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	Le mie Interviste
           
	
	 Nato 
	a Milano nel 1957, Fabio Tedesco ha sempre vissuto a Milano salvo due 
	periodi: dopo la laurea (in Archiettura, nel 1980, Tesi con il Prof. Marco 
	Zanuso) tra il 1980 e il 1982, quando si è trasferito a Rapallo dove ha 
	lavorato (Vice-capo cantiere) per un'impresa di Costruzioni di Milano che 
	realizzava le opere a terra del porto turistico. Poi, tra il 1994 e il 1998, 
	ha vissuto a Roma, come Property Manager Centro/Sud per la Digital Equipment. 
	Ha svolto attività di Project Manager e di Property Manager con 
	focalizzazione su aspetti di facility management (gestione del patrimonio 
	immobiliare della società) e di ricerca e realizzazione di due nuove sedi a 
	Gallarate ed a Roma.Ha collaborato con la Società di ingegneria Elvezia 
	Engineering. Si è occupato di progettazione esecutiva e coordinamento dei 
	lavori di edilizia residenziale per circa 200.000 mq .Successivamente si è 
	occupato dell'esecuzione di opere stradali e di lavori relativi ad impianti 
	di depurazione e fognatura, presso uno Studio di ingegneria. 
 Oggi, Dirigente Sun Microsystems Italia, ha la responsabilità della gestione 
	dei servizi nelle cinque sedi della Società: Milano, Roma (due sedi), Torino 
	e Padova. Si è anche occupato di ricercare e realizzare la nuova sede di 
	Milano (circa 9.000 mq.) e della nuova sede a Cernusco S.N. (2.200 mq.), 
	della ristrutturazione della sede di Roma (1.200 mq.), di una seconda sede a 
	Roma (1.000 mq.); nel corso dell'anno 2000 ha ultimato la nuova sede di 
	Padova (450 mq.), ha curato l'ampliamento della sede di Torino (per 
	complessivi 500 mq) e la realizzazione della nuova sede per l'Education a 
	Roma (circa 400 mq).
 
 Ha come hobby la fotografia e la lettura. Pratica numerosi sport: 
	arrampicata e escursioni in quota, tennis, nuoto, sub e sci.
 
 D. Quando è avvenuto il Suo "primo incontro" di lavoro con il 
	Facilities Management, e perchè?
 R. Per molti anni tutte le mie esperienze di lavoro sono state 
	orientate a realizzare progetti: nell'impresa di costruzioni e nel primo 
	studio di ingegneria dove ho lavorato mi sono principalmente occupato di 
	coordinare le fasi di costruzione;in seguito la mia occupazione è stata 
	quella di progettare e seguire i cantieri. In Digital entrai come project 
	manager e presto mi resi conto che il gruppo al quale io appartenevo spesso 
	realizzava uffici che una volta ultimati venivano passati in gestione ad un 
	team di facilities manager che non avevano minimamente partecipato alla fase 
	progettuale. Quando si presentò l’opportunità di diventare Property Manager 
	per il Centro Sud, con responsabilità sia di gestione che di realizzazione 
	di nuovi progetti, non esitai. Così mi trovai ad occuparmi di gestione di 
	risorse, di manutenzione e di tutti gli aspetti relativi alla vita di un 
	palazzo uffici; mantenevo però la prospettiva del progettista e così 
	realizzai la nuova sede di Compaq a Roma quando questa società acquistò la 
	Digital.
 
 D. Lei è molto giovane, ma ha già al Suo attivo diverse significative 
	esperienze professionali. Qual'è, per Lei, "il Suo francobollo", cioè la 
	"cosa più bella" che hai fatto?
 R. Le apparenze ingannano, mi avvicino ai 49 anni; ma sono comunque 
	giovane! Ritengo che il mio percorso professionale mi abbia permesso di 
	realizzare alcuni progetti significativi. Ultimo in ordine di tempo e' la 
	sede di SUN Italia a Milano, ma ritengo che anche il progetto per Compaq a 
	Roma e per Digital a Gallarate siano state esperienze molto belle. In Sun ho 
	potuto anche creare dall'inizio la struttura di facilities, seppur in 
	completo outsource, e dare un'impronta a tutte le 5 sedi in Italia.
 
 D. Che cosa Le piacerebbe poter "fare", nell'ambito del comparto FM?
 R. Di Facility Management si parla in Italia da alcuni anni, pochi se 
	confrontati con le esperienze estere. Credo che ci siano ampi spazi di 
	crescita per questa professione che oggi si limita, nel migliore dei casi, a 
	gestire realtà aziendali con alcuni edifici. La scala di crescita del F.M. 
	deve avvenire verso il quartiere, la città dove i nostri edifici sono 
	inseriti. Purtroppo, quasi sempre, le nuove realizzazioni sono fatte senza 
	considerare le necessità di chi poi occuperà l'immobile e senza valutare 
	l'impatto sul quartiere. Un esempio molto banale, ma semplice da capire: i 
	parcheggi. L'80% dei dipendenti di una società come la nostra ha la 
	necessità di utilizzare l’automobile per raggiungere clienti e partner. 
	Spesso i dipendenti entrano ed escono dall'ufficio più volte durante il 
	giorno, dunque la facilità di trovare un parcheggio è fondamentale. Se il 
	palazzo non ha adeguati posti auto, il quartiere ne risente negativamente. 
	Ritengo che il Facility Manager debba condividere con istituzioni, promotori 
	immobiliari e costruttori temi come questo, spesso trascurati, nella 
	realizzazione di quartieri o edifici per uffici.Altro aspetto è partecipare 
	alla formazione di giovani che sempre più sono attratti da questa attività .
 
 D. Lei ha anche al Suo attivo una consistente esperienza associativa: 
	di cosa si è occupato, in particolare?
 R. L'associazione di cui faccio parte unisce domanda e offerta 
	nell'area facilities. Credo che l’obiettivo principale di questa 
	associazione sia coniugare le esigenze di una e dell’altra e tradurre il 
	tutto in una dialettica costruttiva. Durante gli anni in cui sono stato 
	membro del Board abbiamo cercato di trovare nuovi stimoli e di dare maggiore 
	impulso all’associazione. Oggi partecipo a gruppi di lavoro specifici e a 
	convegni, spesso in qualità di relatore, e fornisco il mio contributo per i 
	corsi di formazione ai giovani che si affacciano al mondo del Facility.
 
 D. Ombre e luci della professione, oggi.
 R. Recentemente, un collega F.M., scherzando, ha paragonato la nostra 
	attività a quella dell'amministratore di Condominio. In altri casi il F.M. è 
	"quello dei Servizi Generali". Credo invece che la professionalità del F.M. 
	sia molto più complessa e le competenze che ci sono richieste siamo molto 
	diversificate. Purtroppo, ancora oggi, in tante realtà nazionali stenta a 
	decollare il concetto di Facility Management. Il F.M. deve avere spiccate 
	capacità relazionali e manageriali, competenze tecniche sugli impianti, 
	architettoniche per configurare i lay-out, progettuali per la realizzazione 
	di nuove sedi, di project management per gestire i progetti, amministrative 
	per gestire un budget anche importanti. Spesso il F.M. ha responsabilità 
	degli aspetti di gestione della Sicurezza intesa come Guardiania ed 
	antintrusione; nonchè della Safety intesa come Sicurezza sul Lavoro (Dlgs 
	626/94 ed aggiornamenti) Insomma è una professione molto varia e quindi 
	complessa, che non in tutte le aziende trova il giusto riconoscimento .Poche 
	realtà sono avanzate come SUN dove il Facility è una funzione inserita nel 
	Management Team italiano e dove può contare sul supporto di una struttura 
	internazionale.
 
 D. Quali gli incroci tra il Property e il Facilities Management?
 R. Pochi proprietari danno in gestione i propri immobili ad una 
	struttura di Property. Dei cinque edifici che SUN ha in locazione solo in un 
	caso interagisco con una struttura Property. Questa è la situazione ottimale 
	per un inquilino come SUN. La visione del Property è molto simile a quella 
	del Facility, ma quest’ultimo deve occuparsi anche dei servizi alle persone, 
	ai dipendenti dell'azienda ed ai visitatori, che per lui diventano "i 
	clienti". Sia per il Facility che per il Property l'edificio è un bene da 
	conservare al meglio con impianti ben mantenuti ed in funzione. Il valore 
	dell'edifico è dato in misura molto forte dall'inquilino che lo utilizza. Un 
	buon rapporto con l'inquilino facilita la gestione dell'immobile e lo 
	valorizza. L'inquilino non è un semplice "attributo" dell'edificio, come 
	spesso definito dai proprietari di immobili, ma uno degli attori essenziali 
	per la sua valorizzazione.
 
 D. Perchè, nel FM, si può parlare di "innovazione"?
 R. A mio avviso è una professione in cui occorre passione e 
	creatività. Ogni giorno ci misuriamo con problemi nuovi che occorre 
	affrontare e risolvere velocemente. In particolare, in una società come SUN, 
	rivolta ad un mercato in continua evoluzione, è importante che anche il F.M. 
	agisca in modo innovativo.
 
 D. Il Facilities Manager, secondo me, sta guadagnando spazi e potere 
	decisionale. E' d'accordo, o sono troppo ottimista?
 R. In quasi tutte le aziende le voci di costo più importanti sono i 
	dipendenti e gli edifici (con la loro gestione). Ora è chiaro che se si 
	effettua una gestione attenta degli edifici, degli spazi e dei servizi in 
	modo da valorizzare i contenuti e riducendo i costi per la società, il 
	Facility Manager assume importanza. Partecipando alle riunioni strategiche 
	dell'azienda si è in grado di uniformare i propri obiettivi a quelli della 
	società in modo da fornire gli spazi adeguati nei tempi corretti. La 
	mancanza di pianificazione è fonte di grossi sprechi e crea insoddisfazione 
	nei dipendenti e nel management.
 
 D. E' una mia impressione, o nel comparto retail (Centri Commerciali) 
	di FM ve ne è ancora poco? Perchè?
 R. Non ho una esperienza diretta in questo settore. Da quello che so, 
	le Proprietà affidano spesso ad una Property la gestione dei Centri 
	Commerciali. Probabilmente manca la visione rivolta alle persone, che nel 
	caso del retail sono sia i lavoratori interni dei Centri che tutti i clienti 
	che fruiscono del Centro.
 
 D. Come intravede il futuro del mercato, dal punto di vista della 
	domanda, cioè?
 R. Oggi in Italia la domanda è ancora molto diversificata e il 
	mercato italiano non ha ancora a mio avviso una connotazione precisa. Si 
	passa da aziende assolutamente prive di struttura Facility a quelle con i 
	servizi generali al proprio interno, da aziende che affidano alla direzione 
	acquisti l'onere di comprare i servizi all'esterno a quelle che hanno al 
	proprio interno una struttura di Facility. E anche in questo ultimo caso ci 
	sono notevoli differenze: si passa dall'outsource estremo, come nel caso di 
	SUN, ai servizi interamente gestiti in-house, ovvero con tutte risorse 
	interne.
 
 D. Passiamo ad altro. Lei è un architetto-manager, ma pur sempre un 
	architetto. Oggi l'Italia sembra attraversata - dopo anni di immobilismo - 
	da un vero e proprio furore architettonico: si parla addirittura di "nuovo 
	Rinascimento". Qual è la Sua opinione?
 R. Le grandi città avevano sicuramente bisogno che si mettesse mano 
	ad alcuni progetti di riqualificazione, il giudizio sul "nuovo Rinascimento" 
	dovremo però lasciarlo ai posteri. Mi preme dire che spesso i grandi 
	progetti assorbono l'attenzione delle autorità e dei media. Ma all'ombra di 
	queste opere ci sono altri progetti che non trovano spesso le correte 
	attenzioni o che viceversa sfruttano la minore notorietà per avere una 
	maggiore libertà di azione. Quello che mi auguro venga sempre valutato in 
	tutti i progetti è l'inserimento nel tessuto esistente. Se creiamo un 
	quartiere uffici per migliaia di impiegati, la viabilità ed i servizi della 
	zona devono essere adeguati. Se trasformiamo una area da ex-industriale a 
	residenziale ci devo essere i servizi che la residenza richiede. L'apertura 
	di un multisala in città stravolge il traffico, i parcheggi, i flussi ecc..
 
 D. In Italia stanno operando moltissimi architetti stranieri, da 
	Foster a Liebeskind, da Tange Jr a Zaha Hadid. Stanno facendo di tutto: 
	masterplan, nuovi city quarter, alberghi... Molti se ne sono accorti da 
	tempo, anche se il dibattito è di questi ultimi mesi... Come la pensa?
 R. Ben vengano gli "stranieri", ma ad almeno due condizioni. Prima: 
	non operino in Italia col desiderio di fare un monumento a se stessi, ma di 
	realizzare "Opere" che si inseriscano nel tessuto esistente. Seconda: per 
	operare sul territorio occorre conoscerlo: chi "arriva" dall'estero deve 
	poter conoscere la città e il quartiere dove va ad operare. Purtroppo non e' 
	sempre così.
 
 D. Grattacieli o non grattacieli: è questo l'altro dibattito, oggi, a 
	Milano. Qual è il Suo parere in merito? Ci vogliono o no i grattacieli - per 
	gli uffici - nelle nostre città?
 R. E' dagli anni '30 che si dibatte di "Case (costruzioni) alte, medie o 
	basse". Non credo ci sia un unica risposta a questa domanda. Occorre 
	considerare che ci sono dei limiti dimensionali dati dal miglior utilizzo di 
	un piano. In questi anni di attività ho riscontrato come piante di 1000 mq 
	(+\- 10%) rappresentano la superficie ottimale per lo sfruttamento dello 
	spazio uffici. Ciò si riflette quindi anche sull'altezza degli edifici 
	dovendo comunque rispettare vincoli di volumetria. Comunque ci sono degli 
	aspetti positivi anche nell'altezza di un edificio: libera più spazi, che 
	possono essere destinate al verde o a servizi, ma altera notevolmente lo 
	sky-line. Va quindi valutato caso per caso e città per città. Oggi mi sembra 
	ci sia un desiderio di battere "primati" quasi fossimo a San Gimignano. Ma 
	allora correva il XIII secolo e non si parlava ancora di Rinascimento.
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