Editoriali |
Negozi storici gradatamente sostituiti da attivita' commerciali più competitive sul piano economico |
05 gennaio 2010 di Achille Colombo Clerici , Presidente di Assoedilizia e Vicepresidente di Confedilizia Per comprendere cio' che sta accadendo,al fine di disporre eventuali correttivi, occorre avere presenti e indagare a fondo i meccanismi e le dinamiche socio-economiche che danno luogo al fenomeno. Sono in ballo due interessi preminenti: -A) quello degli esercenti le attivita'; che si trovano di fronte al dilemma di accettare " buonuscite" milionarie in euro (non previste da alcuna legge, ma che sono di prassi diffusissima nel settore) e di andarsene piantando baracca e burattini ovvero di tirare a campare continuando attivita' spesse volte antieconomiche e gravate di imposte ed oneri gravosissimi. -B) quello dei proprietari locatori dell'immobile che non devono e non possono subire vincoli autoritativi preordinati al mantenimento di attivita' che, se non sono convenienti per chi gia' le esercita, non si capisce come possano risultare tali per chi eventualmente subentra nella loro gestione. In vero, non c'è attivita' commerciale diseconomica che possa esser mantenuta in vita "per decreto". Il problema della sopravvivenza dei negozi storici nasce soprattutto dal distorcente fenomeno delle “buonuscite”; cioè quei versamenti plurimilionari che intervengono o per compensare il commerciante che lascia liberi locali particolarmente appetiti sul piano dell'immagine o dell'indirizzo "griffato"; ovvero all’atto della cessione del contratto di locazione insieme all'azienda o al ramo d'azienda e che incidono pesantissimamente, per anni ed anni, come una vera “ipoteca”, sulla gestione economica dell’azienda stessa cessionaria che prosegue nell'attivita'. Un vero e proprio doppio dell' affitto. Altro che affitti commerciali cari! Meccanismo di buonuscita al quale peraltro il proprietario locatore è completamente estraneo. Gli affitti commerciali, è bene ricordarlo, sono protetti da meccanismi legislativi volti a impedirne il rincaro alla scadenza contrattuale. In sede di rinnovo del contratto, (dopo dodici anni di vigenza) i canoni possono si' essere aumentati; ma, se l’esercente non accetta, il proprietario gli deve un anno e mezzo del canone pattuito a titolo di indennita' di avviamento. Mentre l’offerta della “buonuscita” (peraltro soggetta a un trattamento fiscale vantaggioso, per non dire dei casi di versamenti "ufficiosi") a chi esercita un’attività commerciale, laboriosa e soggetta a oneri amministrativi e tributari gravosi, da parte di operatori che spesso mirano ad acquisire punti commerciali strategici (“indirizzi griffati”) ai fini di un ritorno di immagine che surroghi la credibilità e la attrattività storica tanto premianti in certi settori; l'offerta di buonuscita, dicevamo, è in grado di minare qualsiasi resistenza e qualsiasi ragione affettiva di chi gestisce antiche attività, pur ricche di fascino e di tradizioni. E’ dunque sul meccanismo distorcente delle “buonuscite” che occorre incidere in prima istanza per impedire cessazioni di attività e trasformazioni di beni aziendali commerciali (anche aventi valore di beni culturali). |