(tratto da “Economia 
		immobiliare” N° 42, secondo semestre 2011)
		
		Editoriale di Paola G. Lunghini 
		
		«La riflessione è molto semplice, quasi una doccia fredda, soprattutto 
		se penso ai fondi retail ed ancor più ai piccoli risparmiatori che hanno 
		affidato parte del loro patrimonio ai Fondi Immobiliari».
		Mi scriveva così, in data 20 ottobre 2011 – al termine di un Convegno 
		organizzato a Milano da Assogestioni e IPD dal titolo “Fondi 
		Immobiliari: meccanismi di way out e fase di liquidazione finale. Un 
		confronto internazionale e possibili soluzioni” – un caro amico che, 
		assai esperto del tema, mi chiedeva però di mantenere l’anonimato.
		«E' vero che la nostra industria finanziaria immobiliare è molto 
		giovane, ma questa non può essere la scusante per cominciare a mettere 
		le mani avanti adducendo complessità gestionali, edulcorate dalla 
		congiuntura macroeconomica, per giustificare un risultato operativo che 
		non porta a casa, a seguito della dismissione dell'asset, il tanto 
		declamato valore indipendente del NAV. Sino a ieri si parlava 
		dell'imperfezione dell'asettico mercato telematico dei Fondi, che non 
		comprende appieno l'industria, il sottostante o gli operatori e della 
		sfiducia degli intermediari (finanziari), come giustificazione dello 
		sconto medio (dichiarato) più vicino al 40 che al 30%.
		La mattina del 20 ottobre, al Convegno ut supra, il Panel dei Relatori - 
		rappresentanti di sei tra le maggiori SGR italiane - era d'accordo nel 
		ritenere possibile (quando non quasi fisiologico) incontrare difficoltà 
		di liquidazione a valori del NAV (o superiori), salvo accettare una 
		“diminuzio” del 20-25%.
		«Altre dichiarazioni hanno avuto l'ardire di affermare che il rendimento 
		atteso non è un obbligo, ma sebbene ciò sia ineccepibile sotto un 
		profilo legale-formale, è scandaloso solo il pensarlo. Quando il 
		risparmiatore affida il frutto delle sue fatiche a un prodotto a lungo 
		termine e chiuso (così come sono i Fondi Immobiliari) e ha la pazienza 
		di attendere la maturazione dei frutti del suo investimento, è un dovere 
		ancor prima etico del gestore impegnarsi profondamente a rispettare la 
		"promessa" attesa».
		Bontà dei business-plan proposti agli investitori e sicurezza del 
		mattone accresciuta dalle capacità del gestore professionale non contano 
		dunque nulla? si chiedeva l’amico. «Dalle risposte date dai Relatori 
		queste sembravano fatue promesse, giustificate semplicemente dal fatto 
		che "noi ci siamo impegnati, ma è il mercato che è cambiato". Qui non si 
		tratta di attribuire a un qualcuno una colpa. Si tratta di capire che la 
		nostra giovane industria finanziaria immobiliare è prossima a morire, 
		almeno verso l'investitore retail, perchè epiloghi come quelli palesati 
		oggi non possono che confermare al risparmiatore che è stato un grave 
		errore affidarsi alla finanza; e sarebbe stato molto meglio acquistare 
		un paio di box, o un bilocale vicino a una Università, anzicchè le quote 
		di un Fondo.E' triste, ma non è troppo tardi. I cosiddetti gestori 
		professionali si “diano una mossa” e da subito mettano mano davvero 
		all'analisi dei propri portafogli, ipotizzando soluzioni verso gli asset 
		più critici senza confidare nei periodi di grazia».
		«Allungano il brodo e posticipano solo il problema senza risolverlo; ma 
		intanto drenano commissioni delle tasche dei risparmiatori» mi ha detto 
		al termine del Convegno un noto esponente della real estate community.
		E un altro notissimo esponente della comunità immobiliare italiana, da 
		me interpellato sul tema, è andato oltre: in data 9 dicembre 2011 – 
		mentre il dibattito sulla “manovra Monti” assumeva toni vieppiù 
		incandescenti – mi faceva pervenire il suo commento sui destini prossimi 
		venturi della nostra industria immobiliare. Lo trovate qui di seguito 
		alla pagina 4, rigorosamente sotto pseudonimo. 
		Ma va bene così: non è paura ma piuttosto desiderio di evitare 
		“protagonismi” che non sarebbero forse compresi “colà dove si puote ciò 
		che si vuole”.
		Diamo dunque corso solo alle idee.
		Buona Lettura.
		
		Paola G. Lunghini, Direttore Responsabile