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dicembre 2010
di Assoedilizia
Secondo Assoedilizia nel 2010 l’investimento immobiliare ha riscaldato
il motore, pronto a ripartire nel 2011. A meno che …
Speranze e timori sono riassunti in queste cifre e valutazioni. Nel 2010
leggero progresso del mercato (620.000 unità immobiliari vendute, più
3,3% rispetto al 2009): la Lombardia, il più importante mercato
nazionale assieme al Lazio, dovrebbe registrare nel 2010 oltre 130.000
compravendite; è continuato anche nel 2010 il ribasso dei valori (meno
2,2%), ma una risalita analoga si avrà nel 2011.
Al Nord il mercato residenziale ha registrato un aumento delle
compravendite del 2,5%, al centro di oltre l’1%, mentre al Sud c'è stato
un calo del 14%: un trend che conferma la diversa disponibilità di
risorse per rispondere alla crisi.
Fenomeno diffuso in tutto il Paese: un incremento delle vendite nei
capoluoghi e un calo nella provincia. Qualche altro dato: Milano guida
la classifica con più 20%, seguono Roma con 14%, Bologna 7%, Genova
1,5%; mentre sono in calo Torino con meno 2,5%, Firenze con 7,5% e
Palermo con 10,6%.
Invariata la redditività degli affitti, stabile al 4,9% lordo, che si
riduce a meno del 1,5 % - 2% al netto dell’attuale tassazione e degli
altri oneri; mentre e' calato il prezzo degli uffici del 3,3% e si
riducono anche i canoni d'affitto (-4,6% su base annua).
Da rilevare un fortissimo aumento della morosità nelle locazioni,
soprattutto nel settore diverso dall’abitativo (negozi, locali pubblici,
attività artigianali ecc.): conseguenza diretta della crisi economica in
atto.
Nel complesso, dopo la stabilizzazione, una moderata ripresa a
conclusione di un triennio negativo.
Il relativo ottimismo per il 2011 viene dal fatto che resta elevata la
fiducia delle famiglie italiane (23%) nell’investimento nel mattone,
anche se il 22% pensa che i risparmi vadano mantenuti liquidi (il 40%
non ha risparmi e solo il 5% pensa alla Borsa).
In sofferenza ancora gli hinterland delle grandi città, dove
occorreranno almeno un paio d’anni per assorbire l’invenduto anche per
l’eccesso di produzione (il nuovo sconta cali di prezzo che possono
arrivare al 20%).
A soffrire maggiormente, nonostante i tassi dei mutui siano al minimo
storico, gli alloggi sotto i 250.000 euro, destinati alla “fascia
povera” – giovani ed immigrati - più duramente colpita dalla crisi e
dalla stretta delle banche.
Ciò condiziona, ovviamente, anche le locazioni, in calo per il quinto
anno consecutivo (meno 1,5-2%).
Mercato in trepida attesa di liberare risorse potenziali in previsione
di quanto avverrà durante il 2011 nell’economia e nella politica.
Innanzitutto una affermazione tranquillizzante viene dal presidente di
Assoedilizia Achille Colombo Clerici:
nonostante le turbolenze in campo economico e finanziario internazionale
che si profilano secondo alcuni analisti, non ci sarà il crack del
mercato immobiliare.
Infatti, a differenza di quanto successo in Usa, Irlanda, Spagna, Gran
Bretagna le proprietà immobiliari (case, negozi, terreni) sono detenute
da una grande maggioranza degli italiani (47 milioni di persone) che, se
da un lato impedisce una grande mobilità di compravendite (il flottante
è pari all’1,5% del totale a fronte del 4% dei Paesi suddetti),
dall’altro garantisce una sostanziale stabilità dei valori.
E la ripresa. A condizione che non intervengano gravi fattori di
squilibrio dovuti a scelte di politica interna.
Che sono:- sovraofferta di nuova produzione edilizia (si calcola che già
oggi a Milano siano decine di migliaia gli alloggi di fascia medioalta e
alta e centineia di migliaia di metri quadrati di uffici e negozi non
occupati) con l' effetto prospettico di un ulteriore calo della domanda
di locazione;
- progressiva finanziarizzazione della produzione edilizia che risponde
all’esigenza di collocazione di capitali più che a comprovate esigenze
del mercato;
- aumento dei costi delle opere edilizie dovuti principalmente alle
normative di risparmio energetico e ad obblighi di ammodernamento di
impianti tecnologici per nulla obsoleti;
- penalizzazione ulteriore degli “immobili a reddito” (locazione) che
vede dal 2007 un calo costante dei redditi da locazione e dei valori
degli immobili, cui si aggiunge l’aumento dei costi di gestione del
patrimonio immobiliare (spese amministrative e manutentive ed oneri
fiscali e parafiscali);
- patrimoniale. Nel Programma nazionale di riforma inviato dal governo a
Bruxelles, laddove si fa riferimento al decreto sul federalismo fiscale,
si parla esplicitamente di “spostare il prelievo dalle persone alle cose
… dalla tassazione sui redditi personali alla tassazione sulle proprietà
e sui consumi”, in linea con le indicazioni Ocse (per carico fiscale
l’Italia è al terzo posto in Europa dopo Danimarca e Svezia).
Mentre non decolla il Piano Casa (doveva muovere oltre 50 miliardi di
euro in Italia e 6 miliardi in Lombardia) il mercato della casa denuncia
ancora una volta l’assenza di una razionale politica.
Due dati la riassumono: in Lombardia, a fronte di 50.000 alloggi
ultimati nell'anno o in fase di ultimazione e invenduti, quindi
disponibili sul mercato della compravendita - nella sola citta' di
Milano i grandi progetti edilizi in fase di attuazione prevedono una
produzione di oltre 10.000 nuovi alloggi molti dei quali di alto
standard qualitativo - 60.000 famiglie (20.000 a Milano) sono alla
ricerca di una casa dignitosa che non possono permettersi, né in
proprietà, né in locazione.
E ancora: oltre 600.000 sono le famiglie italiane che non riescono od
hanno difficoltà a pagare l’affitto, ma i fondi statali per l’affitto
sociale stanno per essere praticamente azzerati: da 133 mln (nel 2001
erano 260) dello scorso anno ai 33 del 2011 e 2012. Una maggiore offerta
di alloggi privati in locazione potrebbe derivare dalla cosiddetta
“cedolare secca” sugli affitti (tasse più basse per i proprietari) che
potrebbe di conseguenza portare ad un calmieramento dei costi
dell'abitazione in locazione, con conseguente livellamento dei prezzi
delle compravendite ; ma la bozza del decreto legislativo è ancora
all’esame del Parlamento.
Una accorta politica per la casa, nazionale e locale, potrebbe togliere
dall’incertezza molte famiglie di risparmiatori che intendono investire
risorse, magari di non grande entità ma diffuse, nel settore
immobiliare. Ma vincoli normativi, tassazioni ingiuste ed elevate e
sperequate, assenza di ulteriori meccanismi di incentivazione sul
modello delle detrazioni Irpef sulle ristrutturazioni edilizie e
sull’efficienza energetica ( pensiamo ad esempio all'abbattimento del
costo dei mutui ), o di detassazione di investimenti virtuosi (esenzioni
per chi costruisce case destinate alla locazione), inducono all’attesa.
ll fatto, denunciato da alcuni esperti, di una mancanza di prodotti
immobiliari a prezzi accessibili – indicato come un’altra causa dei
mancati investimenti – è la conseguenza diretta della assenza di una
corretta politica per la casa.
Assoedilizia, oltre ai suggerimenti dianzi indicati, avanza alcune
proposte.
Innanzitutto tassare l'immobile sulla base del reddito che produce
anziché del suo valore di mercato; equiparare la tassazione dei redditi
immobiliari a quella delle rendite finanziarie; quindi attuare forme e
formule per agevolare la locazione e una collaborazione tra operatori
pubblici e privati: in Francia, ad esempio, il governo e un’associazione
che aiuta i meno abbienti a trovare casa hanno stipulato un accordo
secondo il quale lo Stato risponde direttamente se l’inquilino è
nell’impossibilità di pagare l’affitto.
Sul piano amministrativo si auspica che si riescano finalmente a
rinnovare gli accordi proprietari-inquilini sul cosiddetto contratto di
locazione agevolato, nelle citta', come Milano, nelle quali tale
contratto ha dato scarsi se non nulli risultati.
Ma si potrebbero attuare anche altre iniziative a costo zero per i
bilanci pubblici: regolarizzare, rendendoli abitabili, i capannoni e i
laboratori dismessi (a Milano tra gli 8 e i 10.000): questi loft dalla
sempre più apprezzata modularità interna, sono molto richiesti da
giovani coppie e da studenti universitari (a Milano 46.000 su un totale
di 175.000 provengono da altre città). Per evitare che la città perda
progressivamente il tradizionale ruolo di "capitale del sapere".