Le mie Interviste
Bolognese.
Segni particolari: simpaticissimo.
Al momento Tamburini è Docente universitario, Presidente di Assoimmobiliare,
Responsabile Scientifico dell'Osservatorio Immobiliare di Nomisma.
E' consigliere - o già - d'amministrazione di enti e società. Già
Coordinatore dell'Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti
previdenziali.
E' Socio Onorario AICI. E molte altre cose ancora.
PREMESSA
Questa intervista a Gualtiero Tamburini ebbe luogo nel mio ufficio, nel
maggio del 2003. Avevo, allora, un progetto: quello di "sentire" coloro che,
secondo me, erano stati i protagonisti "storici" del cambiamento
dell'industria immobiliare italiana. O meglio, coloro che avevano fatto sì
che l'immobiliare italiano acquisisse la dignità che si merita e che oggi
viene ben riconosciuta. O ancora coloro che, e forse è il significato
migliore, avevano "preso" una "landa desolata" di business, e ne avevano
fatto - anche - un luogo di cultura. Insomma, una dozzina di persone o giù
di lì...
"Sentire" la loro storia, per farne, è ovvio, un libro. Piccolino.
Le interviste realizzate furono diverse: in fin dei conti, questi
"protagonisti" li conosco uno per uno, e da decenni. Alla maggior parte di
loro , do del tu. E se di Milano non sono, e per Milano passano, vengono
magari anche a cena a casa mia.
Poi, però, molti altri sempre più pressanti eventi mi distolsero da questo
che - per dirla con un' antica e felice espressione di Oriana Fallaci -
poteva sembrare un "orrendo progetto".
Feci, in due anni, molte altre interviste a molte altre persone, con
caratteristica di attualità e non di storia, pubblicate su vari e testate
italiane e non; e molti "Ritratti". Concentrai gli sforzi editoriali "in
proprio" sul volume "Case da leggere", da me curato e pubblicato. E diedi
poi vita a questo sito web che ha ne "Le mie interviste" una delle pagine
più visitate.
Che senso, allora, a distanza di tempo, raccogliere quelle conversazioni in
un volume (piccolino), quando potevano andare on line, ovunque?
Ecco fatto.
L' intervista a Gualtiero Tamburini è quindi la prima che "passo", tra
quelle realizzate nel 2003. E lo fo, con l'espressa autorizzazione
dell'intervistato, perchè è un documento di attualità straordinaria...
Le altre - tutte estremamente interessanti e ancora attuali - seguiranno a
ruota.
Per ciascun protagonista, vale la personalissima regola che due anni (2003 -
2005) costituiscono solo cronaca recente, e ormai sotto gli occhi di molti.
Una annotazione in questo senso, comunque, conclude l'intervista: che,
ripeto, è sulla storia (e l' incontro con il real estate) per ciascuno dei
"miei" protagonisti.
Non ci sono - no, grazie - pagine di pubblicità a supporto della scelta.
D. Quando è avvenuto il Tuo incontro professionale con il real
estate?
R. Esattamente quando ho incominciato a lavorare a Nomisma, nell’87,
ed è stata un’occasione particolare. Io mi ero sino ad allora occupato di
industria delle costruzioni: formazione dei prezzi, rendite, etc. Temi che
non sono poi tanto lontani dal real estate! Come sai, io nella vita "farei"
l’economista… Avevo fatto studi sulle costruzioni anche durante il periodo
trascorso in Inghilterra come ricercatore alla Londra School of Economics
dopo la laurea, cioè nel ‘72-’73.
D. Perché fosti scelto Tu, a parte la laurea in statistica, indirizzo
economico?
R. L’occasione fu determinata dal fatto che a Nomisma - Presidente
Romano Prodi - fu chiesto, da parte di BNL, INA e Giovanni Gabetti, di
realizzare uno studio molto importante - anche sotto il profilo delle
disponibilità finanziarie - sulle possibilità di sviluppo dei Fondi
Immobiliari in Italia. C’era allora in gestazione una legge, la "Berlanda",
che sembrava imminente. I tre soggetti (BNL era stata tra i fondatori di
Nomisma) pensarono di "mettersi insieme" per questo business. Questa fu la
scintilla. Prodi sapeva dei miei studi sulle costruzioni, e chiese a me di
seguire il progetto. Certo, allora non avrei pensato che avrei poi lavorato
stabilmente nell’immobiliare.
D. Com’è che questo progetto, che immagino dovesse essere "a
termine", divenne invece permanente?
R. Tutto fu determinato dal Cavalier Gabetti, che in quell’occasione
incontrai per la prima volta. Mi disse che i Fondi avrebbero avuto
innanzitutto il problema della mancanza di informazioni e mi suggerì di
studiare un progetto per dare informazioni al mercato. Quindi la "paternità"
dell’Osservatorio Immobiliare di Nomisma è sua. Organizzò per questo un
incontro con tutti i principali operatori di allora. ("Risposero" tutti,
dato il prestigio e l’autorità di cui Gabetti godeva). Come tutte le cose
importanti del Paese, anche questa nasceva a Milano… ma poi fu allevata a
Bologna.
D. Ci doveva essere, a Bologna, un clima favorevole.....
R. Si. Predisponemmo lì il progetto. Io andai però anche negli Stati
Uniti per capire come il problema dell’informazione vi veniva trattato. E mi
innamorai di un’idea che allora non si rivelò fruttuosa ma che oggi potrebbe
avere sviluppi interessanti, e cioè il servizio MLS, Multiple Listing
Service, che in USA aveva un grande successo. Anche una società del gruppo
Ferruzzi aveva tentato in quegli anni di lanciare in Italia un’idea simile
ma poi la cosa finì quasi sul nascere, soprattutto per l’ostilità degli
agenti immobiliari a condividere le informazioni. Tornando a Nomisma,
preparammo il progetto e cominciammo a verificarlo. Era molto semplice,
rispetto alle potenzialità. Non che in Italia non vi fosse già qualcosa di
importante, però. C’era ad esempio il "Consulente Immobiliare" (pubblicato
da Pirola Editori e inventato da Francesco Tamborrino) a fare questo tipo di
lavoro, e i Rapporti Gabetti.
D. Ma questi erano comunque rapporti "aziendali" e comunque non di
"parti indipendenti". O no?
R. Si, c’era già il problema di evitare il "conflitto di interessi",
anche se allora non si chiamava così. L’Osservatorio si basava sul concetto
di chi fa un mestiere non ne deve fare altri confliggenti. L’autorevolezza -
per chi produce informazioni - per essere assicurata solo dall’indipendenza.
Se contemporaneamente si svolge attività di tipo commerciale è possibile ci
possano essere conflitti. L’informazione poi è un prodotto molto
particolare: nel momento in cui è conosciuta non vale più nulla (vale
"prima"), e si diffonde molto facilmente e velocemente e quindi è difficile
"appropriarsene" (se la produci fai fatica a ottenere i guadagni relativi).
Difatti, l’informazione è un bene pubblico e pubblico e pubblicamente viene
finanziato. In qualche modo, il lavoro che noi svolgiamo ha queste
caratteristiche. I nostri finanziatori infatti, hanno come scopo l’immagine
o il marketing o l’appartenenza a un club, non la produzione di
informazioni. Ma ho l’impressione che apprezzino in particolare il fatto che
noi svolgiamo un lavoro diverso dal loro.
D. C’è mai stata tentazione di mettersi a fare il mestiere dei propri
"finanziatori-clienti"?
R. Si, perché le richieste ci sono state, eccome, e ci sono sempre. E
sono sirene alle quali è difficile resistere. Ma resistere è indispensabile,
perché altrimenti si muore. Ma per fortuna le vie del Signore per quanto
attiene alla ricerca economica immobiliare sono praticamente infinite: il
mercato è grande, c’è posto per tutti, e si dilata.
D. E poi diventa sempre più globale.
R. Si, tanto è vero che noi ci stiamo sempre più attrezzando per avere una
dimensione non soltanto nazionale. Un esempio è la joint venture che stiamo
cercando di portare avanti con alcuni Istituti di Ricerca in Europa.
D. Quando hai iniziato ad occuparti di immobiliare, devo dedurre che
la cosa comunque Ti era piaciuta, perché se continui a farlo …
R. Si, mi era piaciuta quando cominciai ad occuparmi di ricerca. La
scelta è stata quella di lavorare nel campo della ricerca applicata. A volte
questa specializzazione mi sta anche un po’ stretta, perché se mi venisse
offerta l’occasione di lavorare su altri settori economici lo farei anche
volentieri, per non "fossilizzarmi" sul real estate.
D. Però l’immobiliare ti ha dato una vastissima notorietà …
R. Questo è vero. Forse era proprio ciò che cercavo. L’ho trovata
"comoda, proprio sotto casa", sono stato fortunato. E questo solletica la
mia vanità, che non è inferiore a quella degli altri… La mia notorietà,
però, deriva anche dalla confusione che si fa nell’informazione. Io ho di
certo beneficato dal mio predecessore Francesco Tamborrino: il nome è molto
simile (pura coincidenza, si capisce!) e ancora oggi se qualcuno mi dice che
"mi segue da 30 anni" ho il dubbio che non stia parlando di me. È vero, amo
la popolarità, ma onestamente non faccio nulla per "curare l’immagine".
D. Ma non ne hai bisogno! Sei sempre circondato da giornalisti, e
ogni tuo invito è raccolto subito, perché è un momento di prestigio.
R. Se tu mi dici come piacevoli, non posso che sottoscrivere.
D. Una ulteriore notorietà Ti deriva dal fatto di esserti occupato
molto, negli ultimi anni, di dismissioni pubbliche. Com’è successo?
R. Anche lì la cosa è nata casualmente. Nel ’95 Tiziano Treu,
Ministro del Lavoro, stava preparando la riforma del sistema pensionistico,
in cui c’era la delega al Governo per disciplinare la materia immobiliare
degli Enti Previdenziali. Mi chiese così di studiare il problema - "gratis
et amore dei" tra parentesi - per cercare di capire come la delega potesse
essere trasformata in legge. Presso il Ministero fu costituito così un
piccolo gruppo di studio: ne facevano parte, oltre a me, Roberto Mostacci
del Cresme, e … Pandolfo, un noto giurista. Lavorammo per diversi mesi a ciò
che divenne poi il D.Lgs. n. 104/96. Non era scontato, ma accadde: io fui
chiamato a presiedere l’Osservatorio Immobiliare degli Enti di Previdenza,
incarico che doveva durare cinque anni, cioè il tempo necessario per attuare
il progetto di dismissione del patrimonio immobiliare degli Enti stessi,
previsto dalla legge.
D. Avresti mai immaginato che l’immobiliare sarebbe diventato la Tua
vita professionale? Il Tuo destino?
R. No, francamente no. Il caso governa molto le vicende umane. Ma il
bello dell’immobiliare è che ti dà una connotazione, ma è allo stesso tempo
è totalmente ampio e sfaccettato da consentirti di non fare mai un lavoro
ripetitivo.
D. Era la prima volta che lavoravi con il "pubblico"?
R. Mai con tali responsabilità. Un incarico importante l’avevo avuto
anni prima, presiedendo una Commissione presso il Ministero dei Lavori
Pubblici. Si occupava di "progetti sospesi" della ex Cassa del Mezzogiorno.
La Cassa era stata sciolta, ma aveva gestito una quantità di progetti
infrastrutturali sparsi un po’ ovunque: dighe, acquedotti, strade, etc.
Questi progetti dovevano quindi, se del caso, trovare un nuovo gestore. Di
altri, non più attuabili, occorreva disporre la chiusura. Il lavoro era
molto interessante, e durò un paio d’anni: inventario, riassegnazione e
cessione dei progetti, scoprendo a volte cose incredibili. Tieni presente
che lo smantellamento di certi importanti "sospesi" comporta comunque dei
costi spesso notevoli. Questo mi permise di conoscere molti e
qualificatissimi esperti. Uno divenne Presidente del Consiglio Superiore dei
Lavori Pubblici e mi chiese di farne parte: era la prima volta che un
economista veniva chiamato a quel ruolo tradizionalmente ricoperto da
ingegneri.
D. Torniamo al "Tuo" Osservatorio.
R. Riconosco di averne un po’ la paternità, di quella Legge (anche se
ciò che scaturì dalla formulazione normativa fu molto differente dal
progetto proposto dalla Commissione…). Anche se quel progetto è andato
fallito, continuo a pensare che quella legge era buona e ben fatta. Mancava
però di un particolare, e non di poco conto: i poteri cogenti attribuiti al
soggetto che doveva realizzare il compito, nei confronti dei soggetti con i
quali aveva a che fare, cioè gli Enti. Il meccanismo era basato
sull’adesione volontaria. La cosa risultò così molto faticosa. Il mettere
ordine nel patrimonio immobiliare, comunque, a certi risultati portò. Io
sostengo che il progetto è fallito perché non si è fatto ciò che era stato
previsto, e cioè la valorizzazione del patrimonio. Ma dall’altro, ha avuto
successo perché non avendo avviato il processo di riordino degli immobili
degli Enti è stato possibile concepire le privatizzazioni. Prova è che le
privatizzazioni immobiliari si sono fatte, sinora, solo per gli Enti
Previdenziali che avevano un grado di ordine che altri posti nuovi non
avevano. Quanto si è incassato e come, beh, questo è tutto un altro
discorso.
D. All'arrivo all’Osservatorio, eri consapevole del caos che avresti
trovato?
R. Si, abbastanza, avevamo fatto un indagine. Ricordo che un
"vecchio" Capo di Gabinetto mi predisse che avrei passato il 90% del tempo
ad occuparmi non di questioni economiche ma burocratiche. Non si sbagliava,
anzi fu ottimista. È stato il 95%.
D. Ti pesava, questo spostamento di equilibri anche fisici, questo
"avanti e indietro" continuo tra Bologna e Roma?
R. No, non più di tanto. Mi costrinse però a rinunciare ad un
incarico cui tenevo moltissimo: l’insegnamento di storia economica
all’Accademia Militare di Modena, che avevo da lunghi anni. Non potevo più
garantire la continuità, stando a Roma mediamente due/tre giorni alla
settimana.
D. L’"Osservatorio" è passato di mano, dal Ministero del Lavoro al
Ministero dell’Economia…
R. Si ma per sgomberare il campo da ogni possibile interpretazione
maliziosa, ho dato le dimissioni con l’intenzione di passare il testimone,
sino alla sua scadenza naturale.L’ipotesi non è andata in porto, ma le
persone con cui noi avevamo lavorato, che avevano in questi anni acquisito
una professionalità ed una conoscenza di prim’ordine dell’argomento, sono
state "dirottate" all’interno del sistema, senza problemi.
D. Quanti erano? Tutti ricordiamo che nella Commissione c’eri Tu,
c’era Edoardo Viganò (allora Presidente di Richard Ellis, poi in Telemaco, e
poi ritiratosi a vita quasi privata, ndr ), c’era Oliviero Tronconi, del
Politecnico di Milano…
R. Quattro, erano, e poi altri quattro consulenti "fissi".
D. A marzo 2003 avete riconsegnato le chiavi dell’ufficio…
R. E si è disperso totalmente un know how che avrebbe potuto essere
estremamente utile per il completamento di queste operazioni. Non
dimentichiamo che la dismissione vera e propria deve ancora partire. La
cartolarizzazione di cui alla "Finanziaria" di quest’anno è iniziata solo
come attività finanziaria, con Enti che a questo punto non hanno più un
riferimento certo, con un’operatività che sotto certi aspetti è ancora più
complessa che in passato, e quindi con difficoltà che io vedo crescenti.
D. Che accadrà ora?
R. C’è un disegno, che riguarda la valorizzazione degli immobili
pubblici, e che incomincia agli inizi degli anni ’90. Ma la mano, nel tempo,
cambia: cambiano i Governi, i consulenti e le persone che se ne occupano. Il
problema strutturale, però, rimane sempre lo stesso, cioè quello di trovare
la chiave di volta per far in modo che il patrimonio pubblico (sconosciuto,
degradato, mal gestito) esca da questo stato per diventare una vera
"risorsa", un asset per la società. Qualcosa, in questi anni, su questa
linea si è fatto, e il percorso è tracciato.
D. Intanto, però, è cambiato anche il mercato immobiliare privato.
R. Certo. Nel "creare le condizioni" per lo sviluppo, si sono fatte
molte cose che vanno nella direzione giusta. Pensavamo ad ampie strutture
come l’Agenzia del Demanio o Patrimonio spa, che hanno grandi potenzialità,
soprattutto che erano un adeguato sostegno politico e regolamentare. Si
rischia però sempre di trovarsi ancora con il problema che le strutture
private hanno risolto.
D. Cioè?
R. Se tra il soggetto incaricato (sia esso l’Osservatorio o quant’altro)
è il policy maker si taglia il cordone ombelicale. Occorre creare strutture
con un certo grado di indipendenza e capacità di missione. E che abbiano dei
manager veri. Una volta che la politica ha fatto la sua parte (e quindi può
arrivare fino alla scelta dei manager), cioè, la politica deve fare un passo
indietro e la struttura deve fare un passo avanti.
D. Ti piacciono gli spin-off?
R. Ancora, vanno nella direzione giusta. Lo spin-off taglia il
cordone ombelicale tra l’azienda o l’impresa che svolge determinate
funzioni, e la "parte" che svolge la funzione immobiliare. Certo, occorre
avere sempre un approccio critico e non "bersi", semplicemente, delle
innovazioni, senza adattarsi alle circostanze. Finché non lo fai, però, non
saprai se "estrai" davvero valore dagli immobili. La specializzazione delle
funzioni ha anche questo senso, e si è affermata anche sotto il profilo
analitico già con la rivoluzione industriale. Se ne era accorto Adam Smith,
studiando la "Ricchezza delle Nazioni". Il mondo immobiliare se ne è accorto
solo pochi anni fa. Le aziende impiegavano le migliori intelligenze a "fare
il prodotto" che producevano, e gli immobili li lasciava in mano ai
burocrati, spesso però correttissimi e onesti. Sotto il profilo dell’onestà,
però, l’immobiliare non gode di una reputazione particolarmente elevata.
D. Questo è un argomento minato.
R. Si, è vero. L' espressione "speculazione immobiliare" è quanto di
peggio ci possa essere!
D. Torniamo al cambiamento del mercato. È cambiato il pubblico, è
cambiato il privato e la rivoluzione viene da lontano…
R. Ciò non riguarda solo l’immobiliare: riguarda tutta
l’organizzazione economica del Paese. Le possibilità dell’informatica sino a
pochi anni fa non erano neppure pensabili. Il ragioniere di cui parlavamo
prima queste informazioni le aveva tutte nella testa…..Siamo in fase di
industrie nascenti, di settori nascenti, c’è il solito problema del Far
West. Le regole non ci sono e chi arriva prima..… Insomma, i mercati si
devono formare, e con un mercato in cui i beni sono "unici", un po’ come il
mercato dei beni artistici, le necessità di informazioni sono ancora più
evidenti. L’assenza di informazioni restringe le dimensioni del mercato.
Oggi il tema si pone, molto forte, per i prodotti finanziari a contenuto
immobiliare: dove il rischio di "bidoni" è pazzesco e può essere attenuato
solo da regole molto precise che riguardano tutto il sistema
dell’informazione. È sorprendente che gli organismi di sorveglianza e
controllo non se ne siano accorti. In fin dei conti il mercato immobiliare
rappresenta un buon quarto dell’economia nazionale. Le costruzioni, da sole,
"fanno" 1,8 milioni di addetti, ed hanno un coefficiente di attivazione che
con l’indotto li porta a 2,6÷2,7 milioni. Nella formazione del "capitale
fisso" le costruzioni pesano per metà. E poiché nel capitale fisso è il
futuro del Paese, che questa metà si formi bene o male fa una certa
differenza.
D. Non Ti pare, però, che di immobiliare si parli ancora troppo poco?
R. È vero, la rilevanza non viene percepita e gode di cattiva
reputazione.
D. Cosa faresti Tu, se avessi la bacchetta magica che come sappiamo
non c’è? Proviamo ad elencare un paio di soluzioni.
R. L’informazione, innanzitutto, di cui il settore pubblico dovrebbe
farsi carico con una Autority appositamente costituita, anche se questo è un
periodo in cui le Autority non sono molto di moda.
D. Anche per evitare la formazione di "sottoparrocchie" che dettano
regole loro.
R. Si, perché una struttura solo in parte pubblica e con una missione
ben precisa può avere questa capacità. Poi, la gestione dei ruoli. E la
formazione, cui si è cominciato finalmente a mettere mano.
D. Ecco, la formazione. Non trovi ci sia, oggi, una certa
disomogeneità fra le varie offerte didattiche?
R. L’Università è in crisi, e tenta un rinnovamento, ma in questo
momento c’è una confusione straordinaria. C’è una proliferizzazione
mostruosa di indirizzi con specializzazioni nominali a dir poco fantasiose.
Ma poi ci sono spazi di cooperazione fra pubblico e privato. Se le Società
di Gestione di Fondi Immobiliari, ad esempio, ritenessero importante che vi
fosse un’attività formativa per tecnici con base comune per la gestione,
forse avrebbero le capacità organizzative e l’appeal per formalizzare un
accordo a "mettere in piedi" qualche Master specifico. Io però, alla fine,
suggerisco sempre una bella laurea tradizionale, e un paio d’anni
all’estero.
D. Hai fiducia nei giovani?
R. Spero di avere fiducia nella gente in generale. Organizzare le
persone, le strutture, però, non è tanto il mio pensiero. Credo molto nel
lavoro individuale.
D. Adesso, concluso l’Osservatorio, sei però sempre impegnato con
l’Agenzia del Demanio. Ti assorbe molto?
R. Non tantissimo, un paio di volte al mese. Posso quindi riprendere
l’insegnamento e cercare di accelerare sui "nuovi progetti" di Nomisma:
trasformare un prodotto sin qui abbastanza artigianale in un qualcosa con
maggior "robustezza statistica".
Nota
Gualtiero Tamburini dava poi corso alla promessa. Con una importante novità.
Veniva eletto , agli inizi del 2004, alla presidenza di Assogesti,
associazione che poi cambiava nome , divenendo Assoimmobiliare ( per info,
www.assoimmobiliare.it ). Il resto è cronaca recente.....
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