Stefano Boeri Architetti presenterà in occasione della Biennale di Venezia Slow Food
Frespace: il progetto-pilota per il primo Slow Village che verrà costruito in Cina in
collaborazione con Slow Food Movement. A parlarne saranno Stefano Boeri e Carlo
Petrini, i fondatori delle due realtà, il 25 maggio a Ca’ Tron durante l’evento “Across
Chinese Cities – The Community”.
Partendo dalla grande visione di Slow Food China – favorire un’economia agricola che
valorizzi le culture e i prodotti locali – Stefano Boeri Architetti ha progettato per ogni
villaggio (o insieme di villaggi vicini) interessato dal programma Slow Village, una
scuola, una biblioteca e un piccolo museo. Tre epicentri culturali capaci di costituire i
nodi di una infrastruttura diffusa che possa permettere a milioni di agricoltori cinesi
di investire sul futuro dei loro territori rurali invece di abbandonarli per trasferirsi nelle
periferie metropolitane. Offrendo migliori condizioni culturali, economiche,
architettoniche e ambientali a una galassia pulviscolare di comunità locali, il programma
Slow Food Frespace punta infatti a contrastare con forza l’emigrazione sempre
crescente negli ultimi anni verso le grandi città cinesi, e la conseguente omologazione
delle specificità culturali legate alla ricchezza del territorio.
“Ci dimentichiamo facilmente che le aree rurali infondono sostenibilità alla nostra vita
quotidiana. È una necessità ineludibile dell’architettura affrontare la velocità
dell’evoluzione anche alimentandola con la ricchezza del passato. Per questo
motivo, abbiamo proposto di valorizzare i villaggi agricoli con un sistema di piccoli ma
preziosi catalizzatori delle culture locali, capaci di migliorare la vita dei residenti”,
come precisato da Stefano Boeri a Shanghai nell’accogliere l’invito da Anhua Chen,
Capo Progetto di Slow Villages Co-building a collaborare a una visione di progetto e
territorio condivisa e concreta.
Da tale incontro scaturisce un programma fortemente connesso con l’attualità politica e
sociale, che interpreta l’architettura come un dispositivo territoriale poroso, capace
di assorbire e riattivare il ricco e variegato patrimonio tangibile e intangibile delle civiltà
rurali cinesi. “Preservare l’ambiente rurale significa proteggere la diversità culturale –
conferma Yibo Xu, partner di Stefano Boeri Architetti a Shanghai – ; negli ultimi
decenni in Cina sono stati compiuti sforzi significativi per quanto riguarda le questioni
urbane e, in futuro, maggiori attenzioni dovrebbero essere indirizzate alla poliedricità di
espressioni, tradizioni e patrimoni della campagna”.
Localizzato a Qiyan, nella provincia sud-occidentale del Sichuan, il primo Slow Village
cinese nasce da una visione aperta e collaborativa. Stefano Boeri Architetti China
metterà infatti gratuitamente a disposizione le idee progettuali e il know-how tecnico
necessari alla costruzione nel villaggio del primo dispositivo-pilota: la libreria, la scuola e
il museo. Come un unico volàno organico, i tre catalizzatori agiranno per alimentare
non solo la cultura della preparazione, del consumo e dell’offerta del cibo, ma anche le
tradizioni popolari antiche e radicate, così come le piccole e penetranti storie individuali.
Valorizzandone e amplificandone la naturale ricchezza, il programma p. 1 si propone quindi
anche di condensare un’offerta forte e attrattiva, indirizzata verso l’universo vasto della
conoscenza e del turismo cinese e internazionale.
Tempi e spazi della presentazione di Slow Food Frespace, a Venezia il 25 maggio
2018, non sono certo casuali. Da un lato il progetto viene infatti illustrato per la prima
volta al pubblico nell’ambito di “Across Chinese Cities – The Community”,
iniziativa programmatica che punta a esplorare forme di progettazione legate allo
sviluppo di nuovi sistemi di appartenenza sociale, economica e spaziale. Dall’altro lato, e
in senso ancora più vasto, il programma messo in campo da Stefano Boeri Architetti può
essere ricondotto concettualmente al tema della Biennale di Architettura di
Venezia (la cui inaugurazione è prevista proprio per i giorni 24 e 25 maggio), e
battezzato appunto “Freespace” dalle curatrici Yvonne Farrel e Shelly McNamara. Con
tale definizione, le fondatrici dello studio irlandese Grafton Architects hanno inteso
individuare uno spazio democratico, non programmato e libero per gli usi,
capace di enfatizzare i doni della natura – la luce del sole e della luna, l’aria, la gravità, i
materiali – e di offrire a tutti una generosità aggiuntiva e inaspettata in ogni suo aspetto.
Un’architettura, in altri termini, dotata di una vita propria, capace di dar corpo ai
desideri anche più inespressi e di costruire ponti di senso, linguaggio ed emozione,
provvedendo al benessere e alla dignità di ogni cittadino. Una grande rivoluzione per
il “pianeta fragile”, che può anche partire da un piccolo villaggio nella campagna
cinese.
Fonte : Company