Nell’ultimo mezzo secolo e oltre, il mattone non ha mai tradito la fiducia degli italiani. Il valore della casa, depurato dall’inflazione, si è incrementato del 7% nel decennio 1961-1970 e dopo il picco del quasi raddoppio – più 90% – dal ’71 all”80 (anni di inflazione stratosferica), ancora negli anni 2001-2016 ha registrato un segno positivo del 16%, pur incorporando la pesante crisi causata dalla recessione mondiale scatenata dagli Stati Uniti. Riassumendo. I prezzi immobiliari sono cresciuti in media dell’ 8,0% annuo in 55 anni (1961-2016). Nello stesso arco temporale il costo della vita è cresciuto in media del 6,1% annuo. L’incremento reale composto è stato pertanto pari all’ 1,8% annuo in 55 anni: in altri termini, nel 1961 un investimento immobiliare in lire equivalente a 100.000 euro oggi è diventato di oltre 260.000 euro, sempre al netto dell’inflazione.
E’ uno dei dati più interessanti fra quelli rivelati dal rapporto “Il mercato immobiliare residenziale italiano dagli anni ’60 al 31.12.2016” elaborato da Reddy’s Group su dati propri e di Istat , Censis, Agenzia delle Entrate, Omi, che racconta la storia dell’investimento più amato dai connazionali e ne anticipa il probabile futuro.
Prendendo in esame gli indici del potere di acquisto dell’impiegato medio italiano – il famoso signor Rossi che statisticamente ci rappresenta tutti – e l’indice dei prezzi reali degli immobili residenziali dal 1963 al 2016, vediamo le due linee, sempre ben lontane, quasi toccarsi nel 2007-2008, inizio recessione, a dimostrare come il signor Rossi non avesse più possibilità di investire in immobili dati gli alti valori raggiunti dal comparto. Possibilità che, con la rapida caduta degli stessi negli anni successivi, il signor Rossi ha ampiamente riacquistato tanto che dal minimo di compravendite – 403.000 unità del 1913 – siamo arrivati alle quasi 529.000 del 2016, in aumento anche quest’anno.
Va comunque ricordato a chi parla di grande ripresa del settore che siamo ben lontani dal picco di compravendite del 2006, 845.000 unità. E che negli anni 2007-2016 il valore del patrimonio immobiliare privato è sceso da 5.300 a 4.500 miliardi di euro: nel caso del singolo immobile ciò si è tradotto in una perdita media di oltre il 15%, con punte nelle periferie e in provincia del 30-35%.
Causa scatenante, il venir meno del mercato prodotto dal ceto economico medio basso (costituito anche dagli immigrati) che ha bloccato la spirale virtuosa della vendita del proprio alloggio per l’acquisto di un alloggio più grande: se non ci sono acquirenti della casa che si intende cambiare, manca l’apporto finanziario fondamentale per il nuovo acquisto, integrato dal mutuo. Problema che non esiste per il top del mercato il quale ha continuato a registrare un aumento di compravendite e di valori.
E adesso come andrà? “Le previsioni 2016-2027 – spiega Alberto Lunghini presidente di Reddy’s Group – mostrano tre linee di sviluppo, tutte positive ma di diversa entità. Se non si verificano eventi drammatici in campo internazionale con ripercussioni sull’Italia e se la politica riscopre il ruolo trainante sull’intera economia del settore immobiliare , la previsione più attendibile contempla un deciso recupero del mercato che potrebbe superare il livello top del 2007 tra 5 o 6 anni e proseguire con segni più almeno fino al 2025.”
Il Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici commenta: “Nel futuro del settore, in particolare, ci sono tre gravi incognite a condizionare le prospettive rassegnate nello studio, comportando un serio inasprimento del carico fiscale sugli immobili.
Esse sono: la ventilata imposta patrimoniale, la ripresa della attuazione della revisione catastale, nei termini in cui la stessa è stata prevista dalla vigente legge e l’aggravio della imposta sulle successioni.
“Come abbiamo potuto constatare, il tracollo dei valori immobiliari iniziato nel 2012 è stato anche conseguenza della manovra “a tenaglia” in campo fiscale condotta dal Governo, dalla fine del 2011 all’inizio del 2013, avverso il settore immobiliare: aumento dei coefficienti moltiplicativi catastali e delle aliquote ai fini Imu, ed estensione dell’imposta anche alla abitazione principale; parallela riduzione della deduzione forfetaria per le spese di manutenzione nei contratti di locazione; introduzione dell’Imu agricola; varo, su pressione dell’Europa, di una riforma catastale con molte criticita’; forte innalzamento del prelievo sui redditi delle dimore storiche; revisione automatica dei contratti di locazione alla P.A. con riduzione dei canoni. Misure che hanno prodotto una profonda sfiducia dei risparmiatori individuali nell’investimento immobiliare, anche perché davano l’idea di una “prevenzione” del Governo nei confronti dell’intero settore.
“Se dopo le elezioni si ricomincerà a parlare di revisioni della fiscalità immobiliare in tali termini, allora… altro che ripresa del mercato.”
Fonte : Assoedilizia