«Le imprese di costruzione sono allo stremo delle forze: hanno resistito per anni ma oggi hanno esaurito tutte le loro le risorse e non vedono all’orizzonte nessuna possibilità di invertire un ciclo economico così negativo.
La disperazione degli imprenditori che vedono morire le loro aziende si accompagna a quella dei lavoratori ( vera ricchezza delle imprese ) che perdono il loro lavoro, il loro futuro.
600 lavoratori allontanati da una azienda fanno notizia per mesi sui media, mente 360.000 addetti delle costruzioni senza lavoro non fanno notizia perché frammentati in decine di migliaia di imprese e perché fino a oggi noi non eravamo scesi mai in piazza.
Costruire è il nostro mestiere, lo hanno fatto i nostri nonni e i nostri padri consentendo all’Italia di divenire il 7 ° paese industriale al mondo in meno di 20 anni dopo la guerra. Sembra che alla classe politica non interessi più cambiare il volto di città e territori rendendoli moderni, vivibili, belli e attrattivi.
Il territorio, i beni storici monumentali e ambientali sono i gioielli di famiglia da valorizzare ma nel contempo occorre consentire alle persone di muoversi liberamente nelle città e nel Paese, alle merci di raggiungere ogni luogo, ai rifiuti di essere smaltiti, agli stranieri di raggiungere l’Italia con facilità e con ogni mezzo.
Siamo costruttori, siamo capaci di fare e di metterci in gioco. La scommessa di un futuro migliore per il paese passa, ne siamo consapevoli, anche attraverso una impresa moderna, diversa e migliore, anche a costo di una dura selezione.
Vogliamo fuori dal mercato chi fa l’imprenditore edile senza requisiti professionali, senza capacità patrimoniale adeguata, senza reputazione e rispetto delle regole e dei propri lavoratori. Ma non possiamo accettare che questo avvenga senza avere la certezza che lo Stato, le istituzioni coinvolte, svolgano il proprio ruolo di sorveglianza e di controllo.
Non serve uno Stato giustizialista ma uno Stato che sia in grado di far rispettare con equità le proprie leggi senza pregiudizi, che sia in grado di intervenire con efficacia, recuperando l’efficienza della sua struttura burocratica amministrativa.
Noi stiamo lavorando per innovare il nostro prodotto, per aumentarne le prestazioni e ridurrne i costi, affinché diventi un vero prodotto industriale. Stiamo investendo nella trasformazione dei nostri processi produttivi.
Puntiamo ad offrire al mercato un prodotto qualitativamente diverso, migliore nelle prestazioni, con una data di fabbricazione e una data di scadenza, per questo vogliamo essere più trasparenti dando certezze al consumatore finale anche sui costi di esercizio e di manutenzione offrendo garanzie reali, con la certezza in caso di inadempimento di essere messi ai margini del mercato.
Questi sono i presupposti del patto che il mondo dell’edilizia che rappresento propone alla politica e al Paese.
Ci aspettiamo risposte concrete per fronteggiare l’emergenza : un cambio di rotta nelle politiche fiscali che possano divenire strumenti premiali di crescita; il rispetto degli accordi contrattuali e il pagamento del dovuto; azioni di riattivazione della leva del credito per le imprese e le famiglie; un vero alleggerimento del peso della burocrazia; l’intensificazione della vigilanza e del controllo per stanare e combattere chi opera fuori dalle regole; il sostegno alla domanda per far ripartire gli investimenti nel settore.
Ci aspettiamo che sia data priorità in termini di strategie pubbliche ai nodi del territorio, alle nostre aree metropolitane, perché senza città attrattive l’economia del Paese non riparte e l’edilizia non può contribuire al progetto di sviluppo italiano».
Fonte: Assimpredil ANCE
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