di Patrick Rivière, Presidente Esecutivo del Gruppo La Française
All’indomani di una crisi sanitaria globale che ha interrotto le catene di produzione, l’invasione russa dell’Ucraina, il primo conflitto transfrontaliero in Europa dalla seconda guerra mondiale, segna un punto di svolta importante non solo in senso geopolitico, ma anche dal punto di vista economico e finanziario. L’incapacità dell’Europa di sanzionare efficacemente questa invasione dimostra la sua dipendenza quasi totale dalle importazioni russe di combustibili fossili; una dipendenza che, inserita nel contesto del “riscaldamento globale”, rivendica una transizione più rapida verso un’economia sostenibile.
Problema chiave dell’inflazione
La guerra è sempre inflazionistica, soprattutto quando coinvolge uno dei principali produttori mondiali di energia, sia di materie prime industriali che agricole. L’aumento generale dei prezzi in una serie di settori economici chiave, agisce come monito del fatto che per garantire la sovranità dell’Europa ed evitare gravi conseguenze per l’economia, deve esserci una transizione verso fonti energetiche che non emettono CO2.
Prima della guerra, le previsioni sostenevano che l’inflazione avrebbe arrestato la sua corsa al rialzo nel 2022, per iniziare a stabilizzarsi nel 2023, in linea con il livello medio del periodo 2001-2008: ovvero l’1% in più rispetto al periodo di bassa inflazione del 2008-2020.
Ad oggi, dobbiamo aggiungere almeno l’1% in più al trend, ovvero il 3% nell’area dell’euro e il 4% negli Stati Uniti. Qualunque sia l’esito dell’attuale orientamento della politica monetaria, l’inflazione a medio termine dovrebbe essere più alta che in passato, sia per il progressivo declino della globalizzazione che porterà una riduzione dei vantaggi comparati nel commercio internazionale, sia per la necessaria transizione energetica che comporterà un aumento dei costi di produzione.
Traiettoria accelerata per la transizione climatica
In linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, l’Europa può raggiungere la propria sovranità energetica solo aumentando significativamente gli investimenti in energie a basso contenuto di carbonio e migliorando l’efficienza energetica. Lo scenario richiede un livello di investimenti pari a quello del secondo dopoguerra.
Il rafforzamento dello Stato sociale e del “whatever it takes” fornisce una risposta alla questione del finanziamento di questa transizione. Ma che dire della nuova realtà economica, ovvero dei tassi reali negativi? Nell’attuale contesto inflazionistico, le politiche di tasso zero adottate all’indomani della crisi finanziaria mondiale hanno determinato condizioni di tassi di interesse reali fortemente negativi, ma vista l’entità degli investimenti da effettuare, i tassi reali dovranno essere mantenuti molto bassi affinché gli Stati possano attuare i piani di investimenti previsti.
Attività reali, attività finanziarie: la diversificazione rimane al centro della strategia di investimento
Anche se la sua natura sistemica è riconosciuta dalle banche centrali, il rischio climatico (che riguarda la transizione energetica) non è l’unico rischio da tenere in considerazione in una strategia di investimento. I rischi economici e finanziari tradizionali permangono e la necessità di diversificare tra diversi tipi di investimenti è diventata più pressante, soprattutto in un contesto geopolitico segnato dalla deglobalizzazione.
Patrimonio immobiliare
La guerra in Ucraina e la conseguente spirale inflazionistica comportano delle ricadute sul settore immobiliare, la cui entità dipenderà dalla qualità e dalla gestione degli asset e dalla solvibilità dei locatari. Gli asset con rendimenti indicizzati all’inflazione, come gli immobili a uso ufficio, dovrebbero registrare buone performance. Anche in periodi di stagflazione, quando la debolezza della crescita pesa sui posti vacanti, gli immobili hanno storicamente generato rendimenti totali reali positivi. Infatti, il peso dell’indicizzazione all’inflazione è maggiore della forza frenante causata dalla pressione sui tassi d’interesse, soprattutto in uno scenario in cui si mantengono tassi d’interesse reali fortemente negativi.
Con l’inflazione, tuttavia, potrebbe sorgere il problema della solvibilità degli affittuari, in quanto potrebbe risultare difficile trasferire gli aumenti degli affitti previsti dal meccanismo di indicizzazione. Gli asset core, che si trovano in posizione centrale e hanno inquilini che fissano i prezzi invece di subirli, sono quelli posizionati meglio.
Dal lato degli asset owner, gli asset carbon-intensive saranno più penalizzati rispetto ai portafogli di asset di prossima generazione o più recenti, gestiti con attenzione dal punto di vista del consumo energetico. È necessario analizzare le dinamiche di crescita, inflazione e tassi di interesse, per non parlare dell’evoluzione delle caratteristiche durevoli, che sempre di più giustificano l’andamento del mercato immobiliare. Si sta quindi affermando un nuovo modello di valutazione immobiliare, lontano dal tradizionale modello del “premio al rischio rispetto ai tassi fissi lunghi “privi di rischio”, che ora include un “premio verde” accanto al meccanismo di indicizzazione.
Attività finanziarie
In questo contesto, la rotazione degli asset è necessaria nella ricerca del rendimento: non è più la compressione dei tassi di interesse a trainare la performance, ma piuttosto un forte e prevedibile potenziale di crescita del rendimento reale. In questo senso, sono ben posizionati gli asset con rendimenti direttamente legati all’inflazione, come le obbligazioni a tasso variabile (ad esempio gli immobili), così come gli asset sensibili all’aumento dei tassi di interesse, come quelli nel settore bancario con debito subordinato.
Sul fronte azionario, anche i settori della tecnologia, delle costruzioni e dei trasporti e, più in generale, tutte le società che sviluppano soluzioni per combattere gli squilibri esistenti e il riscaldamento globale dovrebbero beneficiare di questo contesto.
Allocazione trasversale degli asset
Molto prima che l’opinione pubblica si rendesse conto del riscaldamento globale, per costituire un portafoglio d’investimento competitivo era necessario combinare le caratteristiche di asset reali come gli immobili, di asset finanziari come le obbligazioni e di driver di crescita a lungo termine come le azioni. Queste tre asset class sono complementari in termini di rendimenti e rischi associati e per quanto riguarda la ripartizione tra rendimento e apprezzamento del capitale e le loro reazioni ai fondamentali economici, monetari e demografici.
La costruzione di portafogli cross-asset è ancora più strategica con l’emergere del rischio climatico, che prende in considerazione il mix energetico. In La Française siamo convinti che la molteplicità dei possibili scenari di cambiamento climatico e delle loro conseguenze sull’economia e sui mercati richiedano una strategia integrata di “transizione climatica” che abbracci il settore immobiliare, le obbligazioni societarie, i titoli di Stato e le azioni. Una strategia che, dunque, applichi la stessa filosofia d’investimento, utilizzi gli stessi strumenti analitici e rifletta la stessa considerazione per la transizione climatica, indipendentemente dall’asset class in questione. Questa crisi (ancora una volta) convalida il nostro modello di business multi-asset, che include il settore immobiliare, e sostiene il nostro posizionamento strategico intorno agli asset reali e alla transizione energetica.