Editoriali

 
Nuovi poteri all'interno della Riforma del Condominio
 

8 febbraio 2011

a cura di ANAPI , www.anapi.it

Ci sono volute due legislature per poter oggi vedere un disegno di legge sulla materia condominiale, frutto di un intenso o forse estenuante confronto tra tutte le parti politiche. Si è giunti a mercoledì 26 gennaio 2011 per avere il “si” pieno e unanime del Senato della Repubblica italiana.
Tale riforma è stata fortemente sentita tant’è che, mai prima d’ora, un progetto normativo è diventato urgente e improcrastinabile.
L’esigenza di modificare il capo II del titolo VII del libro III del nostro codice civile è stata dettata da ragioni processualmente sociali di una realtà che, nel corso degli ultimi sessant’anni, si è evoluta a dismisura, registrando, non solo un accrescimento esponenziale demografico ma, soprattutto, una evoluzione statistica notevole che vede la maggior parte delle famiglie, oggi, come “condomini”, mutando, del resto, il proprio stile di vita e adeguandolo, per l’appunto, alle esigenze condominiali. La stessa giurisprudenza, forse un po’ scarna o comunque in difficoltà, ha cercato di sostenere il peso evidente di una migliore concertazione civilistica, con affanno e senza un orientamento unanime.
Professori universitari, nonché varie Associazioni di categoria, in particolar modo ANAPI, si sono battuti tutti per il medesimo obiettivo.
Ecco le novità.
L’art. 1 del disegno di legge riscrive l’art. 1117 del cod. civ., individuando nuovamente, e con maggiore impulso, le parti comuni dell’edificio, sebbene l’impianto attuale del complesso condominiale sia estremamente variegato nelle sue forme e sostanze. A tal proposito, è l’art. 2 che introduce l’art. 1117-bis ex novo, annoverando, in maniera esplicita, la definizione normativa delle figure di condominio: sono ora disciplinate il condominio orizzontale (cfr. i villaggi residenziali) e il “supercondominio” (complesso edilizio condominiale strutturato in più condomini componenti).
Una maggioranza assembleare più accessibile permette, ex art. 1117-ter, di sostituire ovvero modificare rispettivamente le parti comuni o la loro destinazione d’uso; norma di tutela è l’art. 1117-quater mentre è merito dell’art. 1117-quinquies attribuire la personalità giuridica al condominio stesso, trasformandolo, così, in un soggetto autonomo con diritti e imputazioni di obblighi.
Ma le novità non sono ancora finite.
Se in passato un condomino non poteva sottrarsi all’utilizzo delle parti comuni, con spese annesse, udite udite, oggi è arrivato l’art. 1118 c.c. che stabilisce proprio la possibilità di rinunciare a tale utilizzo (vd. l’impianto di riscaldamento e di condizionamento), qualora, tuttavia, dalla sua rinuncia non derivi una situazione di squilibrio di funzionamento, né, tanto meno, di aggravi di spesa eccessivi per gli altri condomini.
E per molti impianti, innovazioni e strutture comuni al condominio alquanto onerose, servono ancora maggioranze qualificate alte? Ebbene, no. Secondo il disposto normativo del novellato art. 1120 c.c., basta un terzo del valore dell’edificio per decidere sull’eliminazione delle barriere architettoniche, cosicché anche i diversamente abili avranno il diritto di ottenere una forma di tutela della propria persona più diretta e incisiva, nonché meno gravosa sulla propria pelle, ipocritamente sfalsata dall’ironia della sorte. Ma non solo. Si delibera anche in materia di sicurezza e salubrità dell’edificio, per la realizzazione di parcheggi, per l’installazione eventualmente di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva.
È chiaro che, grazie al novello art. 1122 c.c., i condomini non potranno eseguire opere di modifica o attività che alterino la normale destinazione d’uso delle parti comuni, se da ciò scaturisce un danno alle parti stesse o alle proprietà esclusive, diminuendone, altresì, il godimento o per di più il valore stesso, recando, tra l’altro, un pregiudizio alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio interamente preso in considerazione. Nel caso sussistano condizioni che possano far dubitare dello stato di sicurezza del condominio, sarà l’amministratore stesso, anche su richiesta di un solo condomino, accedere alle parti comuni dell’edificio, con l’ausilio di un tecnico, per redigere un piano d’intervento, atto a ripristinare le condizione in dubbio poste.
Anche per l’amministratore ci sono importanti “innovazioni” giuridiche.
Prima fra tutte, la sua durata. In quanto mandatario, egli durerà in carica due anni, e non più uno. Caro condominio, è anche giusto tutelare un libero professionista, seppur non onerosamente, nel suo libero esercizio professionale.
Gli artt. 8 e 9 del disegno di legge prevedono, a carico dell’amministratore, l’obbligo di prestare idonea garanzia per le responsabilità e gli obblighi derivanti dal suo incarico, per un valore non inferiore agli oneri prevedibili.
Ma non finisce qui. L’amministratore potrà, in modo più incisivo, agire immediatamente contro il classico condomino moroso per la riscossione delle quote a questi spettanti. Se non provvederà, gli altri condomini saranno liberati dal fastidiosissimo vincolo di solidarietà, tra l’altro motivo determinante di molte liti condominiali, e sarà in tal caso l’amministratore a dover rispondere solidalmente con i morosi delle somme non riscosse e per i danni che ne sono derivati.
Se da un lato, la materia condominiale è stata finalmente aggiornata per metterne da parte una che onestamente sembra quotata, tuttavia, siamo ancora lontani da una documentata piattaforma perfettamente disciplinata. Ancora oggi, in molte Università, la materia condominiale è sottovalutata.
Il medesimo disegno di legge è ancora incompleto, sebbene lo si possa definire un input ad un prossimo, ancora, impegno per definire meglio, normativamente, la figura dell’amministratore. Si pensi che, in una società dominata dal settore privato delle libere professioni, tutte ordinate e registrate in appositi albi, vedi gli ingegneri, i medici, gli avvocati ecc, ancora manca un albo per gli amministratori condominiali. Vuoi per il difetto di qualificazioni proprie, vuoi per motivi di economicità, il Parlamento è ancora scettico e poco sovrano in tale direzione ma si auspica, in un futuro non troppo lontano, che una nuova riforma possa organicamente, funzionalmente e strutturalmente mettere ordine alle lacune di cui sopra citate.
Nuovi poteri al condominio e nuove prerogative per l’amministratore che si vede più forte, nuovi diritti per i condomini ma 43 milioni di italiani aspettano ancora il “si” della Camera dei Deputati. Solo allora, avremo delle risposte concrete, vicine alle esigenze e alle problematiche attuali condominiali, perché la materia sia più prestante e funzionale ai bisogni di tutti.