7 febbraio
2011
di Roberto Benaglia, Presidente Comitato Scientifico EIRE
Questa domanda, naturalmente declinata nel settore immobiliare, più che
risposte definitive richiede riflessioni. Sarebbe, infatti, complesso e,
tutto sommato sterile, dissertare comparativamente delle opportunità di
questo paese rispetto a quelle di altre aree geografiche del mondo.Ogni
paese ha le sue specificità e per questo offre opportunità non
semplicemente comparabili. Sarebbe facile, ma largamente restrittivo
paragonare semplicemente parametri economici o reddituali, che
richiederebbero, per essere correttamente interpretati, coefficienti di
riallineamento che tengano conto delle realtà macroeconomiche di ogni
singolo stato e del livello di rischio sotteso, sia dal punto di vista
dello sviluppo economico che da quello politico e sociale. Tutto questo
ricondurrebbe a un giudizio tutto sommato soggettivo, perché i modelli
reddituali rigorosi e freddamente numerici, dovrebbero poi essere letti
attraverso la lente delle percezioni del rischio e delle previsioni in
merito al futuro, che in quanto tali tutto sono tranne che certi e che
quindi risentono delle soggettive interpretazioni di ogni investitore.
Questo non significa che non esistano motivazioni economiche che
indirizzano a investimenti nel nostro paese, basti pensare alle enormi
opportunità che si genereranno non appena saranno immessi sul mercato
gli immobili che oggi, loro malgrado, appartengono alle banche che, per
molti motivi, non hanno ancora incominciato il necessario processo di
dismissione. Ebbene, è sulla base di questa premessa che a mio avviso,
le motivazioni a vedere l’Italia come un valido paese dove investire,
vadano ricercate nelle potenzialità ancora inesplorate più che nella
riproposizione di un modello freddamente finanziario che la
globalizzazione ha reso planetario ma i cui limiti sono apparsi evidenti
negli anni passati. Ogni paese, e l’Italia non meno di altri, ha bisogni
insoddisfatti che, se ascoltati possono trasformarsi in enormi
opportunità di sviluppo economico. La domanda quindi andrebbe
diversamente declinata: non tanto “perché” investire in Italia, quanto
“come” farlo. Ogni paese detiene risorse che se messe al lavoro si
possono trasformare in grandi risorse economiche, e non mi riferisco
ovviamente a materie prime di cui il nostro paese è francamente carente.
Mi riferisco a quelle risorse di cui viceversa siamo ricchissimi, spesse
inconsapevolmente, che ci vengono dalla nostra storia, dalla nostra
cultura, dalle nostre tradizioni. Rileggendo la storia recente del
nostro paese, appare chiaro che quasi tutte le famiglie sono
proprietarie della casa in cui vivono, così com’è altrettanto chiaro che
finito il processo d’industrializzazione, ormai anche quello di
terziarizzazione dell’economia italiana volge al declino. Questo
significa che grandi stock di abitazioni e uffici sono destinati a
rimanere inutilizzati e di conseguenza a non diventare in alcun modo
oggetti di possibile investimento, anzi costituiscono cattivi esempi di
un insensato uso del territorio. Continuando a guardare la struttura
della nostra società attuale, salta immediatamente all’occhio quanti
nuovi problemi siano ancora in attesa di una valida soluzione: la cura
degli anziani, le scuole e le università, la casa per le famiglie a
basso reddito, le strutture per l’ospitalità temporanea di studenti e
lavoratori fuori sede, sono solo alcuni esempi e sono certo di essermi
limitato a esempi assolutamente evidenti. Ma quante altri campi di
sviluppo si potrebbero intercettare semplicemente lasciando lavorare un
po’ di più la fantasia e la creatività al posto della nostra
inseparabile calcolatrice?
Turismo inteso come valorizzazione di strutture esistenti e non più
utilizzate, che faccia leva sui luoghi culturali di cui il nostro paese
è straordinariamente ricco. Valorizzazione, perché no anche attraverso
processi di partecipazione degli investitori privati, delle strepitose
risorse museali e collezionistiche. Ancora una volta mi accorgo di
essermi limitato alle ovvietà, ma mettendo al lavoro creatività e
fantasia sono certo che l’elenco potrebbe diventare molto più ricco. E
ancora, chi di noi non conviene che una delle più grandi carenze del
nostro paese risiede nella mancanza e inadeguatezza del sistema
infrastrutturale. Questo che è vissuto come un drammatico problema
legato alla carenza di risorse economiche dell’apparato pubblico, non
potrebbe trasformarsi in opportunità d’investimento se opportunamente
gestito in un partenariato pubblico-privato? E quanto valore inespresso
risiede nell’enorme patrimonio immobiliare riconducibile alle pubbliche
amministrazioni, che spesso inconsapevoli del semplice valore di mercato
per non parlare di quello potenziale, se lo lasciano scippare attraverso
poco sensate operazioni di dismissione. Pensando a scrivere in merito ai
possibili argomenti che inducano a investire nel nostro paese, sono
stato inizialmente colto dalla paura di non trovarne abbastanza o di
sufficientemente convincenti, posso concludere invece che il semplice
rifletterne in merito mi ha fatto capire che tanto si può e si deve
ancora fare in questo paese, e che di conseguenza, dove s’individuano
consapevolmente le necessità, è automatico che emergano le opportunità.