Scritto da uno scienziato che i fiumi li conosce e li ama da sempre, il libro – appena pubblicato – è semplicemente affascinante, appassionato e coinvolgente. Anche tenero, ricco com’è di aneddoti personali. E, negli ultimi tre capitoli, è sferzante .
“ Siamo una specie fluviale. E’ dai fiumi che è nata la nostra civiltà. Poi qualcosa è andato storto”, premette l’ Autore nella copertina.
Da questa affermazione si snoda il racconto , che felicemente coniuga competenze tecniche e scientifiche di altissimo profilo con esperienze “sul campo”, unite a frammenti storico-letterari che invitano all’ approfondimento e alla riflessione : non a caso, tutto inizia con la citazione di una poesia di Pablo Neruda, El Rio.
E bellissimo è anche il linguaggio dell’ Autore : scorrendo le 230 pagine si impara a usare ( quando si parla di fiumi), le parole “giuste” : già nella Prefazione, incontriamo la frase che dice tutto : “Rispetto alla giovane età degli oronimi ( cioè dei nomi delle montagne), l’ incredibile antichità degli idronimi ( cioè dei nomi dati ai fiumi) stupisce e affascina”.
Siamo nati con i fiumi ( agricoltura, trasporti, tecnologia, città…), e ancora oggi si stima che oltre metà della popolazione mondiale viva a meno di 3 chilometri di distanza da un fiume.
Proviamo a ristabilire con loro – incita l’ Autore nelle Conclusioni – quell’ originario patto di amicizia che ahimè ( fiumi senz’ acqua e fiumi con troppa acqua, ovvero siccità versus alluvioni ) si è trasformato in una “stretta sempre più pericolosa” : la strategià c’è, o potrebbe esserci, e la sua applicazione è fattibile.
Piemontese, laureato in scienze naturali e dottore di ricerca in scienze ambientali, Stefano Fenoglio è docente universitario e appassionato divulgatore di ecologia fluviale.
( recensione a cura di Paola G. Lunghini)