di Giorgio Spaziani Testa, Presdiente Confedilizia
A distanza di otto anni dall’introduzione dell’Imu, qualsiasi intervento sulla disciplina dell’imposizione locale sugli immobili dovrebbe avere caratteri di incisività, da un lato dal punto di vista della riduzione del carico di tassazione, dall’altro sul piano dell’eliminazione di palesi iniquità che caratterizzano l’attuale normativa.
Non è quello che avviene con l’articolo 95 del disegno di legge di bilancio, intitolato “Unificazione Imu-Tasi”, i cui contenuti sono ben sintetizzati in questa frase del dossier 181 del Servizio Studi del Senato: “Viene prevista una sola forma di prelievo patrimoniale immobiliare che ricalca, in gran parte, la disciplina Imu e, dunque, riprende l’assetto anteriore alla legge di stabilità 2014”. La benedizione dell’Imu-Monti, insomma.
Nel corso della sua audizione in Parlamento (video e documento sono disponibili sul nostro sito), Confedilizia ha formulato alcune precise osservazioni sul testo del Governo. Ecco le principali.
1. Non vi sono ragioni che giustifichino l’aumento dell’aliquota di base per l’abitazione principale (dal 4 al 5 per mille) e di quella per gli altri immobili (dal 7,6 all’8,6 per mille). L’aliquota del 4 e quella del 7,6 sono coesistite, sia in presenza della sola Imu sia in presenza di Imu e Tasi, con i limiti massimi confermati con il disegno di legge di bilancio, vale a dire 6 e 10,6. Perché aumentarle?
2. Non si giustifica neppure il fatto che a circa trecento Comuni (fra i quali Roma e Milano) sia concessa, con norma di dubbia costituzionalità, un’aliquota massima più alta rispetto a tutti gli altri: 11,4 per mille anziché 10,6.
3. Con l’eliminazione della Tasi viene soppresso l’obbligo per i Comuni di individuare, con regolamento, i servizi indivisibili e di indicare analiticamente, per ciascuno di essi, i relativi costi alla cui copertura il tributo è diretto. In sostanza, l’unica parvenza di service tax, da tutti a parole invocata, viene eliminata anziché essere rafforzata.
4. La soppressione della Tasi porta con sé l’attribuzione ai proprietari dell’intero importo del tributo, ora invece in parte a carico degli occupanti degli immobili, se non utilizzati come abitazione principale. Anche in questo caso, una misura che andava potenziata, per rendere più credibile il concetto di tributo sui servizi, viene cancellata.
5. Vengono mantenute imposizioni vessatorie come quelle sugli immobili inagibili (tassati al 50 per cento) e su quelli non utilizzati e privi di mercato per assenza di inquilini o acquirenti. Con riferimento a questi ultimi, Confedilizia ha proposto di escludere dalla tassazione, ad esempio, le unità immobiliari prive di mobilio e non allacciate ai servizi pubblici o quelle situate in Comuni con una popolazione inferiore, ad esempio, a tremila abitanti (nelle aree interne la patrimoniale si fa sentire in modo devastante).
Nell’audizione parlamentare abbiamo parlato anche di altri aspetti, come la necessità di estendere a tutti i contribuenti la deducibilità dell’Imu dal reddito e di intervenire sul trattamento discriminatorio nei confronti delle abitazioni di categoria catastale A1, A8 e A9, impropriamente definite “di lusso”.
Ma occorre la volontà di cambiare le cose.
(tratto da Italia Oggi del 13.11.2019)