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	Le mie Interviste
           
	
	 Tedesco (la sua città è Amburgo, dove è nato nel 1959), l'architetto Fritze 
	è in realtà un cittadino del mondo. Dopo la scuola superiore, il "Bachlor of 
	Art Degree" lo ha preso a Londra, Central St. Martins, ma ha studiato anche 
	in Italia: Masters Degree presso la Domus Academy, di Milano, e Marketing 
	Degree presso la SDA Bocconi.
 Lavora nell'ambito di Architettura, Design e Management.
 Dopo un periodo di esperienza iniziale di tre anni a Milano, trasferimento 
	in California, a San Francisco e nella Silicon Valley con Frogdesign, per 
	due anni; ritorno in Europa - Olanda - per tre anni nel Design Management 
	alla Philips Electronics; in Italia come socio di Michele De Lucchi e 
	responsabile del gruppo design Olivetti, seguito da un periodo 
	prevalentemente per clienti internazionali; nel 1997 fondazione di Studio & 
	Partners in societa' con Nicholas Bewick.
 Fritze vive a Cernobbio. Lo Studio è in Milano centro.
 
	D. Lei fa 
	l'architetto-manager, ma un architetto è pur sempre un architetto, anche se 
	anche manager. Qual è la Sua idea dell'architettura, oggi, qual è il suo 
	"senso"?R. Se penso all'architettura autoreferenziale di molti architetti - 
	un nome per tutti, Aldo Rossi - direi che oggi non si possa parlare di un 
	senso dell'architettura. Ma dato che sono un ottimista credo di cogliere 
	anche un'attenzione diffusa per i temi ecologisti ed ambientalisti, per un 
	uso intelligente delle risorse disponibili e in questo consiste il senso 
	dell'architettura oggi per me.
 
 D. Architettura con un rapporto specifico e particolare, quindi, con 
	l'ambiente...
 R. Come ho già detto, l'archittetura non può limitarsi ad inserirsi 
	in un contesto, ma deve attivamente integrarvisi, con un processo attento 
	all'uso dei materiali e all'impatto che produrra l'edificio una volta che 
	sarà "in funzione". Occorre quindi una profonda consapevolezza del "genius 
	loci" e delle più innovative soluzioni tecnologiche.
 
 D. Edifici "per collettività"? (penso alla Cattedrale di Brasilia, ma 
	anche un albergo a stelle a Dubai. C'è una nuova simbologia?
 R. Se un tempo gli edifici pubblici avevano anche lo scopo di 
	reificare un potere: le cattedrali magnificavano la grandezza di Dio e 
	mostravano al contempo il potere temporale della Chiesa, i castelli e i 
	palazzi incarnavano in modo tangibile e concreto il potere politico, oggi 
	molti edifici pubblici mi sembrano piu che altro un'autocelebrazione del 
	progettista e un'espansione del suo ego. Ma si tratta di alcuni casi, mentre 
	piu in generale penso che la nuova simbologia degli edifici per collettivita 
	vada ravvisata nel tentativo di realizzare opere facilmente fruibili, spazi 
	funzionali, attenti al benessere dell'utente finale. Importando un concetto 
	chiave della tecnologia informatica parlerei di "human interface". Cito per 
	tutti Renzo Piano.
 
 D. Cosa c'è, se c'è, di sbagliato, nell'architettura contemporanea?
 R. La contemporaneità. A parte i paradossi: credo che l'architettura 
	non debba vivere hic et nunc, ma portare in grembo le tematiche del domani, 
	senza miopi protagonismi estetizzanti fini a se stessi.
 
 D. Che "peso" ha per Lei la firma di un grande o noto architetto nel 
	valore commerciale di un edificio?
 R. Ritengo che la notorietà di un grande architetto influisca piu sul 
	valore simbolico di un edificio, che non su quello prettamente commerciale. 
	In ogni caso il bagaglio di esperienza di un noto architetto ha certamente 
	un effetto positivo sulla qualità del progetto e garantisce al committente 
	delle certezze per quanto concerne lo stile e le soluzioni più adatte per il 
	tipo di edificio che deve essere realizzato.
 
 D. Ha dei "modelli" di architetti? Chi l'ha influenzata di più?
 R. Richard Neutra, Frei Otto e l'architettura locale tipica di ogni Paese.
 
 D. Che tipo di edifici Le piace più progettare e realizzare?
 R. Luoghi di lavoro e uffici, perchè sono gli spazi in cui passiamo 
	più tempo, talvolta anche piu che nelle nostre case. Purtroppo...
 
 D. Quali materiali predilige, e per che cosa?
 R. L'aria, perche lo spazio diventerà la "materia" piu preziosa del 
	futuro. Per quanto riguarda gli altri materiali, meno eterei, sarebbe lungo 
	rispondere: dipende dal tipo di edificio, dalla sua funzione, dal contesto 
	architettonico in cui è inserito, la nazione...
 
 D. Cosa Le piacerebbe progettare, tra le tipologie che non ha ancora 
	fatto? Il famoso architetto Mario Botta, ad esempio, mi ha dichiarato che 
	vorrebbe poterrealizzare un Convento...
 R. Un municipio o un ministero, affinchè il rapporto tra stato e 
	cittadino possa migliorare. Sarà forse perche sono tedesco e da noi il 
	concetto di collettivita e di bene comune è fondamentale e molto sentito. 
	Per quanto adori vivere qui, ammetto che a volte in Italia patisco un pò la 
	mancanza di una certezza del diritto. Ricorda Kohlaas? Non Koolhaas, ma il 
	povero Michael che, nel romanzo di Kleist si ribella contro il potere 
	tentando disperatamente di difendere i propri diritti e finisce 
	ghigliottinato? Ecco la mia utopia - nemmeno tanto utopica - : lo stato non 
	deve più essere considerato l'autorità che fa - o più spesso, non fa - 
	graziose concessioni ai propri cittadini, ma piuttosto un ente che si mette 
	al loro servizio. Mi piacerebbe confrontarmi con questa tematica, per 
	favorire e dare espressione a un' inversione di ruoli.
 
 D. Ha mai realizzato, da designer, oggetti di uso quotidiano?
 R. Sì, naturalmente! Per Guzzini, Castelli-Haworth, Philips, Sun, 
	Logytec e altri. Comunque la produzione in serie, storicamente tipica del 
	design più che dell'architettura, costituisce ormai un elemento fondamentale 
	anche di quest'ultima. L'architetto contemporaneo deve essere capace di 
	applicare il concetto della produzione in serie alla sua professione, in 
	quanto la nuova logica del cantiere moderno, con il suo alto contenuto di 
	elementi prefabbricati, lo incentiva.
 
 D. Il Paese che ora è anche il Suo, l'Italia, sembra attraversato - 
	dopo anni di immobilismo - da un nuovo fervore immobiliare, cui si unisce un 
	vero e proprio furore architettonico: si parla addirittura di un "nuovo 
	Rinanscimento". Ne arrivano gli echi, nei Paesi in cui Lei lavora, e come?
 R. Pur essendo percepito qui come un eccezionale fervore, questo 
	"furore" si riduce ad attivita di ordinaria amministrazione se paragonato al 
	livello normale di attivita architettonica degli altri paesi europei. Direi 
	che all'estero non se ne parla in termini entusiastici; questo anche perchè 
	mancano progetti di rilevanza architettonica internazionale - a parte poche 
	eccezioni come, per esempio, il progetto di Fuksas all'EUR e i due progetti 
	della Fiera a Milano.
 
 D. In Italia stanno operando moltissimi architetti stranieri, da 
	Foster a Liebeskind, da Tange Jr a Zaha Hadid. Stanno facendo di tutto: 
	masterplan, nuovi city quarter, alberghi... Quali architetti italiani sono 
	noti all'estero, secondo Lei?
 R. Per lungo tempo solo Renzo Piano, recentemente anche Massimiliano 
	Fuksas.
 
 D. L'architetto sembra aver assunto, da noi, il ruolo di opinion 
	maker, e non solo di opinion leader. Si organizzano dibatti, conferenze 
	dedicate non solo ai temi dell'architettura, ma anche ad altro, e 
	l'architetto è sempre più presente, sempre più invitato, sempre più 
	intervistato. Che ne pensadi questoatteggiamento, che molti definiscono 
	eccesso di "protagonismo", per uno che fa il Suo mestiere? E' così anche 
	all'estero?
 R. C'e' chi passa molto tempo nel suo studio e chi negli studi 
	televisivi o nelle sale conferenza: sono scelte che non discuto. All'estero 
	si ha piu opportunità di "praticare" il mestiere, e quindi si può dibattere 
	piu di architettura, soprattutto delle opere realizzate, e meno di altri 
	argomenti. Probabilmente i dibattiti in italia sono piu divertenti e, data 
	la varieta' e spesso amenità degli argomenti trattati, ci sono certamente 
	meno spettatori addormentati tra il pubblico. Quella dei "protagonisti" 
	comunque non e' una categoria solo italiana, ce ne sono anche negli altri 
	Paesi, però non li invitano ai talk show.
 
 D. Grattacieli o non grattacieli? Questo il dibattito, oggi, a 
	Milano. E' noto che il Sindaco Gabriele Albertini ama lo sky-line di 
	Manhattan, e vorrebbe una Milano con molti grattacieli (oltre a quelli già 
	programmati). Qual è il Suo parere?
 R. La "città verticale" è l'unica opzione realizzabile per le 
	metropoli del 21esimo secolo, su questo non c'è dubbio. Ho qualche riserva 
	sull'opportunità dell'inserimento dei grattacieli nei diversi contesti 
	architettonici: penso alle realtà storiche o di piccole dimensioni. Ad 
	esempio, non ho mai capito il valore dei grattacieli in una città come, ad 
	esempio, Brescia.
 
 
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