Il pensiero dei Geologi
“Non sprecare l’acqua che è la risorsa più preziosa a nostra disposizione, evitare gli sprechi alimentari, aumentare l’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile e incrementare la raccolta differenziata riducendo le emissioni di anidride carbonica”. Questi sono soltanto alcuni dei suggerimenti del Consiglio Nazionale dei Geologi in occasione dei cinquant’anni della Giornata Mondiale della Terra, istituita per la prima volta nel 1970, che ricorre il 22 aprile di ogni anno per celebrare l’ambiente e per salvaguardare il pianeta.
“Il tema della 50esima edizione è ‘l’azione per il clima’, ciascuno di noi può contribuire con piccole azioni quotidiane, specie in questo momento di emergenza sanitaria che stiamo attraversando in tutto il mondo” afferma Domenico Angelone, Tesoriere del Consiglio Nazionale dei Geologi. “Quest’anno sarà un anniversario particolare, non potremo scendere nelle piazze a manifestare contro i cambiamenti climatici né potremo andare nelle scuole a coinvolgere migliaia di studenti. Per questo motivo, adesso più che mai, dobbiamo dare particolare importanza ai gesti che ciascuno di noi può mettere in atto nella vita di tutti i giorni per mitigare i rischi della crisi ambientale” dichiara Angelone che ricorda come gli esperti stiano studiando la possibile correlazione tra l’inquinamento atmosferico, soprattutto da particolato fine (PM) e l’impatto della pandemia Covid-19 nel nostro Paese che ha colpito in particolar modo la pianura padana, una delle aree geografiche più inquinate d’Europa.
“Tra le azioni da mettere in campo, è sicuramente necessario aumentare l’uso delle rinnovabili, come il settore geotermico, l’eolico, il solare e l’idroelettrico” spiega il Tesoriere del CNG. “Proprio questo potrebbe essere un anno decisivo per le rinnovabili – spiega il geologo -. Infatti, secondo l’analisi di Althesys, società di consulenza strategica ambientale, nel 2020, le fonti di energia pulita dovrebbero arrivare a coprire circa il 42 per cento del fabbisogno energetico determinando un’importante diminuzione delle fonti fossili” conclude il geologo.
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Il commento di Francesco Tedesco ( * )
Nel dicembre del 2006 mi trovavo con i colleghi di Greenpeace davanti alla centrale termoelettrica di Porto Tolle, nel mezzo del Delta del Po, un enorme sito industriale che Enel desiderava convertire a carbone. Erano gli anni in cui il colosso energetico cercava di “spingere” sul combustibile più economico, anche se il più sporco per i cambiamenti climatici e per la salute.
Fortunatamente in quegli anni fummo rapidi ad agire e fu possibile fermare quegli investimenti e quella strategia insensata. Tanto che oggi ci si aspetta che l’Italia possa dire finalmente addio al carbone entro il 2025. Quasi venti saranno trascorsi da quell’inverno del 2006.
In questi anni le fonti rinnovabili si sono sviluppate enormemente e soprattutto si è creata, anche nei più restii, una maggiore consapevolezza attorno alle problematiche ambientali e ai cambiamenti climatici in particolare. Questo è senz’altro positivo, ma purtroppo non basta. Se mi chiedessero oggi «sarà in grado l’umanità di evitare gli impatti peggiori dei cambiamenti climatici?» la mia risposta resta ancora la stessa: non penso affatto. Credo, anzi, che arriveremo in ritardo.
Non si tratta di catastrofismo, ma semplicemente di essere realisti. L’industria fossile è ancora molto indietro e viene ancora pesantemente incentivata (si parla di alcune centinaia di miliardi di euro ogni anno a livello EU, figuriamoci in USA o in Cina), mentre lo sviluppo delle fonti rinnovabili è ancora in grave ritardo, con obbiettivi assolutamente sfidanti per arrivare al 2030 a coprire il 45-50% dei consumi energetici in Europa. È un po’ come pensare di rigenerare la metà del patrimonio edilizio italiano nel giro di dieci anni, per rendere l’idea.
La sfida per salvare il Pianeta da cambiamenti climatici devastanti è quindi estremamente ardua. In genere, quando la barca affonda tutti si mettono a remare insieme. È questa la straordinaria capacità di risposta umana alle difficoltà. È proprio quello che abbiamo visto in queste settimane di Coronavirus: una risposta rapida ed eccezionale in nome del bene comune, in questo caso la salute.
Il problema dei Cambiamenti Climatici è che non vediamo abbastanza distintamente il pericolo. Non ci accorgiamo che la barca ha già iniziato ad affondare. I peggiori impatti saranno al 2050, molto lontano nel tempo, e non si riesce quindi a dispiegare nell’immediato una risposta forte. Non si rema uniti verso la soluzione, ma si continua a discutere, a dibattere, a fare previsioni, a rimanere divisi sul quale sia la riduzione delle emissioni di gas serra efficace.
Non è quindi strano che il CMCC metta in guardia che al 2050 «il Mar Glaciale Artico si ritroverà libero dai ghiacci». È assolutamente probabile che sia proprio così: le attuali politiche messe in atto a livello globale non sono efficaci a contrastare il fenomeno dei cambiamenti climatici. Occorrerebbe invece una risposta emergenziale simile a quella intrapresa contro il Coronavirus.
Questo non significa fermare immediatamente ogni emissione di gas serra in atmosfera, ma ci va purtroppo assai vicino. Non bisognerebbe emettere più emissioni di quelle che il “sistema” Terra è in grado di assorbire ogni anno. Solo queste emissioni potranno venire da fonti fossili, mentre tutta la restante energia necessaria a far girare l’economia mondiale dovrebbe essere prodotta già oggi esclusivamente da fonti rinnovabili.
Avere una riconversione di questo tipo in pochi anni è sinceramente impensabile. Credo quindi che dobbiamo prepararci non solo a un Artico senza ghiacci al 2050, ma anche ad alcune trasformazioni che riguarderanno da vicino le nostre città. Forse non ci sarà più bisogno di “portare” le palme davanti al Duomo di Milano, ci arriveranno benissimo anche da sole.
(*) Francesco Tedesco, ingegnere ambientale esperto in energie rinnovabili, e giornalista pubblicista, collabora da tempo con www.internews.biz