Il 2019 ha rappresentato un anno di grande vivacità per il settore immobiliare alberghiero inducendo gli operatori del settore
verso previsioni di crescita anche per il 2020.
In realtà, l’avvento della pandemia ha colpito duramente proprio il settore alberghiero che, insieme al retail, è il segmento
ad aver accusato maggiormente la crisi sia da un punto di vista economico, con drastici cali del fatturato, sia dal punto di
vista immobiliare.
Diverse sono le voci istituzionali che hanno ribaltato le previsioni, indicando il 2020 come un anno perso dal punto di vista
del giro di affari.
Il COVID-19 ha azzerato infatti la componente fondamentale del settore: i flussi turistici siano essi legati al turismo leisure
che business.
A causa del divieto di spostamenti, prolungato per oltre due mesi, tutte le attività connesse al turismo si sono fermate e
oltre il 75% degli alberghi europei ad aprile 2020 risultava chiuso e con la maggior parte delle prenotazioni annullate.
Questo dato ha generato un crollo verticale del fatturato per il settore del turismo.
In Italia, durante la fase del lockdown, questa percentuale si stima ancora più elevata: circa il 95% delle strutture ricettive
è stata chiusa e secondo i dati di Federalberghi, circa il 20% delle attività non aprirà durante l’estate per lo sbilanciamento
dei costi più elevati rispetto alle entrate, con una probabilità crescente che la decisione resti definitiva.
L’emergenza sanitaria ha dunque provocato la paralisi dell’intera filiera che genera mediamente ogni anno circa il 12% del
PIL italiano. Secondo le stime elaborate dalla CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media
Impresa) nel primo semestre del 2020 i ricavi del turismo subiranno una contrazione del 73%, ovvero il giro d’affari atteso
nel primo trimestre sarà di appena 16 miliardi di euro rispetto ai 57 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso.
La diffusione del virus a livello globale e le relative misure restrittive degli spostamenti si tradurranno nel mancato arrivo
nella Penisola di circa 25 milioni di stranieri nel periodo tra febbraio e giugno per circa 82 milioni di presenze.
CNA stima che tra luglio e settembre altri 25 milioni di turisti stranieri non arriveranno in Italia per 98,5 milioni di presenze
in meno.
In totale tra febbraio e settembre la perdita di turisti stranieri ammonta a 50 milioni circa in termini di arrivi e a 180,8 milioni
di presenze (nel 2019 le presenze di turisti stranieri in strutture ricettive ed extra-ricettive sono state pari a oltre 220 milioni).
Le previsioni riguardo gli italiani sono di circa 128 milioni in meno di presenze rispetto al 2019, anno in cui se ne sono
registrate circa 216 milioni (-60% circa).
Anche sul fronte degli investimenti il mercato ha subito una battuta d’arresto considerevole: alla fine del primo trimestre
2020 gli investimenti nel comparto hanno subito un calo di oltre il 50% sui 400 milioni realizzati tra gennaio e marzo del 2019.
In sintesi, dopo un 2019 record, con 3,1 miliardi di euro di investimenti e, un inizio anno molto promettente, il settore
turistico ha avuto un impatto non indifferente: prima con il posticipo e la cancellazione di numerosi eventi e fiere, poi con i
divieti di viaggi e spostamenti.
È plausibile pensare che, alla fine delle restrizioni in Italia, crescerà più velocemente il turismo interno, di prossimità, mentre
i flussi internazionali avranno una ripresa più lenta e di certo dettata dall’evoluzione della situazione legata all’emergenza
sanitaria nel resto del mondo.
Fonte : Company ( stralcio dal Rapporto “ La Congiuntura del Mercato Immobiliare Italiano Primo Semestre 2020” )