Ritratto, con intervista, di Steven Scamihorn, Amministratore Unico e Owner di BEAR Project Management
di Paola G. Lunghini
-Di cosa ti stai occupando di bello? gli avevo chiesto qualche settimana fa.
-Un importante lavoro in Arabia Saudita. Project Control Manager for two Security Forces Medical Centers, Riyadh and Jeddah. Office development, project procedures, personnel training. Se vuoi ti racconto.
-Se vuoi, ti “ faccio il ritratto” , gli rispondo.
E così lo invito da me, per una lunga conversazione. Arriva con un sorriso a 32 formidabili denti , lampi di allegria negli occhi ( che sono di un profondo blu, ma cangianti verso il verde-grigio) e una stretta di mano che ti stritola ma che, al contempo, ti trasmette positiva energia. Ed energetico lo è di certo, vista la sua storia e le attività sportive che riesce a praticare : in primis, palestra regolarmente – pesi e aerobica – per il suo « benessere generale».
Il suo italiano è pressocchè perfetto, con un lieve ( ma lieve) accento americano.
Sì, Steven è «americano della California». E’ nato a San Francisco, ma ha vissuto in molti altri States : dalla East Coast al Mid-West. Finchè è “ rimasto in casa” con la famiglia originale, la bellezza di 16 traslochi. Quasi quattro volte la media di un americano medio, secondo le statistiche a mie mani .
-I casi sono due, gli dico. O tuo padre stava nelle ferrovie, o faceva il militare.
-Indovinata la seconda, era ( oggi è in pensione) ufficiale dell’ Aeronautica degli Stati Uniti.
(Ah ah ah. Ecco da dove derivano l’ energia e il “ rigore “ di Steven. Lui, però, il militare non l’ ha fatto. Allorchè aveva l’ “età di leva”, in USA il servizio era già su base professionale volontaria, e lui voleva voleva fortissimamente voleva fare l’ architetto, cfr infra. « Non sono io che ho scelto l’ Architettura. E’ Lei che ha deciso per me, quando avevo cinque o sei anni»).
Poi, e a lungo, fu Cincinnati, nello Stato dell’ Ohio : dove si laureò in architettura ( fa parte dell’ AIA, l’ associazione degli architetti americani, dal 1990 ) e dove frequentò un Master in Business Administration. «Non volevo solo disegnare edifici, volevo rendermi conto del senso anche economico di un progetto nella sua globalità» . Insomma, fare quello che oggi anche da noi si chiama il Project Manager.
Dopo alcuni anni di energico servizio all’ architettura tradizionale nel suo Paese, Steven fa qualche puntata anche in Europa : continente da cui comunque le sue radici originano, come è ovvio che sia per le famiglie che vantano secoli di passaporto americano. Il cognome, d’ altronde, lo fa capire : il capostipite era olandese («Schermerhorn – mi precisa – è il nome di un piccolo paese a nord di Amsterdam dove c’è il museo dei Mulini»). Forse il capostipite era addirittura un “ padre pellegrino” sbarcato da quel “Mayflower” che nel 1620 trasportò nel Massachusetts coloro che nel Nuovo Mondo cercavano, come immediato obiettivo, la libertà religiosa . Salvo poi dedicarsi , nel lungo termine, al real estate: come ben illustrava una fantastica vignetta – tratta dalla prestigiosa testata New Yorker – che da decenni nel mio ufficio esibisco.
Ritenendosi ormai abbastanza “ attrezzato” come “ project architect”, verso la fine degli anni novanta Steven comincia il suo pellegrinaggio professionale al servizio dell’ “architettura manageriale” ; e diventa decisamente europeo . Alla ricerca di nuove esperienze ( «non posso stare fermo, mi piace cercare sempre qualcosa di nuovo da fare e da sperimentare » , in quegli anni vive e lavora, in particolare, in Austria e Belgio , occupandosi quasi esclusivamente di project management , una attività che nel vecchio continente appare ancora giovane ( tranne, come è ovvio che sia, in UK, ove è da un pezzo professione classificata dai RICS : istituto di cui il Nostro entra a far parte come MRICS).
Nel frattempo però galeotta era stata Venezia. Proprio al termine di una breve vacanza sulla laguna, Steven fa una piccola amicizia – sul vaporetto che li sta portando alla stazione di Santa Lucia – con una bella ragazza comasca. L’ amicizia continua sul treno per Milano ; e prosegue poi a forza di lettere ( allora le mail non c’ erano ancora…) e di faticosi e costosi viaggi aerei. E’ un amore bello ma scomodo : e così 20 anni fa i due si sposano ( originando poi Michael , che oggi ha 16 anni , e Raquel , 11).
Steven si trasferisce a Como e oggi è cittadino italiano.
Intanto continua a viaggiare molto per lavoro e nel 2001 il salto : fonda la propria società di project management, la BEAR PM , che si occupa di alberghi, medical centers & hospitals, retail developments , entertainment parks, offices e industrial developments.( «As director of BEAR Project Management he takes on the lead role in the Client’s development process, striving for successful project completion and achieving established project goals: financial, technical, temporal & qualitative. His company becomes a single point of reference amongst all the professionals and contractors involved, as well as with the Client’s team of representatives» spiega il suo profilo, che così prosegue «He supplies Clients with quality project management, cost management and construction management services in all stages of real estate development, from strategic planning through to project completion and is specialized in managing new construction and restoration. In addition to traditional project management services, under his direction, the company offers related services such as integrated design and engineering, strategic programming, cost control and estimating, technical due diligence and project monitoring during design and construction stages»).
L’ energia genera successo e , nella professione ormai da 25 anni, Steven vanta oggi un curriculum di molto rispetto, con lavori eseguiti per illustri clienti e in tanti luoghi : da Mosca a Cipro, da Ottawa a Losanna, da Roma a Venezia, da Cuneo a Piacenza, dalla Costa Smeralda a Bologna, con molti, moltissimi interventi a Milano, dove la sua BEAR PM è basata.
Ogni incarico è una nuova sfida, condotta con l’entusiasmo per la nuova scoperta .
Da un po’ di tempo, però, ogni mese ( per circa 7/10 giorni al mese) la valigia è pronta per destinazione Jeddah e Riyadh, in Arabia Saudita. E dentro al bagaglio, anche molti libri : legge « un po’ di tutto» ma soprattutto roba che lo fa “scappare” con la mente. (L’ ultimo è stato “Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella, storia dell’atleta olimpionica somala Samia Yusuf Omar , di Mogadiscio, ndr).
Nella valigia ci sono anche alcuni cibi italiani, da quelle parti consentiti. Ma non è ammesso – neppure nelle residenze private degli stranieri – neppure un goccio di vino. Un vero sacrificio , questo , per uno come lui che ama bere bene e con intelligenza. Ed è amante dei piatti ben fatti – salutari e no! . « Mangio tutti i cibi e mi piacciano le cucine più varie, ma potrei mangiare il cibo italiano tutti i giorni , sicuramente la mia cucina preferita». (Qui c’è l’ “effetto Paola” , sua moglie, la quale – con studi di farmacia alle spalle e la passione per la cucina – ha pure creato il bellissimo blog www.passionandcooking.com. Tutto da visitare, credetemi, ndr).
Parliamo dell’ Arabia, allora.
-Ecco : BEAR PM è stata incaricata da Manens-Tifs, importantissima società di ingegneria Italiana, del coordinamento di tutte le attività di project control necessarie alla progettazione e alla costruzione di due grandi “cittadelle ospedaliere” delle Forze di Sicurezza per conto del Governo saudita, una a Riyadh e l’altra a Jeddah. BEAR è responsabile per l’avvio dell’ufficio di supporto globale agli ingegneri per il controllo tecnico, economico e finanziario dell’intero progetto, all’interno della branch che Manens-Tifs ha fondato a Riyadh. Questo reparto, nello specifico, svolge le attività di monitoraggio della programmazione, di controllo dei costi, di gestione della qualità, dei rischi, dei contratti e dei documenti progettuali. In questo ambito BEAR applica la propria consolidata expertise per selezionare le persone più adatte ai ruoli definiti, redigere le procedure operative relative ai rapporti con le imprese, e “formare” tutti gli oltre 350 collaboratori – che provengono da molti Paesi, europei e non – presenti; obiettivi questi, richiesti espressamente dal contratto con il Governo di KSA – Kingdom of Saudi Arabia.
– Una bella sfida, direi.
– Sì, questo progetto si preannuncia inoltre come uno dei più ambiziosi dell’Arabia Saudita in campo medico: ciascuna area conterrà tre ospedali , per una superficie pari a 400 mila metri quadrati, oltre a ville, appartamenti e parcheggi, per una superficie complessiva di circa 700 mila metri quadrati.
-A quanto ammonta l’ investimento?
-L’investimento totale è pari a 6,7 miliardi di dollari.
-Quando si concluderà l’ intervento ?
-Entro la fine del 2016.
-E il clima umano, com’è?
-Si va dalla delicata gestione di tutte le problematiche tecniche a quelle legate anche a un diverso e distante metodo lavorativo, influenzato da implicazioni religiose e sociali. Vorrei comunque precisare che questo progetto rappresenta per BEAR PM una significativa case-history per l’expertise che ne consegue.
-E dopo le ore di lavoro?
-Che vuoi, siamo expat, è una evoluzione della vita di colonia. Mi spiace un po’ che ogni paese faccia community a sé, gli inglesi con gli inglesi, gli egiziani con gli egiziani, gli italiani con gli italiani, etc.
Mi par di comprendere che Steven preferirebbe una maggior “ mescolanza”. Ma a lui va già bene, è americano e italiano insieme. E ha una visione global.
-E dopo l’ Arabia ?
-Mi auguro davvero che l’ industria immobiliare italiana entri finalmente in vero recovery, qui ci sarebbe tanto da fare per quelli che – come me – offrono servizi evoluti.
Chissà, se sarà così forse Steven si fermerà un po’ di più a Milano; e a Como finalmente potrà prendersi il pet che sino a oggi – con la vita che fa – non si è potuto permettere : « Mi piacciano tanto i cani, soprattutto i pastori tedeschi».