“Un’occasione per rilanciare la competitività delle nostre città e un volano per l’economia, in grado di limitare il consumo di suolo. La rigenerazione urbana è un tema di preminente interesse generale per tutto il Paese. Urge lo sforzo di mettere a punto una normativa per agevolare il processo”.
Lo ha affermato Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, nella cui sede ha ospitato il 17 novembre il Convegno “Rottamare, riqualificare, rinascere: il respiro delle città” sulla riqualificazione urbana, a cura della Fondazione Fiorentino Sullo presieduta dall’on. Gianfranco Rotondi. La Fondazione lavora, da tempo, ad un progetto legislativo già presentato a Roma e a Napoli, secondo il quale sarà possibile demolire e ricostruire edifici, realizzati negli anni ’50 e ’60, che necessitano di un adeguamento strutturale, prevedendo, a tal fine, incentivi di volumetria e riduzione totale degli oneri accessori.
Silvio Sarno, presidente del Comitato tecnico-scientifico della Fondazione ha svolto la relazione introduttiva, cui sono seguiti (in ordine alfabetico) gli interventi di Maria Agostina Cubeddu, Ordinario di Diritto amministrativo nel Politecnico di Milano; Giuseppe Arconzo, ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Statale di Milano; Sergio Crippa, presidente di Federbeton; Pier Luigi Mantini, vicepresidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa; Andrea Mosca, notaio estensore del Progetto di Legge; Armando Zambrano, presidente nazione dell’Ordine degli Ingegneri. I lavori, coordinati dall’avvocato amministrativista Rossella Verderosa, sono stati conclusi dall’on. Umberto Del Basso De Caro, sottosegretario alle Infrastrutture. Presente un folto pubblico di esponenti del mondo accademico, politico, economico.
“Le nostre città – ha proseguito Colombo Clerici – devono adeguarsi agli standard europei, per poter vincere la sfida della competitività. Due sono i piani di intervento: la capacità di rispondere alle esigenze del vivere moderno. E, appunto, la riqualificazione urbana. Inoltre, con la riduzione degli investimenti in strutture e infrastrutture, sono interventi che rivitalizzano il comparto delle costruzioni, rappresentando un volano per la crescita economica generale.
Ma i vantaggi non sono solo economici: “La rigenerazione urbana consente risparmio del suolo e tutela dell’ambiente. Se la tendenza è quella di una crescita dell’inurbamento, bisognerà puntare all’utilizzo pieno del patrimonio edilizio esistente e alla densificazione del tessuto urbano. Le città dovranno anche crescere in altezza, superando i vecchi pregiudizi dell’ urbanistica, legati alla rigidità dei rapporti insediativi. Bisogna andare oltre il tabù della conservazione dell’esistente e occorre pensare ad un pacchetto di misure.
“Partiamo da una considerazione: i condomini – 1.200.000 quelli ufficialmente censiti in Italia – sono la realtà più diffusa nelle aree in cui sarebbe più necessaria la rigenerazione ma sono anche i soggetti più resistenti e indifferenti alle esigenze di rinnovamento. Non è facile mettere d’accordo le famiglie proprietarie. Servono fortissimi incentivi economici, per motivare i residenti e indurli al consenso in caso di sostituzione edilizia, ossia di demolizione e ricostruzione degli edifici. Sì anche a premialità in termini volumetrici e a proposte di detassazione. Milano potrebbe essere, ancora una volta, città-test. Grazie al suo proverbiale dinamismo, ha conosciuto negli ultimi anni un processo di forte rinnovamento e recupero ed è messa meglio di altre città italiane per qualità urbana. Bisognerebbe intervenire sulle aree periferiche, dove sorgono gli stabili del Dopoguerra, oggi di aspetto fatiscente, realizzati con materiali all’insegna del risparmio.”
A Sarno – che ha ricordato Claudio De Albertis, recentemente scomparso, a fianco della Fodazione su questo progetto sin dal suo sorgere – il compito di illustrare, in sintesi, il ddl; rilevando come la micidiale burocrazia rappresenti un forte ostacolo al rinnovamento che una proliferazione di leggi urbanistiche tenta di attuare. Questi i vantaggi rilevanti del progetto: risparmio nel consumo di suolo; sicurezza, considerato che 7 milioni di edifici dove risiedono 30 milioni di italiani sono stati realizzati prima dell’adozione di norme antisismiche; risparmio energetico che vede l’Italia, con un consumo pari a 500 kw per metro quadrato, lontana dalla media europea di 360 kw e lontanissima dai Paesi virtuosi con 250 kw.
Se, come ha detto Cabiddu, la città oltre a essere funzionale deve avere una propria identità, perplessità sorgono con la realizzazione di grattacieli belli fin che si vuole ma possono essere realizzati ovunque, da Milano Porta Nuova a Dubai a Singapore: tutt’altra cosa la Torre Velasca, che di Milano perpetua l’anima e la cultura.
Mantini: “E’ in atto in tutto il mondo una concentrazione di gente nelle città, luoghi di opportunità, di creatività, di sviluppo. Milano si offre al Paese come modello di politica urbanistica: molto è stato fatto e i nuovi progetti – dagli scali ferroviari alle caserme, al recupero delle periferie, all’area post-Expo – consentiranno di realizzare una delle più competitive città europee”. Purtroppo l’eccesso di normative – basti pensare agli 8.100 regolamenti edilizi, uno per Comune – rendono indispensabile una reale semplificazione normativa e amministrativa.. E su questo aspetto Zambrano ha puntato critiche severe ricordando come la normativa urbanistica sia sostanzialmente ferma al 1942 in quanto le nuove misure non decollano: secondo un’indagine svolta presso 5.000 ingegneri, ad esempio, il cosiddetto sismabonus si presenta irta di difficoltà applicative.
In sintesi, se i buoni propositi abbondano, e sono più che apprezzabili, la loro traduzione nella realtà è di là da venire. La doccia fredda è venuta da Del Basso De Caro il quale, riprendendo argomenti già esposti nei precedenti interventi, ha ricordato come la Costituzione, tutelando la proprietà privata, garantisca che soltanto l’unanimità dei condòmini consenta di procedere all’escomio dell’ alloggio da parte dell’occupante l’immobile, sia pure in via temporanea, in attesa che lo stesso venga ricostruito in maniera più moderna e sicura.
Occorrono forti incentivi e un cambiamento di cultura assieme, perché questo avvenga. Il governo fa quel che può: ha finanziato con 2.100 milioni progetti per il recupero delle periferie, altri finanziamenti sono allo studio, sismabonus, eliobonus e quant’altro prevedono deducibilità fino all’85%. Ma per quanto riguarda il codice degli appalti si sono dovute apportare oltre 500 modifiche. La soluzione ipotetica per avere città migliori e più belle passa inevitabilmente attraverso premialità e incentivazioni che lo Stato non è in grado di assicurare. Un esempio per tutti: il recupero di Bagnoli si è fermato perché gli operatori economici hanno ritenuto di non avere un adeguato profitto.
Fonte : Assoedilizia