dichiarato 
	qualche anno fa che vorrebbe poter realizzare un Convento...
 
 
	
	R. Mi piacerebbe 
	progettare o meglio ripensare gli spazi dei centri commericiali : credo ci 
	sia molto da dire e che le tipologie un po' americane importate in Italia 
	siano già vecchie.
 
 D. Hai mai realizzato, da designer, oggetti di uso quotidiano?
 
 
 R. Ho progettato alcune maniglie per una famosa ditta brianzola ma 
	sto aspettando ancora che entrino in produzione.
 
 
 
 D. Credo tu possa essere definita architetto-manager, ma un 
	architetto è pur sempre un architetto, anche se è anche manager. Qual'è la 
	tua idea dell'architettura, oggi, qual'è il suo "senso"?
 
 
 R. Nasco in una famiglia di architetti ma mi rendo conto che il modo 
	di fare la professione oggi è diverso da un tempo. Da una parte bisogna 
	essere sempre in cantiere, ma al tempo stesso bisogna partecipare alle gare, 
	tenersi costantemente informati sulle leggi, sui nuovi materiali , 
	coordinare professionalità diverse, progettare ed essere sempre un passo 
	avanti. Il tutto ti riesce solo se ami l'architettura e il tuo mestiere. Se 
	lo fai bene poi le soddisfazioni arrivano sempre.
 
 
 
 D. Che "peso" ha per Te la firma di un grande o noto architetto nel 
	valore commerciale di un edificio?
 
 
 R. Personalmente credo che, almeno in Italia, quando mancano le idee 
	ci si nasconda un po' dietro il grande nome. Poi se il progetto fallisce si 
	usa il grande nome come uno scudo dandogli tutte le colpe. Il mercato usa le 
	grandi firme, risolvono problemi che non sono solo urbanistici, ma anche 
	politici…ma penso ci sia spazio per un nuovo e vero made in Italy,
 
 
 D. In Italia stanno operando moltissimi architetti stranieri, da 
	Foster a Liebeskind, da Tange Jr a Zaha Hadid. Stanno facendo di tutto: 
	masterplan, nuovi city quarter, alberghi... Che spazio dovrebbero, allora, 
	conquistare gli architetti italiani?
 
 R. In realtà i grandi nomi stanno firmando un sacco di schizzi- 
	progetti preliminari che poi sono le società di engeenering italiane che 
	realizzano. In queste società lavorano tanti ottimi laureati in ingegneria 
	ed architettura italiani che non potranno mai dire la loro. Nel frattempo i 
	nostri ordini professionali, che nell’europa del nord sono libere 
	associazioni , appoggiano leggi sulla “qualità” che di “qualità” hanno solo 
	il nome . Purtroppo un italiano se vuole essere apprezzato in Italia deve 
	prima diventare famoso all'estero e poi finalmente lo chiameranno come una 
	grande star. Non è successo forse così anche per Piano o Fuksas ?
 
 
 D. L'architetto sembra aver assunto, da noi, il ruolo di opinion 
	maker, e non solo di opinion leader. Si organizzano dibatti, conferenze 
	dedicate non solo ai temi dell'architettura, ma anche ad altro, e 
	l'architetto è sempre più presente, sempre più invitato, sempre più 
	intervistato. Che ne pensi di questo atteggiamento, che molti definiscono 
	eccesso di "protagonismo" , per uno che fa il Tuo mestiere?
 
 R. Se si parla di architettura penso sia meglio che ne parlino gli 
	architetti e non presunti critici d'arte e o esperti di gossip. Più si parla 
	di architettura nel modo corretto e più si fa cultura architettonica meglio 
	sarà per noi architetti e per i cittadini italiani che saranno in grado di 
	giudicare in modo migliore gli interventi degli amministratori o degli 
	investitori nelle nostre città e magari faranno scelte più consapevoli sul 
	mondo che vogliamo.
 
 
 
 D. Grattacieli o non grattacieli: qual'è il Tuo parere?
 
 R. Non credo che dipenda da una scelta tipologica il successo o meno 
	di un intervento. Mi viene in mente quando recentemente sono stata a 
	Barcellona a visitare la nuova zona del forum. Qui hanno costruito molti 
	grattacieli in riva al mare. Tutto bellissimo: non solo per i grattacieli ma 
	grazie al fatto che c'era un piano urbanistico intelligente per cui tutte le 
	costruzioni erano ad una notevole distanza dal mare e circondate da parchi 
	pubblici immensi e bellissimi da cui si apprezzavano anche questi enormi 
	edifici che ritrovavano qui una loro scala. Il tutto è un susseguirsi di 
	spazi diversi progettati da architetti e artisti, pieni di sculture, con 
	spazi per i bambini tutti personalizzati e.... terminati PRIMA DI COSTRUIRE 
	I GRATTACIELI.... così chi ci andava ad abitare o comprava un ufficio sapeva 
	già cosa trovava e non doveva aspettare anni che costruissero il metrò o il 
	parco o la zona commerciale o la scuola.
 
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