Editoriali

 

ASPPI e il federalismo fiscale
 05/09/2008

La presentazione della bozza di ddl firmata dal ministro Roberto Calderoli sul federalismo fiscale desta preoccupazione nell’Asppi, l’Associazione Sindacale Piccoli Proprietari Immobiliari.
«Siamo allarmati – esordisce il presidente nazionale dell’Asppi Luigi Ferdinando Giannini – da quanto emerso in fase di illustrazione del ddl: ai Comuni saranno assegnate risorse provenienti da tasse che avranno come base imponibile gli immobili. I proprietari immobiliari sono già fortemente vessati da un fisco iniquo che si accanisce contro chi ha investito nel mattone».
Una tassa comunale sugli immobili appare come una riedizione dell’Ici.
«Non vorremmo – prosegue Giannini – che dopo aver abolito l’Ici, con il nostro plauso anche se solo sulla prima casa, questo Governo tornasse sui suoi passi riproponendo una tassa diversa nel nome ma uguale nella sostanza. Da sempre l’Asppi ha raccolto firme, elaborato studi specifici e svolto una pressante ed articolata azione associativa per il superamento dell’Ici, da sostituire con una imposta sui servizi gravante su tutti i contribuenti e non solo sui proprietari immobiliari, che non sono gli unici beneficiari dei servizi erogati dai Comuni».
L’imposta sui servizi comunali dovrebbe avere come base impositiva il reddito.
«Non si comprende – aggiunge il presidente nazionale dell’Asppi – il perché non si voglia prendere come riferimento il reddito di ciascun contribuente. In tal modo chi guadagna meno, pagherebbe meno, realizzando quella perequazione fiscale prevista ed invocata dalla nostra Costituzione».
Tale sistema rispetterebbe i principi di equità e incontrerebbe le esigenze contingenti dei cittadini.
«Con l’avvento – evidenzia Giannini - della necessaria flessibilità nel mercato occupazionale, che però ha comportato spesso una diffusione del precariato, può accadere che nel corso della vita lavorativa ci possano essere periodi in cui i cittadini, specie i più giovani, guadagneranno di più ed altri in cui avranno a disposizione meno risorse. Senza dimenticare i pensionati che, ritirandosi dal lavoro, vedono diminuire il proprio potere d’acquisto. Con una tassa sulla casa che grava ogni anno sempre per lo stesso importo, si rischia di costringere i proprietari d’immobili, nei momenti di difficoltà o di mancanza di lavoro, a ricorrere a finanziamenti esterni per far fronte al fisco parassitario o, nel peggiore dei casi, a dover vendere la propria abitazione».
Il provvedimento va contro le recenti politiche di Governo.
«L’attuale Governo ha sviluppato una politica abitativa che incentiva l’acquisto della casa a scapito dell’affitto. Si rileva, purtroppo, un’evidente incoerenza di fondo nella decisione di tornare a tassare gli immobili, laddove si promuove, specie per i giovani e le nuove famiglie, la proprietà dell’abitazione».
Una imposta basata sul reddito non avrebbe le controindicazioni sopra elencate.
«Se si optasse per una imposta sui servizi riferita al reddito di ciascun contribuente – conclude Giannini – ogni cittadino pagherebbe, nel corso della propria vita, in funzione di quanto effettivamente introita ogni anno, non dovendosi preoccupare di far fronte a tasse cospicue sulla propria casa qualora in un determinato periodo la capacità contributiva diminuisse, ad esempio a causa di una perdita temporanea del lavoro. Questo permetterebbe di riequilibrare il rapporto col fisco, oggi fortemente iniquo nei confronti dei proprietari immobiliari».