A cura di Maddalena Panu – Head of Retail & Special Projects di Savills
Nonostante i timori iniziali, il 2023 si è rivelato un anno di speranza nel settore del commercio al dettaglio. Dai dati elaborati dal Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC) rileviamo che i consumatori hanno dimostrato un buon ottimismo, evidenziato una crescita costante sia in termini di affluenza (+12,9%) che di fatturato rispetto allo scorso anno, mentre il divario rispetto all’anno pre-pandemico si è ridotto al 9,8%. I centri commerciali regionali stanno vivendo una ripresa significativa, dopo che nel 2022 non hanno potuto esprimere appieno il loro potenziale a causa della ridotta mobilità degli acquirenti residenti nelle aree di riferimento. Anche sul fronte dei fatturati la situazione è positiva: rispetto al 2019, infatti, sempre i dati nazionali del CNCC indicano un aumento del 1,1% (dato aggiornato a febbraio 2023) che tiene conto degli effetti dell’inflazione. Ed è un valore che non include i benefici derivanti dalle nuove aperture.
Il canale e-commerce, a dispetto della sua crescita, è stato approcciato dai centri commerciali come un’alternativa da contrastare e sfruttare per motivare i consumatori a visitare i negozi fisici. Nel 2022 l’indagine sull’uso delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione promossa dall’Istat evidenzia che il 48,2% della popolazione maggiore di 14 anni ha utilizzato Internet per fare acquisti online, e circa un terzo di loro (32,3%) aveva già effettuato acquisti nei tre mesi precedenti, dove i prodotti maggiormente acquistati sono stati abbigliamento, scarpe e accessori. Tuttavia, se si analizza il segmento degli acquirenti tra i 16 e i 74 anni e si confronta con il resto dell’Europa, emerge che l’Italia è ancora al di sotto della media Europea per quanto riguarda il ricorso all’e-commerce: solo il 37,3% degli italiani ha effettuato acquisti online nei tre mesi precedenti, rispetto al 56,1% della media Europea.
L’analisi dei budget gestionali di 30 centri commerciali negli anni 2011-2016 e nel 2022 elaborata da Savills ha rivelato però un dato incoraggiante per il settore: una riduzione costante dei costi totali, inclusi gli oneri comuni generali e le spese di marketing. Questi dati, ponderati in base ai metri quadri di superficie lorda affittabile dei centri commerciali analizzati, evidenziano una diminuzione del 9,1% negli ultimi 11 anni. I risultati dell’analisi indicano quindi una tendenza positiva nell’ottimizzazione dei costi operativi nei centri commerciali, offrendo una prospettiva promettente per il settore; resta da vedere se tali sviluppi saranno in grado di attrarre un maggiore interesse da parte degli investitori e stimolare una crescita sostenibile nei prossimi anni. Quel che è certo è che la dotazione dei centri commerciali in Italia risulta ormai consolidata, considerato che il maggior sviluppo si è registrato negli anni ’90 e i primi anni del 2000 e a oggi il 23% dei centri italiani ha più di 30 anni.
D’altra parte, oggi l’industria immobiliare si sta affacciando su una fase di cambiamenti epocali, guidata dalla ricerca di maggiore efficienza e dalle mutevoli esigenze dei consumatori e dei tenants. È un’evoluzione inevitabile porterà alla ristrutturazione di numerose strutture, generando nuove opportunità nel settore. Un’evoluzione che prende in esame tre fattori chiave principali: l’ESG, i consumatori e le politiche di governance, che rappresentano i tre punti cardine per definire una direzione futura verso l’obiettivo di net zero emission. Ma cosa dovrà fare il settore immobiliare per diventare veramente sostenibile, raggiungere l’obiettivo del net-zero, essere socialmente responsabile e prosperare nuovamente?
Molti attori – investitori, sviluppatori, proprietari e tenants – stanno dedicando sempre più tempo all’agenda ESG e, in particolare, alla decarbonizzazione, ancora troppo spesso attraverso discussioni che risultano frammentate. L’economia sostenibile e l’ambiente non sono sfide separate, ma due facce della stessa medaglia, e nella lotta per ridurre il nostro impatto sul pianeta non sarà possibile separare le due.
In realtà, ci sono buone ragioni per credere che adottare una visione green porterà a una maggiore prosperità economica. Ciò potrebbe comportare costi, almeno nella fase iniziale, ma alla lunga genererà vantaggi finanziari ed ambientali. La pandemia ha accelerato la scomparsa di centri commerciali obsoleti, che non offrivano più nulla ai consumatori o non erano in grado di fornire esperienze moderne; questo processo sta affrontando contemporaneamente le sfide legate al rinnovamento del patrimonio immobiliare e alla ricerca di un futuro a zero emissioni di carbonio. Riteniamo che sia fondamentale e una responsabilità comune farlo.
La sfida principale per il settore immobiliare è senza dubbio la riduzione dell’energia utilizzata, ma quale strada scegliere tra la ricostruzione ex novo e la ristrutturazione di edifici esistenti?
Attualmente, in Italia ci sono circa una ventina di centri commerciali dismessi, il cui insuccesso è stato causato da un approccio poco coerente con il mercato di riferimento: posizione sbagliata, contesto competitivo saturo e bacini di utenza deboli sono le principali cause che hanno portato alla chiusura di queste strutture. Il tema attuale è quindi rivalutare le potenzialità di queste aree dismesse, anche considerando possibili utilizzi alternativi e misurando l’impatto socioeconomico che il loro riutilizzo può generare sulla comunità circostante. I centri commerciali sono immobili di grandi dimensioni e la loro riconversione a utilizzi più coerenti con il contesto circostante diventa una priorità fondamentale.
La ricostruzione è sempre più controversa in alcuni contesti, soprattutto a causa dell’aumento dei costi di costruzione, che spingono a favore della ristrutturazione. Tuttavia, le ristrutturazioni non sono prive di impatto, soprattutto in termini di rifiuti, anche se offrono l’opportunità di apportare migliorie, perfezionare le prestazioni energetiche certificate (EPC) e aumentare l’efficienza operativa.
Il 2023 sarà l’anno in cui i progetti di riconversione inizieranno a prendere forma, considerando i tempi necessari per lo sviluppo e l’interruzione causata dalla pandemia da Covid-19. Riconsiderare un immobile commerciale, assegnandogli una funzione diversa, è un processo complesso sia dal punto di vista urbanistico che operativo e le soluzioni possono essere diverse, ma i processi, spesso, simili. È necessaria una visione olistica per considerare le caratteristiche uniche e le dinamiche economiche del luogo, nonché le possibili evoluzioni future del contesto; è il momento di pensare in modo innovativo e coraggioso, di reinventare l’ecosistema del consumo, che spesso significa non limitarsi al solo concetto di retail.
L’adozione di clausole “green” nei contratti di locazione sta diventando sempre più diffusa e si è affermata come uno standard tra le principali proprietà immobiliari. Tuttavia, al di fuori dei centri commerciali, gli accordi di questo tipo sono ancora poco comuni. Non si tratta di apatia da parte degli affittuari, ma delle diverse priorità che guidano proprietari e locatari. È interessante notare che l’80% delle emissioni di carbonio di un proprietario sono attribuibili all’attività del locatario, ma per molti rivenditori i loro negozi contribuiscono solo per meno del 3% di tali emissioni, poiché la maggior parte si genera all’interno della loro catena di fornitura. Pertanto, non sorprende che i rivenditori si concentrino principalmente su questo aspetto, apportando miglioramenti ai negozi solo successivamente.
In conclusione, l’economia circolare rappresenta uno dei principi emergenti più importanti nella progettazione immobiliare; gli edifici devono essere concepiti in modo flessibile e adattabile per consentire il riutilizzo e gli utilizzi alternativi, con metodi costruttivi che riducano le emissioni di carbonio e prolunghino la vita degli edifici, le iniziative sociali e ambientali sono ormai ampiamente diffuse nel settore del retail, e si riconosce sempre di più che non sono aspetti separati, ma diventano più potenti quando sviluppati in sinergia. Nello sviluppo di nuovi progetti, il focus sul contesto in cui vengono inseriti ha assunto una primaria importanza: costruire immobili che siano in linea con le esigenze del territorio, che offrano il giusto mix per soddisfare la domanda e promuovere la coesione sociale, è diventata una condizione necessaria. Tuttavia, gli sforzi volti a creare immobili sostenibili non possono limitarsi solo alla progettazione e alla costruzione di nuovi edifici; è altrettanto importante considerare l’uso sostenibile a lungo termine del patrimonio esistente.
Solo adottando un approccio globale e oculato riusciremo a garantire un futuro sostenibile per il settore immobiliare e per l’intera comunità.