di Ignazio Rocco, Founder e CEO di Credimi
La pandemia lascerà dietro di sé macerie sulle quali ogni cosa dovrà essere ricostruita da zero in un paradigma economico nuovo e pressoché sconosciuto.In Credimi abbiamo simulato l’impatto del lockdown sui conti economici 2020 e sulla disponibilità di credito in Centrale Rischi per un campione di un migliaio di piccole e medie aziende. Secondo i nostri dati, nel corso del prossimo triennio un quarto di queste imprese potrebbe non esistere più, ipotizzando un calo di fatturato annuo tra il 20% e l’80%, a seconda dei settori, e assumendo che si assista alla ripresa delle attività entro un trimestre. Il 48% delle imprese colpite presenterà Ebitda e flusso di cassa negativi e il 23% non avrà credito sufficiente a compensare la riduzione del cash flow. Ad essere più colpite saranno le micro-aziende, con fatturato sotto 10 milioni di euro. In assenza di un flusso speciale e straordinario di liquidità, una parte consistente di piccole imprese diventeranno insolventi: non solo verso le banche, l’erario e le utilities, ma anche verso dipendenti e fornitori di ogni genere, con una significativa distruzione di patrimonio imprenditoriale e della capacità produttiva del Paese, cancellando anche aziende sane, e che potrebbero operare in maniera competitiva e sostenibile, terminata l’emergenza.
Riconvertire il business in molti casi sarà la chiave e questo richiederà investimenti e tempo (su conti economici in convalescenza)
Il lockdown sarà solo l’inizio della crisi. Superato lo shock della chiusura forzata, le imprese dovranno riconvertirsi adattando i propri modelli operativi e in alcuni casi riconvertendo completamente i propri business.
Noi che queste aziende le osserviamo da vicino possiamo dire che stanno reagendo e stanno preparandosi molto più di quanto non si pensi.
Come reagire? Sicuramente non con una pioggia indiscriminata di risorse finanziarie a costo zero, di durata infinita, senza nessun responsabile né del rischio, né del buon utilizzo. L’idea che l’intera riconversione del sistema economico italiano debba basarsi su garanzie incondizionate e illimitate dello Stato, e su finanziamenti privi di costo e di rischio, è controproducente e riduttiva rispetto al potenziale del nostro Paese perché scelte imprenditoriali basate su risorse illimitate, a costo zero e senza rischi, sarebbero sicuramente inefficienti, quando non dannose.
Dobbiamo invece guardare alla vitalità enorme che le imprese stanno dimostrando durante questa crisi, come già durante quella del 2008. Una vitalità e una lungimiranza di gran lunga superiori a quella dello stesso Stato, e di gran parte delle amministrazioni pubbliche. Credo quindi che una reazione immediata e robusta si possa invece organizzare facendo leva sulle grandi risorse private di questo Paese, e mobilitandole con incentivi chiari e tangibili.
Le famiglie, le filiere e alcuni enti territoriali sono le unità più efficienti e incisive della nostra economia, quelle che tireranno il Paese fuori dalle secche anche in questa circostanza. Queste cellule, ancora una volta, invece di abbandonarsi all’esitazione e alla paralisi, stanno già riorganizzandosi, adattandosi e investendo per il futuro.
Allo scoppio della crisi, l’attività di Credimi ha subito uno shock violento. Le domande, a partire dall’inizio di marzo, sono aumentate di 5-6 volte arrivando a un picco di 1.300 per settimana con richieste nel mese per 320 milioni di euro. Un picco di domanda che non ha generato alcun problema operativo perché lavoriamo con processi quasi interamente automatizzati, con tutte le applicazioni in cloud, e tutte le postazioni di lavoro attivabili da qualsiasi luogo connesso in rete. Questa situazione non ha generato neanche problemi di qualità creditizia: i rischi, nella media, sono naturalmente aumentati molto, ma la crisi ha indirizzato a Credimi molte aziende di grande qualità, che i provvedimenti di chiusura hanno posto in debito più o meno grave di liquidità, ma che – se ben supportate – hanno la possibilità concreta di riprendersi egregiamente una volta che l’emergenza sanitaria recederà.
Tuttavia, questo picco ha esaurito rapidamente le nostre scorte di raccolta. E, nel proporre il collocamento di nuove cartolarizzazioni dei nostri finanziamenti, abbiamo dovuto rapidamente trovare una soluzione per proteggere in modo robusto i nostri investitori dall’aumento dei rischi – in assenza della quale sarebbe stato difficile collocare nuovi portafogli. Insieme ai partner di Banca Generali abbiamo deciso di reagire e disegnato, in pochi giorni, una emissione di titoli innovativa, chiamata “Italianonsiferma”, nella quale il rischio è stato mitigato combinando tre elementi: la copertura del Fondo Centrale di Garanzia, che il governo ha opportunamente elevato all’80%, una junior tranche (per una quota del 10%) sottoscritta da un anchor investor, che assorbe il rischio rimanente in cambio di rendimenti a doppia cifra e una senior tranche destinata a investitori privati (dal profilo professionale), che ha rendimenti molto più modesti, ma comunque a premio significativo rispetto a titoli sovrani di pari durata, e con una fortissima protezione dal rischio di default delle aziende finanziate.
Così lo stesso Gruppo Generali ha creduto immediatamente in questa soluzione, sottoscrivendo i primi 10 milioni di junior tranche e permettendoci di lanciare subito una prima emissione di 100 milioni di euro, che è già in collocamento presso i clienti di Banca Generali, la cui raccolta è partita proprio in questi giorni e prevediamo sia ultimata entro fine aprile per essere immediatamente erogata a migliaia di piccole aziende in crisi di liquidità. Finanziamenti veri, erogabili subito, con durata di 5 anni e 15 mesi di preammortamento; l’inizio del rimborso avverrà a settembre 2021, così che i finanziamenti potranno essere utilizzati per far fronte al lockdown e prepararsi alla ripresa. Una operazione in cui sia Credimi, che Banca Generali e Securitisation Service hanno ridotto del 30-50% le proprie fee per migliorare il più possibile le condizioni offerte.
Dal canto nostro, i 100 milioni di euro iniziali di questa emissione saranno replicati. Prevediamo altre emissioni, anche tematiche.
Credimi non è l’unica azienda italiana di digital lending. Ce ne sono altre, valide e motivate quanto noi. Raramente si parla delle 23 aziende italiane associate a ItaliaFintech, che impiegano 1.500 giovani talenti italiani e che possono raggiungere almeno 1 milione di aziende e 10 milioni di famiglie erogando finanziamenti e altri prodotti finanziari in modalità completamente digitale, con processi molto più semplici, veloci e accessibile della finanza tradizionale. Oltre che in maniera molto più economica. Tutte le aziende fintech sono per loro natura capaci di servire i clienti senza nessuna necessità di contatto fisico, e di eseguire ogni tipo di operazione finanziaria (di finanziamento, di pagamento, di risparmio, di investimento, di erogazione pensionistica, di consulenza) sotto qualsiasi regime di quarantena. Tutti gli altri Paesi sviluppati hanno usato massicciamente i canali Fintech durante questa emergenza.
Nata con la missione di semplificare l’accesso al credito per le imprese, Credimi è oggi il più grande digital lender per le imprese in Europa Continentale, con 800 milioni di euro erogati e 15.000 aziende che si sono rivolte alla piattaforma digitale
( NOTA : sintesi dal testo ricevuto ).