11 marzo 2010
		
		di Paola G. 
		Lunghini
		
		da EIRE Forum, 11 marzo 2010 (www.italiarealestate.it)
		La “voglia di ripresa”, dopo 
		oltre due lunghissimi anni di stasi (o dovrei dire terrore?) sta 
		aleggiando ovunque in Europa e nel mondo.
		Due anni talmente lunghi che sembrano – anche a chi, come me, ha visto e 
		vissuto quattro cicli di mercato, e che ogni giorno vive in un 
		“frullatore del tempo“ che ogni giorno di più aumenta la velocità – non 
		due anni, ma... due decenni.
		
		“Voglia non significa che la ripresa ci sia già (alcuni credono che 
		il bel tempo stia per tornare, altri prevedono ancora anni di 
		turbolenza), ma è comunque un segnale di cambiamento in meglio.
		Su una cosa, però, tutti gli esperti concordano: il mercato immobiliare, 
		e quello di impresa in particolare, non sarà mai più una landa di puro 
		trading, di affari e basta. 
		La grande crisi di questi ultimi anni ha innescato nuovi processi, anche 
		a livello di ricerca, di innovazione e razionalizzazione, che certamente 
		porteranno a medio termine grandi benefici, in termini di conoscenza, 
		trasparenza e capacità di interscambio.
		Il mercato immobiliare anche a livello internazionale ha fatto molta 
		fatica a organizzarsi. In alcuni Paesi ha molta più storia che in 
		Italia, e alcuni concetti base sono profondamente radicati. E ciò al di 
		là delle oscillazioni dei valori e degli andamenti più o meno positivi 
		dei prezzi.
		Marketing. I prodotti immobiliari esistenti oggi sul mercato sono molto 
		numerosi e sta diventando vasto pure il campo dei servizi immobiliari. 
		Lo studio del marketing immobiliare, però, soffre di una certa 
		ingenuità, perché è ancora agli inizi. Nel mondo anglosassone, al 
		contrario, eccelle. Se è vero che le realtà del mercato immobiliare 
		negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Australia o a Singapore sono 
		ancora così profondamente diverse da quelle del nostro Paese, non è 
		affatto da escludere un travaso di tecniche, così come è potuto accadere 
		per il marketing dei prodotti di largo consumo, o per il marketing dei 
		servizi in generale.
		Informazione. La crescita di un mercato, però, dipende anche dalla sua 
		trasparenza. Il costo delle informazioni sul mercato immobiliare è 
		ancora elevatissimo , e sono ancora poche, a livello internazionale, le 
		aziende che elaborano ricerche in questa direzione. Fra queste dominano 
		le strutture di consulenza di matrice anglosassone, ma si vanno 
		proponendo in misura crescente associazioni di categoria o piccole 
		società specializzate, al tempo stesso esperte dei propri mercati e 
		orientate in senso internazionale. Questo significa che forse in futuro 
		si assisterà a una certa riduzione dei costi per procurarsi le 
		informazioni. 
		Comunicazione. Oltre che ottenere informazioni, gli operatori devono 
		anche fornirne al mercato, se vogliono avere successo: per questo, però 
		,servono strumenti adeguati. La conseguenza allora è che , per mantenere 
		le proprie quote di mercato , o per migliorare le proprie performances, 
		anche nel mondo immobiliare, come già in altri settori, la comunicazione 
		è destinata a svolgere un ruolo sempre più importante. Se i mercati si 
		allargano, aumentano di conseguenza i costi per il promotore che voglia 
		riuscire a essere presente. Si dilatano anche i tempi che gli 
		investitori devono dedicare all’ aggiornamento della nuova produzione di 
		beni e servizi offerti sui mercati.
		Formazione e occupazione. Ma non finisce qui. Così come accade in altri 
		settori, le risorse umane impiegate nell’ attività di promozione dei 
		nuovi prodotti per i nuovi mercati , e quelle impegnate nelle nuove 
		scelte di investimento sono il materiale più prezioso e raro anche nel 
		mondo immobiliare. Il settore ha fame di risorse umane specializzate. 
		Occorrono tecnici qualificati in tutti i comparti. L’ esperienza sul 
		campo non basta più. La base di partenza dovrebbe essere la scuola .Sono 
		sempre più numerosi coloro che invocano , anche per l’ Italia, nuovi 
		spazi per l’ istruzione immobiliare all’ interno delle Università. E’ 
		così strano pensare a una laurea in Economia immobiliare? Ai fini 
		occupazionali sarebbe sicuramente utile .
		Globalizzazione. La formazione immobiliare dovrà comprendere anche una 
		“educazione alla globalizzazione“. Ogni Paese continua a mantenere sotto 
		il profilo immobiliare la propria peculiarità. Ma il settore ha ormai 
		assunto una dimensione sovranazionale. L’investitore può ora scegliere 
		in quale Paese investire e l’operatore può promuovere i suoi prodotti (o 
		servizi) a una pluralità di mercati.
		Redditività. La globalizzazione non deve far dimenticare i problemi che 
		ancora affliggono la realtà italiana. Gli stranieri investono ancora 
		poco nel nostro Paese. Non soltanto perché l’Italia è a rischio, ma 
		piuttosto perché la trasparenza fiscale è ancora, nonostante tutto, 
		un’opinione, e perché le regole dei mercati internazionali non sono 
		state ancora fatte nostre…
		Finanziarizzazione. La speranza è che questi prodotti siano un esempio 
		di buona gestione anche per gli altri attori del vasto palcoscenico 
		immobiliare”.
		
		Alla luce degli eventi degli ultimi due anni, immagino siate tutti 
		d’accordo su ciò.
		
		Peccato che il lungo virgolettato ut supra, che a me si deve, sia datato 
		marzo 1995. 
		Scrivevo allora sul Sole 24 Ore: anzi, pur da “collaboratore esterno”, 
		avevo la mia pagina fissa in Finanza. 
		Persuademmo – io e l’allora mio collega “interno” Marco Liera, che con 
		me di immobili volentieri si occupava (da molti anni Marco di immobili 
		non si occupa più, è responsabile di PLUS, il settimane che esce il 
		sabato in allegato al quotidiano, ndr) - il Sole a realizzare il primo 
		“speciale“ mai dedicato dal quotidiano al mercato immobiliare, 
		ovviamente d’impresa. 
		Furono 10 pagine, ideate, pianificate e realizzate da noi (con alcuni 
		collaboratori) in poco più di 15 giorni, in un’epoca in cui le email 
		erano di là da venire. Si “andava“ con il fax, e le dettature... 
		
		L’Editoriale – rigorosamente anonimo, da cui il virgolettato ut supra è 
		tratto - teneva tre quarti di pagina e aveva come titolo “Voglia di 
		ripresa. Le sfide per il mercato“. Il Box diceva: “dopo anni di crisi, 
		il settore manifesta la volontà di risalire. Per riuscire, deve però 
		affrontare alcuni nodi di cruciale importanza“.
		Ricordo che lo scrissi di getto mentre ero fuori ufficio per un impegno 
		personale, dettandolo in redazione “a pezzi”, mentre stavamo per andare 
		in stampa.
		L’inserto uscì, con immenso successo, in un momento di mercato che più 
		basso di così non si era mai veduto. Fu una delle cose più belle della 
		mia vita di giornalista.
		
		Sono passati quindici anni e allora delle due l’una. O io nel 1995 
		vivevo nel futuro (cosa che mi sembra nonostante tutto improbabile), 
		oppure il settore ha “buttato via“ in pochi anni quindici anni di 
		progressi.
		
		Voglio però far presente che la “Voglia di ripresa“, dopo un paio d’anni 
		da quella storica pubblicazione, cominciò davvero a diventare “recovery”, 
		e poi ancora ciclo che così positivo e lungo non si era mai veduto.
		
		Non dispongo di bacchette magiche, e non ho la sfera di cristallo, ma 
		riaffido oggi qui a quelle parole (“Voglia di ripresa“) la mia 
		scaramantica visione del mondo. 
		Panta rei, ma anche Araba Fenice. 
		Ai posteri, per dirla con Alessandro Manzoni, l’ardua sentenza.