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		dicembre 2010
		
		di Stefano De Robertis
		
		Saldi invernali in Toscana al via il 6 gennaio, nel Lazio dal 2, in 
		Campania il 1 Gennaio, in Sardegna partenza l’8 gennaio. L'ultima 
		regione ad avviare i ribassi, il 10 gennaio, sarà la Valle d'Aosta.
		
		Ogni regione quindi disciplina a modo suo il periodo dei tanto agognati 
		saldi.
		
		Il nomadismo dello shopping ormai è consuetudine per molti italiani, 
		divertente passatempo per chi è disposto a macinare centinaia di 
		chilometri per fare acquisti a buon mercato, solo o in compagnia; il 
		fenomeno è alimentato dallo sviluppo di strutture di attrazione 
		extraregionali nate negli ultimi anni nel nostro paese, come factory 
		outlet, grandi centri commerciali, parchi commerciali o le famose vie 
		cittadine dello shopping e delle griffe; senza contare i flussi 
		crescenti di turisti stranieri che si recano appositamente con viaggi ad 
		hoc in questi luoghi richiamati dal saldo Made in Italy.
		
		Ma l’appeal dei saldi fa presa un po’ su tutti, e nonostante la grande 
		prudenza delle famiglie nel fare la spesa in questo momento di crisi 
		economica, si stima che oltre il 45% degli italiani fa molto affidamento 
		di potersi rifornire con merce a saldo.
		
		L’inizio dei saldi provoca flussi di persone in movimento verso quelle 
		città con strutture in grado di prospettare offerte più varie e 
		allettanti nel rapporto qualità del bene e entità dello sconto.
		
		Molti cittadini varcano quindi i confini per fare i primi “ affari”a 
		saldo fuori dalle vie dello shopping abituale, provocando un esodo che 
		sicuramente svantaggia commercianti e gestori di negozi siti nelle 
		regione in cui si posticipa l’inizio, con perdite cospicue di clienti e 
		vendite.
		
		Inoltre nella attuale conformazione commerciale italiana con la presenza 
		di molte catene nazionali e internazionali su tutto il territorio, la 
		frammentazione delle date comporta una organizzazione costosa in termini 
		di gestione dell’allestimento del punto vendita, piani pubblicitari non 
		uniformi, coordinamento commerciale, autorizzativo e del personale con 
		costi più elevati. Si invoca pertanto da più parti, e da anni, 
		l’adozione di una data unica per tutto il territorio nazionale.
		
		Prima conclusione: uniformare la partenza dei saldi!
		
		Il cittadino peraltro, appare sempre più disorientato anche perché 
		trasmissioni tv dedicate all’evento, servizi sui telegiornali, 
		pubblicità di brand nazionali, informano e documentano sui saldi 
		partendo dalla prima data attuata dalle grandi città (quest’anno il 2 
		gennaio), e quindi confondendo l’utente che magari abita in una altra 
		regione e ignora l’inizio della stagione degli sconti nella propria 
		zona.
		
		Una data unitaria credo sia fondamentale! Il problema è stabilire quando 
		partire.
		
		A norma di legge a valle del Natale, il primo o il secondo sabato di 
		gennaio coincide con l’avvio dei saldi; è prassi corrente assai diffusa 
		anche se non corretta, da parte di molti operatori, scontare la merce 
		alla cassa nel periodo della cosiddetta “vigilia dei saldi”, altri si 
		sono inventati giornate e orari speciali dedicati ai clienti 
		particolari, magari possessori di carte di fedeltà o nominativi inseriti 
		nei database aziendali. In tali strutture commerciali si possono 
		acquistare “anzitempo” merci a prezzo scontato.
		
		Dal punto di vista tecnico molti operatori sono concordi nell’affermare 
		che i saldi funzionano solo le prime 2-3 settimane poi l’effetto 
		svanisce immediatamente, ma allora perché farli durare la bellezza di 60 
		giorni per poi andare in letargo fino a marzo? Perché non limitarne la 
		durata?
		
		E poi si fanno iniziare i saldi in un sabato di Gennaio o di Luglio (per 
		quelli estivi), dando il via ad un braccio di ferro tra strutture 
		commerciali, amministrazioni locali, organizzazioni di categoria(e anche 
		qui ogni regione, addirittura ogni città disciplina e agisce in modalità 
		differenti l’una dall’altra). La posta è “strappare” domeniche di 
		apertura straordinaria da dedicare ai saldi con ulteriore dispendio di 
		risorse economiche per pubblicizzarle e di tempo che sarebbe meglio 
		utilizzare per migliorare il servizio al cliente.
		
		Seconda Conclusione: tanto vale anticiparli!
		
		Se nel 2011 sono iniziati il 2 gennaio e per ogni anno che passa si 
		registra una data più vicina all’anno vecchio, a questo punto tanto vale 
		iniziarli a dicembre!
		
		In effetti, l’esempio del Regno Unito andrebbe preso come modello: 
		finita l’euforia dello shopping natalizio i “sale inglesi iniziano 
		subito il giorno di Santo Stefano con risultati positivi: addirittura 
		per molti negozi il giorno 26 rappresenta l’evento più importante 
		dell’anno con funzionali trovate di marketing, e iniziative promozionali 
		degne di nota.
		
		Perché in Italia non si potrebbe seguirne l’esempio?
		
		Del resto, ormai si potrebbe ovviare anche alla apertura del 26 
		dicembre,visto che, numerose strutture commerciali (anche qui secondo 
		regolamentazioni del tipo ad personam, non uguali per tutti!) vedi 
		factory outlet o località “ pseudo- turistiche”, ottengono il permesso 
		di aprire anche il festivo del 26 dicembre, e quindi le regolamentazioni 
		possono essere modificabili.
		
		A quando l’inizio contestuale dei saldi in ogni angolo del paese?
		
		E’ un elemento ormai noto che dal giorno dopo Natale fino all’inizio dei 
		saldi è un classico periodo commercialmente “morto”, in particolare per 
		le attività di abbigliamento, calzature e accessori in virtù del fatto 
		che i clienti attendono proprio i saldi. Non solo! Proprio nel corso 
		delle festività la gente ha molto tempo libero a disposizione(le persone 
		in vacanza sono sempre più disposte a spendere, senza contare anche 
		l’afflusso di turisti stranieri), con negozi chiusi non si concede loro 
		l’occasione di fare acquisti.
		
		Per contro si tratta sicuramente di un periodo di elevato stress a cui 
		verrebbe sottoposto il personale, prima il Natale con le sue aperture 
		domenicali, poi subito i saldi, e tutto senza un attimo di tregua. 
		Personalmente ritengo che con una buona organizzazione ed una 
		intelligente politica turni/ rotazioni del personale o di assunzioni, si 
		potrebbe ovviare al problema.
		
		Chiediamoci come fanno i negozianti di Londra o di Manchester!
		
		Siamo in un delicato periodo di stagnazione dei consumi dove correttivi 
		per il commercio andrebbero favoriti piuttosto che ignorati. Assisteremo 
		ancora ad anni di dibattiti inconcludenti e posizioni contrastanti, e 
		intanto il commercio è sempre più in crisi, ma allora perchè non 
		lasciare una libera determinazione delle date dei saldi?
		
		Terza conclusione: perché non liberalizzare i saldi?
		
		Un esempio di liberalizzazione è già in vigore a Trento, qui i 
		commercianti determinano liberamente i periodi in cui effettuare i saldi 
		della durata complessiva di 60 giorni. Non mi risulta che nella città un 
		tempo annessa e coccolata dall’Impero asburgico siano successi 
		fallimenti o disastri inenarrabili!
		
		Ma a cosa servono questi saldi?
		
		Alcuni osservatori di orientamento liberista criticano aspramente il 
		fondamento economico alla base dei saldi reputando assurdo che la 
		politica commerciale di una impresa venga regolata da normative: un 
		commerciante dovrebbe operare in un sistema di libera concorrenza, 
		ovvero io fisso i prezzi e vendo, se posso offrire prezzi più bassi 
		perchè non posso abbassare i prezzi quando e come voglio? Sarebbe più 
		onesto che un commerciante stabilisca degli sconti in relazione di 
		quanto si spende/acquista e che li estenda tutto l'anno. Così la cosa è 
		trasparente, si evita la trattativa arabo levantina del mercanteggiare 
		lo sconto.
		
		In merito poi alla natura stessa della rimanenza quale classico prodotto 
		a saldo, esiste molta confusione e carte mischiate poco trasparenti. 
		Eccedenze di produzione? Stock frutto di collezioni invendute o passate? 
		Produzione apposite pro-saldi provenienti da Cina, Taiwan e giù di li? 
		La merce in vendita sotto la voce «saldo» è realmente l'avanzo di quella 
		della stagione che sta finendo e non fondi di magazzino? I cartellini 
		indicano realmente il prezzo effettivo e quello ribassato e il valore 
		reale dello sconto applicato? E i controlli e le multe sono così 
		efficaci? Diciamocela tutta! Nel nostro paese dobbiamo smetterla con 
		l’ipocrisia ed il permissivismo: Tutti sanno ma nessuno interviene.
		
		È apprezzabile ad esempio l’iniziativa della Confcommercio con la 
		campagna di adesione ai 'SALDI CHIARI' che può rappresentare una 
		garanzia di affidabilità nella corretta gestione dei saldi e, dunque, 
		assicura una maggiore fidelizzazione della clientela nei confronti dei 
		negozianti che aderiscono all'iniziativa. L'operazione prevede 
		l'adozione di un decalogo in cui sono riassunte le regole che i 
		commercianti aderenti ai 'SALDI CHIARI' si impegnano a rispettare per 
		tutto il periodo delle vendite di fine stagione.
		
		A mio avviso dovrebbe essere varato una sorta di “protocollo etico” di 
		più ampio raggio,in grado di impegnare sia chi vende come chi compra, 
		valido in tutta la nazione. Basterà? Si riuscirà ad adottare l’adozione 
		nazionale di un protocollo unico e condiviso? Perché attendere che il 
		consumatore si stufi di tutto stanco di essere turlupinato, non più 
		disposto all’abbuffata consumistica degli anni passati?
		
		E intanto si moltiplicano siti web di shopping on line specializzati in 
		griffe scontate che propongono saldi tutto l’anno….
		
		Ultima conclusione. Ma perchè non abolire questi saldi?
		
		Note sull’autore:
		Stefano De Robertis è responsabile marketing di Eurocommercial 
		Properties ,società proprietaria di 30 centri commerciali in tutta 
		Europa, tra cui il centro commerciale “I GIGLI”di Firenze. Relatore 
		internazionale, pubblicista e autore di numerosi articoli sul retail 
		marketing,sul commercio e sui Centri Commerciali,De Robertis è membro 
		del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali.