di Paola G. Lunghini
Il suo ufficio ( al piano terra di un palazzetto storico di via Brera, ergo nel centro di Milano, affacciato sul porticato del suddetto palazzetto ) è , parquet a parte, tutto bianco. Pareti, porte, tavoli, sedie, scaffali, tutto. Come sono tutti o quasi gli uffici degli Studi di architettura che mi è capitato di visitare nella mia lunga carriera.
Dalle ampie e belle porte- finestre, però, il mattutino sole primaverile entra a fiotti e non rivela sui mobili traccia di polvere alcuna ( ah ah ). Lo Studio infatti, seppur del tutto simile a tutti gli Studi di architettura che ho visitato etc, etc, etc, è molto ordinato, non una carta fuori posto ( ancora ah ah ). “Troneggiano” in esso – si fa per dire, perché in realtà sono piccini – i bianchissimi modellini di alcuni lavori del “ padrone di casa”, l’ architetto Andrea Maffei , non ancora archistar ma sulla via per diventarlo : la sua performance con l’ “ Allianz Tower” di CityLife a Milano ( si veda in particolare qui ai link https://www.internews.biz/?p=
Come quasi tutti gli architetti che conosco , è vestito tutto di nero. Ma in modo soft e non sfrontato ( una camicia bianca, come quella che indossa nella foto qui in copertina, però, secondo me molto più gli dona, ndr) . Sembra – con quel viso leggermente paffuto , i grandi occhioni, i capelli un po’ spettinati e il velo di barba “ alla moda” – ancora un ragazzo : che non è più , perché è nato nel 1968. In quel di Modena, dove si diplomò ( liceo classico) con 52/60.
Proseguì gli studi a Firenze, laureandosi cum laude in architettura . Argomento della tesi , la trasformazione dell’area ex- AMCM in Modena. «Si trattava di una vecchia area di deposito delle autocorriere vicina al centro storico e che nel tempo era stata inglobata e circondata da palazzine residenziali private. Era un’area un po’ come l’ex-Fiera di Milano, da trasformare in nuove funzioni e con nuove forme architettoniche » mi spiega.«Io avevo proposto di creare un nuovo polo commerciale con un parcheggio di interscambio con la periferia e la riqualificazione di alcuni degli edifici industriali per laboratori e atelier».
Nasceva già allora l’ interesse per il real estate ?
Questo dettaglio, però – nel bel volume autocelebrativo “ Andrea Maffei Architects”, che Andrea aveva dato tempo fa alle stampe, il riassunto per ora della sua carriera in Italia – non c’è.
Nel libro, splendide le foto, oltre all’ “Allianz Tower” di CityLife ci sono la nuova Biblioteca di Maranello, la nuova Stazione di Bologna ( trasformata da « normale stazione monovolume» in un diverso «dialogo con la città»), il “ Palahockey” di Torino ( costruito per le Olimpiadi invernali del 2006, importo dei lavori circa 62 milioni di euro), “Cap Grace”, cioè l’ ampliamento del Principato di Monaco, dove egli aveva previsto anche un hotel a 7 stelle ( un progetto però non realizzato :un « vero peccato» perché a un certo punto « il Principe Alberto congelò tutto, ma qualcosa piano piano alcuni la stanno facendo…»), e – spina nel fianco – la nuova Sede ( concorso vinto nel 2009, un lavoro da 35 milioni di euro) della Provincia di Bergamo…bloccata anche questa, per le note vicende circa la “scomparsa” degli Enti in questione.
E nel libro ci sono altre cose ancora.
Alcuni incarichi prevedevano solo il progetto preliminare; altri, anche quello definitivo e la direzione lavori.
Alcuni dei progetti erano stati presentati “in proprio”, altri come “ estensione” italiana dell’ attività dell’ archistar giapponese Arata Isozaki.
Parliamo un po’ della sua ( ormai nota) esperienza nipponica : Andrea infatti, poco dopo aver terminato gli studi, volò a Tokyo e per fortuna sua iniziò subito a collaborare con Isozaki. E in breve divenne capo-progetto di svariati progetti . Per un paio d’ anni si spostò anche a Doha, dove il suo mentore doveva costruire alcuni importanti complessi ( tra cui una maxi-villa per la famiglia reale, e l’ ampliamento del Museo di Storia del Qatar).
Sempre “al seguito” di Isozaki il Nostro girò molti altri cantieri nel mondo, venendo a contatto con le più svariate culture. Una autentica gioia per uno come lui che da sempre di cultura si beava.
Ma con il Giappone sempre più nel cuore. Sino al punto di diventare Associato di Arata Isozaki. E poi responsabile dei progetti dell’ archistar in Italia, sino alla fondazione , nel 2005, dello Studio che dapprima portava i nomi di entrambi, e poi il suo solo : Andrea Maffei Architects.
Mentre me lo immagino nella classica veste di seta intento a officiare la “ cerimonia del tè”, gli pongo molte domande, ma riesco a ottenere solo risposte garbate, gentili. D’ altra parte tutto in Andrea è garbato , gentile. Ai limiti della freddezza.
Io, che sono molto “ passionate” ( cioè irruente, che è il vero significato del termine inglese) , a un certo punto mi rendo conto che – pur da tempo conoscendolo – non riesco a “ schiodarlo”. Poi, improvvisamente, mi accorgo di una cosa importantissima. Mentre mi parla di sé, sul viso di Andrea è comparso un simpatico rossore, e così realizzo che egli in realtà non è “ freddo” : è, forse, timido.
E poiché la timidezza è virtù sempre più rara, decido di cambiare strategia . Devo trovare in lui la “ passione” ( sono certa che c’è …).
Alterno dunque domande su Tokyo (che gli piace perché è la città « più veloce del mondo, tutto accade e viene realizzato in tempi brevissimi. Fosse stata a Tokyo, la “ Allianz Tower” avrebbe richiesto un terzo del tempo in meno») ad altre, improvvise, sulle sue scelte culturali ( adora il cinema, di cui è esperto : « non seguo gli attori o lo script, seguo sempre il regista» ).
Pongo domande sulla sua filosofia progettuale (l’ architettura è semplicemente «la forma in cui l’ uomo vive». Completo io la frase : «è la matita che deve tradurla, non le parole». Appunto. ) . Parliamo di mercato immobiliare ( «non appena ci sarà davvero, diventerà subito nuova architettura» . Completo io la frase : «Ormai della firma dell’ architetto possibilmente noto non si può fare a meno, è un asset anche lui»).
Appuro che gli piace molto la musica ( classica, classica !!!), e che ama il teatro.
E mentre l’ ombra di qualche sorriso compare finalmente sul bel viso ora più rilassato, a bruciapelo gli chiedo se ha animali in casa. No, è la stupìta risposta, anche se i cani molto gli piacciono: « Sai, con la vita che faccio, tenerne uno è impossibile». I gatti no, non li ama. Io, che sono notoriamente “ felina” insorgo . Ma lo “ scontro” dura pochissimo , perché sposto il discorso sullo sport e sulle vacanze.
-Ne fai di sport ? gli chiedo.
-No, niente. Mai stato un tipo sportivo. Però cammino molto, dall’ ufficio a casa e viceversa ( e poiché abita in zona Crocetta , è in effetti una bella passeggiata, ndr).
-Vacanze?
-Ho viaggiato tanto per lavoro, quelle due settimanine in agosto preferisco trascorrerle quietamente in Versilia, dove ho parenti e amici ( affiora, nell’ eloquio sinora totalmente privo di accento , una leggerissima sfumatura toscana) .
-Ma allora nuoterai.
-No, non proprio . Però, se mi capita, una bella camminata in montagna la faccio sempre volentieri.
Il ping pong continua.
-Hai sinora progettato molte cose. C’è una “ tipologia” che non hai ancora fatto e che ti piacerebbe affrontare ?
-Io sono sempre molto interessato agli edifici pubblici. Nel pubblico è possibile dare una valenza architettonica più interessante e rappresentativa per la città. Mi piacerebbe molto progettare ( ma soprattutto realizzare ) un museo e un teatro. Sono gli edifici verso cui si accentra sempre l’attenzione collettiva, che riescono a trasformare e riqualificare interi quartieri o periferie. Per esempio mi piacerebbe molto progettare il Museo della Moda di Milano che manca a questa città e che non riesco a capire perché non si faccia. Sicuramente ci sono le sponsorizzazioni per farlo. Attirerebbe il doppio di visitatori del Museo del Novecento.
– Dove ti vedi tra cinque anni?
-Io mi vedo sempre qui a Milano perché ormai è la mia città e le sono molto affezionato. Però penso che sarò in giro per il mondo a fare nuovi progetti. Ormai i confini italiani sono troppo ristretti e bisogna puntare a livello internazionale.
Ormai Andrea si è aperto come un fiore, dell’ inziale chiusura non è rimasto quasi nulla. Mentre mi congedo ( abbiamo passato insieme molto più tempo del previsto per un “ normale ritratto/intervista”, i suoi collaboratori sono già usciti tutti da un pezzo per la pausa-pranzo ) mi invita per una colazione a breve.
Penso proprio che accetterò presto , e per tre ottimi motivi: primo, perché nel pur lungo incontro odierno non abbiamo minimamente affrontato la sua vivace e prolungata attività pubblicistica , e nemmeno quella accademica ( cose che sono molto anche nelle mie corde). Secondo, perché ci sono diverse opzioni “ dietro l’ angolo”. E , last but not least, perché Andrea è un uomo chic.