L’industry dei Centri Commerciali oggi non è solamente un volano per lo sviluppo socio-economico dei territori, ma rappresenta anche un importante motore di sviluppo relazionale. I Poli Commerciali si configurano sempre più come luoghi di aggregazione e socializzazione in cui trascorrere tempo libero o fruire di servizi beneficiando di orari/calendari coerenti con le esigenze delle famiglie italiane.
Ecco alcuni dei temi affrontati in occasione del convegno organizzato da Renato Cavalli, vicepresidente di CNCC (Consiglio Nazionale Centri Commerciali) ”Non solo shopping: un nuovo ruolo. Una nuova immagine (e un nuovo nome?) per i centri commerciali“ che si è tenuto il 18 settembre a Milano.
Nel corso dell’ evento si è fatto il punto sulla continua evoluzione del ruolo e del tipo di offerta dei centri commerciali, che vede presenti sempre più numerose proposte “non retail”, ampliando la platea degli utenti e creando una nuova immagine dell’industria del settore; inoltre si è affrontato anche il tema delll’impatto di tipo strettamente “sociale” degli shopping center, il loro ruolo aggregativo di generatori di innovazione, comunicazione e diffusione di nuove abitudini di acquisto e interrelazione.
Inoltre è emerso che gli shopping center non sono più “cattedrali nel deserto”, ma sempre più insediati nei centri città e promotori di importanti riqualificazioni urbane.
Il convegno ha visto protagonisti, oltre a esperti del settore, anche un’ampia rappresentanza del mondo accademico (ricercatori, docenti universitari) e politico (Regione Lombardia, Associazione Nazionale Comuni d’Italia) .
“La fruizione del Centro Commerciale – ha dichiarato Massimiliano Panarari – Sociologo della Comunicazione presso l’Università Luiss di Roma – si configura, nell’epoca della ricerca esperienziale, come un’attività completa e integrata, e una modalità di utilizzo del tempo libero che può essere ricca e soddisfacente. Precisamente quella che possiamo chiamare l’«esperienza centro commerciale» e che, pur trovando ovviamente nello shopping un perno fondamentale, ormai da tempo lo supera e lo integra. In un Paese come il nostro, dove i consumi sono stati a lungo oggetto di disapprovazione da parte di culture politiche e sociali, il centro commerciale va letto nei termini positivi della generazione di nuovi legami relazionali e della messa a disposizione di servizi a valore aggiunto e facilities, soprattutto in certe aree svantaggiate dal punto di vista logistico e dei servizi, e per certe fasce di popolazione che vanno dagli anziani ai giovani.
Nell’esperienza centro commerciale si ritrova, inoltre, non l’omologazione – come dicono i detrattori – quanto invece una forma di riconoscibilità rassicurante che, pur nella diversità architettonica e di struttura, rende più facile e concentra in un luogo immediatamente comprensibile la fruizione del tempo libero delle persone. La familiarità, quindi, diventa un altro pilastro.
In occasione del suo intervento Sabrina Liberalato Consulente Senior – Teoria del Cambiamento, Monitoraggio e Valutazione di Fondazione Lang Italia ha commentato: “L’impatto sociale riguarda qualsiasi tipo di intervento o progetto, rivolto alla comunità e al territorio, con l’intento di migliorare alcune condizioni o aspetti della vita dei beneficiari, identificati come destinatari primari e secondari dell’intervento stesso.
In questo senso, le iniziative proposte dai centri commerciali, che si muovono sempre di più in questa direzione, con servizi e attività che travalicano il concetto di “fare shopping”, generano impatto sociale. Impatto che può essere indagato e misurato, con diverse metodologie e approcci, volti a “valutare”, cioè a “dare valore” ai cambiamenti promossi, attraverso l’osservazione dei risultati raggiunti e il confronto con i diversi attori coinvolti nel processo. Misurare l’impatto significa cercare di rispondere alla domanda «quello che sto realizzando, sta facendo la differenza?».
La misurazione avviene attraverso approcci che confrontano dati raccolti, opinioni dei beneficiari e che ripercorrono la logica che sottende un intervento, tenendo conto anche dei risultati non raggiunti, degli effetti non previsti e di quelli desiderati e non.“
Nel corso della giornata inoltre ci è si è interrogati se il nuovo modello di centro commerciale che si sta affermando in questi anni creerà uno strumento più idoneo alla riqualificazione, oltre che del livello economico, del livello della qualità della convivenza e dei rapporti sociali. Alla fine di tutte queste trasformazioni, la denominazione di “centro commerciale” sarà ancora idonea a definire questi nuovi insediamenti?
Fonte : CNCC