19 maggio 2010
		“Stadio, Non Solo Sport”: è 
		questo il titolo scelto per il lungo giorno di lavori a convegno indetto 
		il 19 maggio dal Comune di Milano nella Sala Alessi di Palazzo Marino, e 
		per la bella mostra all’Urban Center, in Galleria, in cui milanesi e 
		turisti possono vedere da giorni (e sino al 30 giugno) i modellini di 18 
		tra i migliori stadi del mondo.
		
		Un convegno con un ricco e nutrito gruppo di relatori (più di venti), 
		tra cui Carlo Masseroli, assessore allo Sviluppo del Territorio del 
		Comune di Milano, Alan Rizzi, assessore allo Sport e al Tempo Libero, 
		Pino Zoppini, Presidente del CONI Lombardia, Luca De Ambrosis Ortigara, 
		Chair di ULI-Urban Land Institute e moderatore del convegno, Philip 
		Johnson dello studio d’architetti Populous di Londra, Luis Matania dello 
		studio Foster & Partners, Carlos Lamela, architetto dell’Estudio Lamela 
		( responsabile del rinnovamento del Santiago Bernabeu di Madrid), 
		Massimo Roj di Progetto CMR Milano, Fabio Bandirali di Eurohypo, Filippo 
		Grassia, Presidente del CONI e altri.
		
		Tra i tanti relatori , anche molti rappresentanti degli sponsor tecnici 
		dell’evento, cioè aziende internazionali e nazionali interessate al 
		business che gli stadi potrebbero e potranno garantire in futuro: 
		Siemens, Italcementi, REAG, CB Richard Ellis, la stessa ULI e tanti 
		altri.
		
		Tutti raccolti nella bella Sala Alessi del Comune di Milano per 
		ragionare di quanto lo stadio possa essere edificio attrattivo non solo 
		in senso sportivo, per raccontare i progetti delle grandi città d’Europa 
		e del mondo esposti all’Urban Center, e domandarsi come potrà essere -se 
		mai si farà- il nuovo stadio di Milano.
		
		Aprendo il convegno Masseroli ha auspicato un futuro in cui gli stadi 
		possano essere «punto d’interesse collettivo e di attività del 
		territorio», lo stadio come luogo sempre aperto, edificio simbolo della 
		città che vive e rende viva la metropoli.
		
		Il nostro Stadio di San Siro, che compie quest’anno 84 anni (ben portati 
		a voler dire, contando poi che secondo una classifica della rivista 
		Times, redatta da giornalisti ed ex-calciatori inglesi, il vecchio 
		Meazza risulta il secondo stadio più bello al mondo per vedere e giocare 
		una partita di calcio) manca completamente di funzioni miste, funzioni 
		che le attuali normative rendono impossibili a ogni struttura 
		comunale/sportiva e conseguentemente non può pareggiare la concorrenza 
		di strutture più moderne e polifunzionali che non solo concedono 
		prestigio internazionale e permettono di aggiudicarsi bandi olimpici e 
		calcistici, ma che soprattutto aprono spazi di mercato economico e di 
		business che in Italia a oggi restano sconosciuti e inesplorati.
		
		L’età media dei nostri stadi nazionali è di 67 anni, in Inghilterra è di 
		20 anni. Nell’ultimo anno l’Italia è passata da un fatturato di 172 
		milioni di euro a uno di 185, l’Inghilterra è passata da 350 milioni a 
		700.
		
		Il calcio fa ogni anno lo 0,5% del PIL nazionale, circa 6 miliardi di 
		euro, ma solo una piccolissima parte di questi proventi è derivata 
		dall’attività degli stadi, la stragrande maggioranza, quasi il 60%, la 
		fanno i diritti televisivi; la nostra Serie A infatti è l’unico 
		Campionato europeo che negli ultimi anni continua a perder lentamente 
		spettatori. Siamo diventati un popolo di calciofili da divano, e se lo 
		siamo diventati occorre chiedersi quanto in questa trasformazione 
		s’innestino l’assenza di centri comerciali e alberghi privati attorno 
		agli stadi , piuttosto che una lenta trasformazione culturale più 
		profonda che ci vede in generale sempre più socialmente apatici.
		
		Ascoltando gli architetti presenti al convegno si evince chiaramente che 
		nel nostro Paese il problema sta nel modo in cui percepiamo e di 
		conseguenza progettiamo lo stadio. Un modo ancora drammaticamente 
		apparentato al concetto di Arena piuttosto che a quello di edificio.
		
		Fino a che guarderemo allo stadio come a un gigantesco blocco di cemento 
		costoso in fase di progettazione e costruzione e ancor più costoso in 
		fase di gestione, lo stadio non potrà essere altro che quel mostro che 
		abbiamo immaginato: un peso per le società calcistiche che ne rifuggono 
		l’investimento e un onere per le società immobiliari. Per trasformare lo 
		stadio in un luogo vivo ,anche se dirlo sembra banale, occorre 
		progettarlo in modo differente, dare allo stadio la possibilità di 
		essere qualcosa oltre lo sport. Questa possibilità si chiama 
		multifunzionalità.
		
		Multifunzionali e poliedrici, gli stadi del nuovo secolo «devono 
		lasciare un segno sul territorio ma devono anche sapercisi inserire» ha 
		giustamente detto Massimo Roj durante il suo intervento.
		
		Ripensare lo Stadio di San Siro e tutti gli stadi italiani che lo 
		sviluppo urbano ha oggi riportato al centro delle città significherà 
		quindi rispettare il contesto e rinnovare le funzioni e le facilities 
		andando oltre le attuali regolamentazioni. Anche per questo il PGT del 
		Comune di Milano potrebbe essere, almeno così ci si augura, chiave di 
		volta d’ogni ipotesi di sviluppo di questo settore.
		
		Progettare stadi nuovi, invece, significa e deve significare rivedere 
		alla radice l’idea di Arena che si accende una volta ogni quindici 
		giorni e allargarne il concetto oltre lo sport, come appunto questo 
		convegno ha cercato di spiegare.
		
		La mostra:
		Stadio_Non Solo Sport
		Urban Center di Milano, Galleria Vittorio Emanuele 11/12
		11 maggio-30 giugno 2010
		www.comune.milano.it