Concluso il 12 febbraio il ciclo 2018-2019 di Incontri dell’Osservatorio Metropolitano organizzati dal CIAM Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, in collaborazione con ARCHxMI e con AIM l’Associazione Interessi Metropolitani in Assoedilizia.
Una “nuova generazione forte di architetti Italiani”, in grado di interpretare e tradurre nell’architettura e nella citta’ la cultura del nostro tempo e della nostra terra. E’ l’auspicio di Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, rivolgendo il saluto ai partecipanti al dibattito “Architettura. Tecnologia. Immagine o logica?”.
Infatti la globalizzazione ha fatto l’ennesima vittima: l’architettura. Sono unanimi in tal senso i pareri di Alberico Belgiojoso, Nicola Di Battista, Fabrizio Schiaffonati. In estrema sintesi, le grandi opere che caratterizzano il volto della città non ne riflettono più storia e cultura (il più noto esempio in tal senso , a Milano, la Torre Velasca). Dominano le archistars straniere.
Tema affascinante, quello dell’architettura. Come ha ricordato Belgiojoso che ne ha sintetizzato la storia dall’antica Grecia (il Partenone, sostegni verticali, travi orizzontali) alla Roma imperiale (invenzione del mattone e quindi la realizzazione di grandi cupole), al Rinascimento, ai tempi nostri. Da sempre un’architettura per sedi di attività umane, motivate quindi dalla razionalità. Cui non sembrano certi ispirarsi alcuni grattacieli milanesi (lo Storto, il Curvo di CityLife per citare); per non parlare di un grande edificio con interni obliqui che ha costretto a realizzare infissi speciali, dal costo 4 o 5 volte superiore alla media. Anche all’estero non va meglio: emblema la “Supposta” di Londra.
Dietro queste scelte – si è chiesto Belgiojoso – c’è una tendenza, una logica? Oppure c’è solo immagine, esibizionismo?
Ha detto Nicola Di Battista, architetto e direttore della rivista internazionale di architettura Domus, noto progettista e uno dei più profondi conoscitori dell’architettura contemporanea, parafrasando il filoso e saggista spagnolo Josè Ortega y Gasset : l’architettura è ‘pensare, costruire, abitare’. I sindaci devono scegliere quale architettura è adatta ad esprimere le città che governano. Forse siamo alla fine del ciclo di bizzarrie. L’architettura, che è anche urbanistica, ha il compito di far vivere e lavorare meglio le persone: come pensava Adriano Olivetti che riuscì a realizzare l’utopia di una grande fabbrica a misura d’uomo, integrata con una comunità che potesse superare le storture e gli aspetti disumani delle due grandi realtà economiche dominanti alla metà del secolo XX: il capitalismo fordista e il marxismo applicato alle fabbriche sovietiche.
Fabrizio Schiaffonati, architetto e professore al Politecnico di Milano ed autore di numerose pubblicazioni scientifiche sul rapporto tra architettura, città e territorio, ha sostenuto: “Viviamo l’epoca del primato dell’architettura internazionale, globalizzata, decontestualizzata. Una architettura che sovrasta ogni regola urbanistica, autoreferenziale. Un’architettura del capitale finanziario che ha soppiantato la lezione razionalista e funzionalista. Caso emblematico, il progetto Garibaldi-Repubblica dove non si è tenuto in alcun conto quanto elaborato nell’arco di un cinquantennio per dare soluzione a un ambito di valenza metropolitana e, nel contempo, ricucire, connettere e relazionare lacerti urbani storicamente significativi”.
Il presidente del plurisecolare Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano Gianni Verga, che con Alberico Belgiojoso e Carlo Berizzi coordina gli “Incontri”, ha anticipato alcuni temi del prossimo ciclo: il Piano Territoriale Regionale, le periferie, la burocrazia efficiente e non, i concorsi. Gli Incontri hanno registrato un crescente successo ed affluenza ed hanno quale obiettivo, trattando argomenti urbanistici, tecnici, sociali, culturali, di finalizzare ad approfondire le diverse questioni che stanno alla base delle future proposte sullo sviluppo di Milano e della Città Metropolitana.
Fonte : Assoedilizia