La pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto profondo sul sistema economico e finanziario globale, e il comparto immobiliare non ha fatto eccezione. Nuovi modi di lavorare, muoversi, vivere le città lasciano nel post-pandemia uno scenario mutato e, per molti versi, ancora in via di definizione. Operatori di mercato, investitori e addetti ai lavori individuano in residenziale e logistica i segmenti su cui puntare, ma i prossimi mesi potranno fornire ulteriori indicazioni.
È quanto emerge dal Real Estate Summit Quo Vadis Italia? organizzato da DLA Piper, il principale studio legale internazionale in Italia, tenutosi a Milano in presenza e giunto alla settima edizione. Ricco il novero dei partner partecipanti: CBRE, Cushman&Wakefield, GVA Redilco, JLL e Urban Land Institute (ULI).
Nelle conferenze e tavole rotonde sono stati due i focus principali: la situazione a livello internazionale e lo stato delle cose in Italia. Il pubblico presente e collegato in streaming ha potuto seguire un dibattito acceso sulle prospettive future del mercato e sul clima degli investimenti, come da tradizione per Quo Vadis Italia?, da sempre momento di confronto e arricchimento tra investitori italiani e stranieri e cartina tornasole per il sentiment del capitale internazionale rispetto al mercato immobiliare italiano.
Nella plenaria, Sabrina Reeves, Global Chief Economist & Head of Europe Research, CBRE Global Investors, ha offerto una panoramica di ampio respiro sulle prospettive del settore immobiliare a livello globale, mettendo in luce due elementi interessanti nello scenario post pandemia nel settore Real Estate. In primis, l’Europa continentale e specificamente l’Eurozona sembrano ben posizionate, e più attraenti rispetto ad aree come UK e USA. Due le ragioni: l’uscita positiva dal periodo pandemico e la posizione ancora accomodante della Banca Centrale Europa, soprattutto rispetto a una Federal Reserve che ha iniziato il percorso di irrigidimento delle sue politiche monetarie.
Il secondo riguarda uno specifico asset sul quale si è molto discusso negli ultimi mesi: gli uffici e il valore di una sede fisica. La pandemia, infatti, ha completamente mutato gli scenari macroeconomici in questo senso: il valore degli uffici, oggi, non dipende più dalla loro posizione geografica, ma dalla necessità del settore di appartenenza di avere una location fisica. In questo modo, dunque, sono spiegabili i bassi rendimenti che portano gli uffici in fondo alla classifica degli asset di investimento a livello immobiliare.
A seguire, le tavole rotonde si sono concentrate sui trend del settore e le implicazioni del new normal, per comprendere in quale direzione si stiano muovendo gli investimenti italiani e internazionali. Il confronto ha fatto emergere alcuni elementi da sottolineare:
· Rising star: Residenziale e logistica – la pandemia non ha mutato, ma rafforzato trend preesistenti nel settore immobiliare. Residenziale e Logistica sono le asset class del futuro: in termini di volumi di transazioni globali, il settore della logistica ha prodotto 99,132 miliardi di dollari nel primo semestre 2021 contro i 163,39 dell’intero 2020, mentre il residenziale 115,092 miliardi nel primo semestre 2021 contro i 200,902 nel 2020;
· Punto di domanda: gli uffici – Gli uffici sono la grande incognita sia a livello globale che in Italia dove si è registrato un volume di transazioni molto inferiore: se il 2020 ha registrato 3,552 miliardi di euro in volumi, il primo semestre 2021 si è fermato a 884 milioni. Dai panel è emerso, però, che ricoprono una certa rilevanza anche uffici di qualità soprattutto in città come Milano e Roma e il Sud Europa dove c’è ancora un delta tra domanda e offerta;
· I looser apparenti: Retail e Hotels – Anche l’Alberghiero rappresenta un’importante opportunità per dimensione delle singole operazioni, mentre il Retail era in sofferenza anche nel periodo pre-Covid e ha subito un forte impatto dalle chiusure forzate e dalla crescita dell’ecommerce. Nonostante bassi volumi negli ultimi nove mesi, grocery e retail park sono asset che vedranno una crescita, così come gli outlet trainati dalla componente leisure;
· Il risparmio privato in Italia è una risorsa enorme e non sfruttata per il real estate, che non è visto come investimento finanziario;
· Il patrimonio immobiliare italiano necessita di un’importante opera di ammodernamento, data l’età media degli edifici, naturalmente anche con un focus in termini di ESG, fino a portarlo a livelli europei. L’aumento dei prezzi delle materie prime relative alla ristrutturazione edilizia causa delle importanti difficoltà;
· Maggiore propensione al rischio da parte degli investitori, derivante anche dalla necessità di allocare capitale.
“Dopo le incertezze e i rallentamenti del 2020, abbiamo constatato una sensibile e decisa ripresa del mercato, tanto che quest’anno il fatturato del nostro Dipartimento supererà di quasi un milione quello del 2019” – commenta Olaf Schmidt, Head del Dipartimento Real Estate di DLA Piper per l’Italia – “Le analisi che abbiamo ascoltato al Quo Vadis, tutte concordi nell’esprimere un giudizio positivo sul mercato italiano, rafforzano le previsioni ottimistiche per il 2022”.
Nella foto, Olaf Schmidt
Fonte : DLA Piper