I miei “ racconti non immobiliari”

Italiani all’ estero

di Paola G. Lunghini

 
Premessa.
 
Quando ero giovane, e avevo un poco di tempo, mi divertivo a scrivere brevi racconti. Possibilmente divertenti, o almeno io tali li ritenevo ( in comune avevano una cosa : si svolgevano ognuno  e ogni volta in una città  diversa) . Racconti  che – essendo io allora agli inizi della carriera, e internet era ben al di là da venire – rimanevano nel cassetto.
Ma  a fine 1978 accadde qualcosa , per me, di straordinario.
L’ Assimpredil, Associazione Imprese Edili di Milano  – che allora  aveva  per i propri associati  e famiglie un “ circolo”  culturale e di varia umanità , denominato “ El Tecc” – bandì un “ concorso letterario” : per un racconto inedito.
Rientravo nelle  “caratteristiche” del concorso. Inviai allora all’ attenzione della Giuria, affinandolo,  un raccontino buffo che poco tempo prima avevo scritto ( e che naturalmente stava nel cassetto), dal titolo “Italiani all’ estero”: che si svolge a Strasburgo.
 
Vinsi il Premio ( c’ era solo il Primo Premio , non altri classificati), e la Targa mi venne festosamente consegnata durante un affollato Gala Dinner .
Anche se “ El Tecc”  chiuse poi i battenti, ovviamente codesta Targa spicca ancora sullo scaffale dove stanno gli altri Premi e riconoscimenti che ho ricevuto nella mia lunga carriera nel real estate .
 
Qui di seguito lo ripropongo, il raccontino : e poi tirerò fuori dal cassetto anche alcuni altri …
 
 
Italiani all’ estero
 
di Paola G. Lunghini
 
C’è a Strasburgo, nel quartiere  chiamato “ Petit France”, un moderno e confortevole ristorante  che si affaccia sui canali. E’ un locale rustico, splendente di legno chiaro, tutto ceramiche decorate  a mano e grandi composizioni floreali.
«Non vi preoccupate» aveva detto il giornalista parlamentare alla eterogenea compagnia di Italiani raccolti attorno a lui nella Hall del grande albergo internazionale. «Conosco io  un posto dove si mangia bene e non si spende molto».
E così quella sera, seduti attorno a un tavolo magnificamente apparecchiato, ci siamo ritrovati io, mio marito, il giornalista parlamentare , un ex-pilota militare, un ragazzino troppo ricco con i baffi,  e un’ assistente universitaria di letteratura fiamminga  con il marito ingegnere.
«Non ho assolutamente appetito» esordì l’ assistente universitaria  piluccando un boccone di patè dal piatto del suo vicino, che era il giornalista parlamentare.
«Signora, la prego, assaggi pure. Per essere perfetta le mancano quattro chili» rispose lui galante. Era un individuo di mezza età, brutto, con spessi occhiali scuri. Era tanto basso di statura che di lui si vedeva solo la testa a punta, curiosamente appoggiata su un vistoso papillon a pois.
L’ assistente universitaria arrossì di piacere, scuotendo la chioma biondo-platinata, e drappeggiandosi intorno alle spalle l’ ampia sciarpa viola.
Il ragazzino troppo ricco con i baffi lodava in francese la bontà del suo patè che, come tutti sanno, è una specialità della città di Strasburgo.
«Lei parla il francese molto bene» gli disse mio marito.
«Certo» risposero arrogantemente i baffi. «Ho fatto l’ università a Quebec».
«Buonissimo ! »disse sorridendo, la bocca sfacciatamente dipinta e gli occhi bistrati, l’ assistente universitaria, che intanto divorava  uno dopo l’ altro dei grossi bocconi di patè presi dal piatto del giornalista parlamentare. Lui non se ne accorgeva nemmeno: ci vedeva pochissimo, in effetti, e poi era troppo occupato a bere.
«Cara, ti prego…» interruppe l’ ingegnere, alzando un poco il braccio per esibire il bellissimo polsino della camicia di seta azzurra, sul quale spiccavano le cifre ricamate. Aveva le cifre anche sulla cravatta!
«Mi piacerebbe molto fare un giro in elicottero» dissi io. «E’ un’ esperienza che non ho mai fatto».
«Io sì» disse presuntuosamente il ragazzino troppo ricco con i baffi, il biondo viso paffutello rivolto al soffitto di legno.
L’ ex-pilota militare lo guardò  con aria cattiva. Era un uomo altissimo e angoloso ; i larghi occhi chiari un tantino addormentati fissavano il pacchetto di Marlboro dal quale io con disinvoltura  prendevo una sigaretta dietro l’ altra.
Per un po’ nessuno parlò. L’ ingegnere beveva contemporaneamente da tre bicchieri diversi , non sapendo bene quale fosse il proprio.
 
Comparve un cameriere allampanato e sornione, portando dei piatti meravigliosi che non corrispondevano affatto  a quanto avevamo ordinato. Successe un guazzabuglio, perché il francese del cameriere era orribile.
Intanto il giornalista parlamentare, che era lui il responsabile della traduzione sbagliata, si inginocchiava ai piedi di tutti chiedendo venia. Si era anche cosparso il capo di cenere.
In ginocchio sembrava ancora più basso.
«Non faccia così, alla sua età potrebbe prendersi uno strappo muscolare» dissi io gentilmente.
Il giornalista parlamentare non mi rispose, ma mi lanciò uno sguardo pieno d’ odio ( o forse me lo immaginai soltanto? I suoi occhiali erano tanto scuri e spessi che gli occhi non si vedevano proprio).
«Questo cinghiale è ottimo » affermò l’ assistente universitaria, che stava scompostamente mangiando oltre alla propria  anche la porzione del marito. Si interruppe  per dare un’ aggiustatina alla profonda e magra scollatura dell’ abito da sera.
L’ ingegnere non disse nulla, ma si dimenò vivacemente sulla sedia. Era giovane e grassoccio, il viso da bambino.  Me lo immaginai  per un lampo in tenuta da boy-scout.
La borsetta dorata dell’ assistente universitaria, che sino a quel momento era rimasta pericolosamente appoggiata fra i bicchieri, cadde a terra con fracasso.
«Oh, che peccato» mormorai io, vedendo che oltre alla borsetta era caduto a terra anche il piatto di mio marito.
«Non si preoccupi, ci penso io» fece il giornalista parlamentare, precipitandosi – era ancora in ginocchio-  a leccare la mattonella di cotto.
Il momento era imbarazzante.
«Bello, questo arredamento! » disse forte mio marito, cercando di distogliere l’attenzione dal disgustoso spettacolo.
Fatica inutile.
Tutti continuarono a guardare  il pavimento.
Ormai se ne erano accorti anche agli altri tavoli.
«Sì, ma manca di classe» assentì scioccamente , dopo un po’, il ragazzino troppo ricco con i baffi.
L’ ex-pilota militare accese nervosamente una Marlboro.
 
Per fortuna i camerieri portarono degli altri piatti magnifici. Era pesce, stavolta. Mio marito levò di tasca gli occhiali, e li pulì accuratamente con il fazzoletto cifrato da taschino dell’ ingegnere, che gli era seduto  a fianco.
« Potrei assaggiare ?» domandò voluttuosamente l’ assistente universitaria, alzandosi dal suo posto. Lo spacco della gonna si aprì sulle gambe magre.
L’ ingegnere tossicchiò.
«Lei è un uomo molto paziente»  disse intelligentemente il giornalista parlamentare  che intanto era tornato a sedersi, e aveva coperto il papillon inzaccherato con un grosso tovagliolo.
L’ ex-pilota militare mugolò, osservando con interesse  le calze velate dell’ assistente universitaria.
«Lei di dov’è ?» chiese pronto il giornalista parlamentare  sentendo quella parvenza di voce.
«Di Roma» gracchiò l’ altro, con evidente sforzo.
«Io tutti quelli che sono da Moncalieri in giù li ammazzerei tutti» lo bloccò subito il giornalista parlamentare , che era di Torino.
« Giusto, approvo, sono d’ accordo» gridava il ragazzino troppo ricco con i baffi, assumendo un’ espressione patibolare.
« Noi a Torino  ci abbiamo le radici !» continuava il giornalista parlamentare.
«Sciocchezze» dissi io, per minimizzare la pericolosità dell’ argomento.
Ma ormai era inutile, erano tutti lanciatissimi sulla questione meridionale, e successe  una vera e propria zuffa.
Reso euforico dalle numerose bottiglie di Riesling che si era scolate , il giornalista parlamentare raccontava barzellette oscene, e si lavava le mani con il vino che si versava a fontanella nel piatto vuoto.
Gli schizzi macchiarono la giacca, ovviamente cifrata, dell’ ingegnere.
 
Portarono il dessert.
«Squisito! » esclamò a bocca piena l’ assistente universitaria, che faceva il giro del tavolo assaggiando il dolce di tutti.
«Ho trovato una figlia di mignotta più di me» disse poco educatamente il giornalista parlamentare tentando di alzarsi , e inciampando  nei piedi di un cameriere prontamente accorso.
«Uhm, uhm…» mormorò tristemente l’ ex-pilota militare,  che aveva finalmente notato ( era ora !!!) i fianchi eccessivamente prosperosi dell’ assistente universitaria.
«L’ addition, l’ addition ! » urlò mio marito, tentando di coprire il chiasso provocato dall’ ingegnere, che schiaffeggiava  violentemente il giornalista parlamentare e l’ ex-pilota militare insieme.
Successe una grossa confusione, anche perché il cameriere aveva scelto proprio quel momento per portare il conto, ed era rimasto schiaffeggiato anche lui, sia pure di striscio.
Improvvisamente il silenzio divenne assoluto : i gentiluomini  cercavano di capire in quante parti dovevano dividere la cifra ( veramente esosa) e non ricordavano più come si fa la divisione.
Inoltre avevano difficoltà con il cambio.
Mio marito risolse il problema  togliendo da una delle sue innumerevoli tasche  una minicalcolatrice, un regolo e un piccolo pallottoliere.
Poi uscimmo fuori nella notte umida, e ci accorgemmo che mancava il ragazzino troppo ricco con i  baffi.
Lo ritrovammo sotto il tavolo, vistosamente assassinato, con un coltello in mezzo al petto. Il fazzoletto azzurro dell’ ingegnere avvolgeva ancora  l’ impugnatura dell’ arma…
 
Il resto alla prossima puntata .
( Ma ci sarà, una prossima puntata?)
 
Milano, novembre 1978.