di Lucia Loffi Randolin
Si è aperto con una nota di ottimismo il convegno organizzato dal CNCC-Consiglio Nazionale Centri Commerciali lo scorso 24 ottobre a Milano, dal titolo Finanza, investitori e il centro commerciale: «Siamo alla fine della discesa, come dice il mondo della finanza nel quale sembra vedersi un ritorno di interesse per gli investimenti, soprattutto nel Sud Europa». A esprimersi in tal senso è stato Aldo Mazzocco, AD di Beni Stabili SIIQ, che ha sottolineato come il retail real estate sia la parte moderna del settore immobiliare, che da lì è sempre ripartito nei momenti difficili.
Ebbene sì, segnali di ripresa ce ne sono, ma fanno fatica a farsi largo in una situazione a dir poco “confusa”. Corrado Vismara, Vicepresidente del CNCC, ha confermato l’esistenza di dati positivi, in primo piano l’indice del clima di fiducia che a settembre 2013 è risultato in rialzo. Ma il trend dei fatturati nei centri commerciali volge ancora verso il basso, con una sofferenza più marcata da parte delle grandi superfici (in particolare nel comparto dell’elettronica). E se il mercato nazionale è ormai maturo con i suoi 950 centri commerciali distribuiti sul territorio, guardando bene quelli sopra i 20 mila mq sono solo il 25% dell’esistente e guardando ancora meglio le strutture oltre i 50 mila mq, quelle di fascia alta, sono in gran parte di proprietà straniera. Perciò, poiché sono proprio i centri “dominanti” che potrebbero attrarre investimenti, per il futuro si dovrà puntare su poche realizzazioni ma importanti, soprattutto dal punto di vista architettonico, su progetti di nicchia per una offerta specifica. In compenso, l’evoluzione del retail sarà positiva, dice Vismara, con nuovi brand, nuovi format, nuove catene in entrata, soprattutto là dove i brand integrano esperenzialità. E con nuove modalità di vendita: l’e-commerce e l’omnichannel, dove il primo diventa parte integrante del secondo e i negozi saranno sostanzialmente degli showroom. «Anche i cugini europei hanno aspettative di ripresa – aggiunge il vicepresidente di CNCC -: secondo una ricerca condotta da ICSC a livello europeo, a settembre 2013 il clima di fiducia degli operatori real estate è risultato positivo«. A maggior ragione possiamo guardare al futuro con un po’ di ottimismo. O no?
Nelle due tavole rotonde successive s’è esplorata la situazione del mercato degli investimenti e relative prospettive, e s’è fatto il punto sugli investimenti e la finanza nel mercato italiano.
A livello europeo, Claudia Buccini di Cushmann &Wakefield ha sottolineato l’apprezzamento da parte degli investitori per gli immobili a destinazione retail di buona qualità. E il mercato ha mostrato un certo incremento, in particolare nei Paesi del Sud (Europa), quale conseguenza di un clima di fiducia in ripresa e di alcune iniezioni di liquidità. Quanto al mercato italiano, invece,Christian Recalcati di Larry Smith Italia non è ottimista: «Vedo pochi progetti in fase di sviluppo e poco interesse da parte degli investitori stranieri, quasi nullo da parte degli operatori nazionali». Paolo Bellacosa di CBRE è più positivo, soprattutto guardando agli ultimi mesi: «Crescono i segnali di miglioramento, l’attività si sta riavviando. Elemento determinante in questa fase è il repricing: il retail si è riprezzato (i prezzi sono scesi) e si è rinnovato, perciò è in grado di attrarre degli investimenti. Cominciano a tornare, sebbene con circospezione, anche gli investitori core ma il prodotto che possiamo offrire è molto limitato». Perché comunque si parla sempre di centri prime: quelli secondari non sono considerati, sebbene alcuni di essi abbiano delle potenzialità sul piano locale. Come talune strutture nel Sud Italia, a quanto afferma Alberto Albertazzi di Svicom. Che però non vede segnali di ripresa nel Meridione, nessuna liquidità, a parte qualche situazione peculiare. Per quanto il Sud possa offrire prodotti prime, molti non sono appetibili per gli stranieri, vuoi per una sorta di retaggio culturale per cui non si investe a Sud di Roma, come dice Recalcati, vuoi per la mancanza di infrastrutture come fa notare Roberto Limetti di Pradera (dal pubblico). Certamente per la presenza di una competitività molto forte. E allora, quali sono le prospettive nel nostro Paese? Ci rassicura in parte Claudia Buccini: dal suo punto di osservazione europeo afferma che c’è una percezione positiva dell’Italia, Paese che ha una sorta di leadership nell’attenzione del real estate, dove la componente retail è dominante quando si parla di investimenti. E poi «ci sono investitori con profilo di rischio più elevato che hanno raccolto molto capitale negli ultimi mesi creando Fondi per investire solo in Europa» aggiunge Bellacosa. C’è sempre la questione del prodotto di fascia alta, che in Italia scarseggia. E il tema delle banche, della mancanza di credito, che fa da freno a molte transazioni.
E proprio le banche sono al centro dell’attenzione nella seconda tavola rotonda, moderata da Pietro Malaspina, in cui si è discusso del dinamismo degli istituti di credito e dei canali di finanziamento. Secondo Massimo Moretti di Beni Stabili SIIQ le banche hanno mostrato qualche segnale di dinamismo negli ultimi sei mesi, ma cresce anche l’interesse verso le Assicurazioni. Un canale molto utilizzato all’estero, ancora poco in Italia, come conferma Alberto Agazzi di Generali Real Estate Services Italy: «Siamo alla ricerca di operazioni che abbiano dei prodotti sottostanti interessanti, soprattutto nel comparto del retail real estate, ma non ne abbiamo ancora individuate». Le banche fanno molte offerte ma pretendono troppo, dicono Marco De Vincenzi di Corio e Edoardo Favrodi Gallerie Commerciali Italia. C’è movimento nel mercato ma non è ancora arrivato nel sistema bancario, sostiene Limetti. Secondo Andrea Bonvicini di IGD SIIQ, invece, «sulla linea a breve c’è movimento nelle banche, e il breve termine aiuta ad avviare le operazioni di sviluppo». Ma in un’ottica più a lungo termine le cose cambiano. A domanda precisa di Malaspina riguardo al finanziamento nei prossimi dieci anni: ritorneremo alla precedente situazione in cui la leva dipende dalle banche? La risposta è stata quasi unanime: no, o perlomeno non dalle banche italiane. «Noi abbiamo avuto un approccio importante con banche tedesche e olandesi – specifica Limetti – per le quali la valutazione oggi avviene più sul cash flow che sul valore finanziario».
Per tutti vale l’affermazione di Moretti a fine tavola rotonda: «riguardo agli investimenti per ora siamo in vigile attesa». L’interesse dunque c’è ma la cautela la fa da padrone. Stiamo a vedere…
Luoghi di transito e retail
Ritornando all’evoluzione positiva del retail che emerge dalle analisi del CNCC ( se è vero che per i centri commerciali le prospettive sono buone) altrettanto lo è per quei luoghi di transito, ormai diventati vere proprie cittadelle dello shopping, che sono le stazioni e gli aeroporti. Ad esse è stato dedicato il II Convegno su Travel Retail, organizzato da Popai lo scorso 25 settembre a Milano intitolato Oltrepassando i confini del commercio. «Ma si legge: Il marketing delle vendite d’impulso» ha affermato Luigi Rubinelli di Retail Watch introducendo il Convegno. Perché di fatto le azioni di marketing in aeroporti e stazioni ferroviarie sono perlopiù rivolte a incrementare questa tipologia di vendite. I consumatori qui sono naturalmente diversi da quelli che animano high street e centri commerciali. Le persone passano, a volte sostano anche contro la propria volontà, e solo occasionalmente comprano per necessità. Allora, come ha evidenziato Fulvio Fassone di Aeroporti di Roma, l’attenzione al cliente “di passaggio” deve mantenersi alta perché bisogna “catturarlo” nell’attimo in cui transita; negli aeroporti il “brand” diventa il focus del business e le azioni a supporto dello shopping per comunicare la galleria ai passeggeri aumentano. « Soprattutto quelle rivolte ai clienti high spender come cinesi e russi, in questo momento – dice Fassone -, clienti che vanno accolti e indirizzati ricorrendo, per esempio a Fiumicino, a postazioni shopping help con personale che parla russo e cinese, o allestendo in Rete mini siti informativi sull’offerta commerciale sempre in lingua russa e in cinese». Offerta ricca, con una folta presenza di insegne del lusso soprattutto nelle aree dei voli internazionali e intercontinentali.
Per le stazioni ferroviarie il contesto è diverso, perché in genere si trovano all’interno della città, in zone abbastanza centrali; perciò si parla sì di flussi, notevoli ovviamente (basti solo pensare ai milioni di pendolari giornalieri) ma anche di vicinato.Stefano Mereu di Grandi Stazioni ha evidenziato come si lavori anche qui sull’attenzione al cliente nel conseguimento dell’eccellenza qualitativa. E come, al pari che in aeroporto, il brand assuma un ruolo determinante, anche perché, oltre al numeroso pubblico dei pendolari, c’è un nuovo target da soddisfare che è quello dei passeggeri dell’alta velocità, un target con un elevato livello di reddito, forte fruitore di Internet , socialmente molto attivo per il quale il passaparola, pure e soprattutto su Internet, conta non poco. «Le gallerie commerciali delle grandi stazioni sono destinate a diventare le nuove piazze urbane – sostiene Mereu – , dove tutti, residenti in zona e passeggeri, possono trovare un’ampia offerta di shopping e di ristorazione». Dove l’utilizzo delle tecnologie e l’attenzione marcata verso il F&B di qualità contribuiscono a mantenere i contatti con la città, attraverso forme di comunicazione nuove, prodotti e format innovativi. E non solo nella ristorazione. Nella straordinaria operazione di riqualificazione della Stazione Centrale di Milano condotta da Grandi Stazioni ci sono parecchi esempi di format innovativi, non foss’altro che per la location così particolare. Fra i più interessanti, quello proposto dall’insegna Saturn, un negozio sviluppato su quattro piani creati ex novo all’interno di un’azione di recupero architettonico decisamente impegnativa.
Un punto di vendita significativo, spiega Maurizio Motta di Mediamarket, sia per l’investimento richiesto (oltre 6 milioni di euro) sia per la location, praticamente in centro città (a differenza del solito), sia per le diverse modalità di acquisto offerte. Si può comprare, pagare in negozio e farsi consegnare a casa ciò che si è acquistato, anche là dove non esiste un pdv dell’insegna; si può scegliere in negozio un prodotto che lì non è presente ma è sul catalogo online, pagarlo e farselo portare a casa. “Perché il futuro del retail è nell’integrazione fra negozio fisico e negozio virtuale – afferma Motta – , dove i negozi fisici devono essere sempre meno ‘take a box’ e sempre più ‘make the box’: meno prodotto, più esperienza, competenza e servizi”. Una integrazione che risponde sia alla logica dello scaffale infinito, sia alle esigenze di tutta la clientela, anche di chi semplicemente passa, ha poco tempo a disposizione ma è seriamente interessato a un prodotto. Oppure di chi è solo curioso e allora occorre soddisfare le sue curiosità. O ancora di chi vede su Internet un prodotto e ha bisogno di capire, toccare, provare.
Il bacino di utenza di una stazione ferroviaria è molto ampio, ovviamente, perché comprende residenti e viaggiatori, perciò maggiore è la complessità della vendita, della logistica, e determinante è il CRM per capire come dare una dimensione più ampia al business. Lo sanno bene in Sephora che nei pdv in stazione vedono un cliente “diverso”: «In genere ha poco tempo e dunque acquista quasi sempre d’impulso – confermaFederico Astori di Sephora Italia -, perciò occorre insistere sulla formazione del personale addetto alla vendita, che deve essere capace di fare proposte di acquisto accattivanti, oltre che di incuriosire il cliente». Come le stazioni, anche gli aeroporti offrono la possibilità di intercettare clienti difficilmente raggiungibili, di dare grande visibilità al marchio, come dimostra la presenza dell’insegna Boggi presso i gate più frequentati, «nonostante i costi di gestione elevati, e gli spazi ridotti anche per il magazzinaggio», ha commentato Paolo Selva, Development Manager di Boggi.