(4 aprile 2011)
di Achille Lineo Colombo Clerici, Presidente di Assoedilizia
Che il condominio si avviasse ad essere antistorico dal punto di vista
urbanistico e sociale lo si era intuito da un pezzo: ma con la riforma
in corso di approvazione da parte del Parlamento si peggiora di molto la
situazione.
Infatti, se c'è un soggetto nella vita della città, da un lato restio a
qualsiasi rinnovamento edilizio e urbano, e dall'altro fonte
inesauribile di contenzioso, questo è il condominio.
Sotto il profilo del recupero edilizio, è il turn-over abitativo che dà
luogo alle opere manutentive e di adeguamento tecnologico, nonché agli
obblighi di certificazione: senza turn-over, non si ha (quasi mai)
riqualificazione.
Inoltre, il condominio rappresenta un freno alla sostituzione edilizia e
ingessa - di riflesso - la città.
La frammentazione della proprietà tipica dell'Italia rende impossibili
in radice i programmi di demolizioni e ricostruzioni caratteristici, ad
esempio, delle città tedesche.
La riforma ora in discussione alla Camera accentua questo fenomeno,
limitando gli interventi di modifica della destinazione d'uso degli
immobili e subordinandoli alla loro irrilevanza sul piano del godimento
delle cose comuni.
Questo, però, significa andare contro la tendenza oggi in atto, da parte
dei pianificatori comunali, di assecondare al massimo grado la
funzionalità dell'immobile in rapporto alle esigenze espresse dal
dinamismo della città: il caso del piano di governo del territorio (Pgt)
di Milano è emblematico.
Ammettere poi un'azione autonoma dei conduttori a presidio delle
destinazioni d'uso è una forzatura.
Sotto il profilo della litigiosità del condominio, il disegno di legge
in esame alla Camera pare entrare in modo significativo nella sfera
privata dei singoli condòmini.
Dietro la motivazione della sicurezza e della questione energetica, il
testo prevede tutta una serie di interferenze da parte dei condòmini,
dell'amministratore e dei conduttori, nella casa altrui.
Sul piano procedurale, peraltro, ad ogni piè sospinto di fronte ai
minimi intoppi, è previsto il ricorso al giudice. Per rendersene conto
basta vedere con quanta frequenza ricorrano nel testo le parole
«ricorso» e «magistratura». Questo proprio mentre la disciplina della
mediazione ha fatto slittare di un anno l'obbligatorietà della
conciliazione nel caso di controversie condominiali (che rappresentano,
insieme ai sinistri stradali, il grosso del contenzioso civile).
Non è finita qui. Il testo attuale della riforma prevede - con una norma
che si presta a più letture - che all'assemblea deliberante sulla
gestione ordinaria possano partecipare i conduttori.
La norma è dettata per gli inquilini degli usufruttuari e gia' come tale
non va bene perche' usufrutto non significa uso dell'appartamento: ci
sono palazzi in condominio con decine e decine di unita' godute,in modo
esclusivo o insieme al nudo proprietario, da un unico usufruttuario e
l'assemblea dei conduttori esautorerebbe il titolare del diritto reale
di godimento dalla amministrazione del bene .
Addirittura alcuni interpreti sostengono possa valere per tutti gli
inquilini; e cio' sarebbe ancor meno in linea con le esigenze della
proprietà.