Che l’esperienza di acquisto avvenga online o in negozio, in Italia sono tre i fattori principali che spingono i consumatori: qualità dei prodotti, velocità negli acquisti e contenimento dei costi. Il report “The Store E-Volution” di CBRE, ha l’obiettivo di comprendere le abitudini dei consumatori e il loro rapporto con gli spazi commerciali fisici e virtuali nello shopping di beni non food.
Sebbene molto attivi sui social network – circa il 58% degli italiani attivi su internet – solo il 39% effettua acquisti online, una percentuale inferiore alla media europea del 65% (Fonte: Eurostat). Pesa il gap infrastrutturale del nostro Paese rispetto all’Europa nella digitalizzazione, che la pone al 25esimo posto nella graduatoria europea DESI (Digital Economy and Society Index). La tendenza, tuttavia è in miglioramento: l’Italia è stata inserita nel gruppo di nazioni che stanno recuperando velocemente. Nell’ultimo anno ha mostrato infatti rapidi progressi avvicinandosi alla media dell’UE.
Dall’indagine condotta da CBRE, il 61% degli intervistati continua a preferire l’acquisto in negozio: poter toccare, provare e vedere il prodotto resta una priorità. Solo il 23% tende a preferire l’acquisto online e il 10% lo sceglie come unica modalità di acquisto. Tra i fattori a favore dell’e-commerce, la maggior economicità (60% degli intervistati), l’ampia offerta (53%), la facilità di comparare prezzi e prodotti (52%) e la possibilità di acquistare quando e dove si desidera (51%). Alla domanda su cosa dovrebbe offrire un retailer che ha sia il canale online che quello fisico, la maggior parte degli intervistati, rispettivamente il 51% e il 50%, ha risposto la possibilità di rendere la merce acquistata online in negozio in cambio di un rimborso o di una sostituzione. Ciò fa emergere quello che è il vero problema legato ad un maggiore sviluppo del canale online, e cioè il reso, che per il consumatore significa la sublimazione dell’ esperienza di acquisto online ma per il retailer significa costi maggiori e spesso margini in contrazione. Ecco perché la distribuzione logistica nel futuro sarà sempre più importante nelle strategie dei retailer.
Alla domanda su quali siano i servizi più interessanti che i retailer potrebbero offrire nel futuro, il campione di intervistati ha risposto che il più importante è la consegna a casa delle merce nello stesso giorno dell’acquisto in negozio (42%) seguito da una maggiore integrazione dei servizi online e offline con la possibilità di consegnare il reso direttamente in negozio (36%) e solo per 19% degli intervistati la possibilità di provare nel futuro un prodotto o un servizio attraverso la realtà virtuale risulta interessante.
Da quanto emerso dalle interviste, oggi i retailer stanno rispondendo ai nuovi bisogni dei consumatori integrando nel negozio fisico le caratteristiche del “negozio online”: più flessibilità nel layout e maggiore assortimento di merci che cambia più velocemente, possibilità di scegliere un prodotto in negozio e poi acquistarlo online (showrooming), possibilità di scegliere online e acquistare in negozio (webrooming), introdurre metodi di pagamento digitali, implementare il click and collect ed il click and reserve.
La tecnologia è indicata da quasi tutti gli intervistati come uno strumento utile a favorire l’interazione tra consumatore e negozio; le innovazioni tecnologiche sono sempre più utilizzate per comprendere le abitudini di chi consuma nel negozio (big data) e analizzarle al meglio per favorire sia un maggiore coinvolgimento del consumatore, sia un maggiore volume di vendite. I cambiamenti in atto porranno nuove sfide ai player immobiliari nel futuro.
“Oggi il rischio di obsolescenza dei negozi – come degli immobili in generale – è maggiore rispetto al passato e per gli investitori esiste una crescente necessità di garantire che gli investimenti siano “future proof” e che gli immobili siano in grado di supportare le nuove tecnologie per garantire una maggiore occupazione degli spazi e ridurre il rischio di vacancy – dichiara Marcello Zanfi, Head of A&T Services High Street. Per i retailer c’è una maggiore attenzione a studiare un modello operativo ottimale che combini online e offline, stando molto attenti ai costi. Ecco perché c’è una crescente pressione a chiedere contratti più flessibili che permettano l’uscita in caso di cambio di strategia aziendale o format non funzionale; il pop-up store potrebbe essere una soluzione parziale a questo tipo di problema in quanto permette di testare i mercati senza doversi impegnare con contratti di lunga durata”.
Fonte : Company