| “Nel dubbio, facciamo una riunione!” La crescente tendenza a riunirsi davanti a ogni refolo di vento aziendale dipende dalle dimensioni e soprattutto dalla ‘cultura’ manageriale dell’organizzazione. Se è di tipo ‘anglosassonizzante’, la straordinaria moltiplicazione delle riunioni interne – o meglio, dei ‘meeting’ – è spesso già evidente. Questi incontri di ‘coordinamento’ cominciano a macchiare i calendari di chi lavora in ufficio come i funghi che spuntano nei prati dopo una pioggia.La nuova tipologia delle riunioni negli uffici nasce principalmente con lo scopo – nobile – di ‘informare’ e ‘coinvolgere’ le strutture interne di aziende più o meno grandi e dall’articolazione complessa. Fino a un certo punto, tutto questo è positivo. Gli incontri però hanno anche altre finalità non dichiarate, come quella di ‘allargare le colpe’ se la politica o l’azione di cui si discute finisce male…Comunque sia, i continui meeting, specialmente negli Usa, sono diventati una piaga che comincia a pesare seriamente sulla gestione aziendale. Secondo un sondaggio di cui riferisce l’Agenzia Bloomberg, già nel 2021 l’impiegato americano ’tipo’ era costretto a partecipare a una media di 11-15 riunioni alla settimana. La spettacolare inflazione degli office meetings dipende in parte dalla scarsa percezione dei costi associati in termini della mancata produttività dei partecipanti. Sempre secondo la Bloomberg, negli Usa “un semplice incontro di tre dipendenti della durata di mezz’ora può costare all’azienda dai $700 ai $1.600”. Il costo sale, naturalmente, se deve presenziare pure un dirigente.È evidente che nell’economia delle aziende simili riunioni – anche se costose – possono, a seconda delle circostanze, valere l’investimento, ma solo se hanno contenuti validi e necessari…( si ringrazia James Hansen per la gentile concessione ) |